Indice Estratto

Edizione: 2018, V rist. 2023
Pagine: 366
Collana: Biblioteca Storica Laterza
ISBN carta: 9788858131565
ISBN digitale: 9788858132463
Argomenti: Storia medievale, Storia moderna, Storia d'Italia

Il ducato di Savoia

Amministrazione e corte di uno stato franco-italiano

Alessandro Barbero

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L'amministrazione sabauda è all'origine di quella dell'Italia unita. Ma come nacque, nel tardo Medioevo, quell'apparato amministrativo? Il ducato di Savoia era una realtà multiforme e contraddittoria, composta da un versante francese e uno italiano, profondamente diversi per lingua e cultura: un vero laboratorio per quello sforzo di innovazione che caratterizza la storia europea del Quattro e Cinquecento.

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Edizione: 2023
Pagine: 366
Collana: Biblioteca Storica Laterza
ISBN: 9788858131565

L'autore

Alessandro Barbero

Alessandro Barbero ha insegnato Storia medievale presso l’Università degli Studi del Piemonte Orientale. Ha vinto il Premio Strega nel 1996 con il romanzo storico Bella vita e guerre altrui di Mr. Pyle, gentiluomo, ha collaborato per molti anni con il programma Superquark di Piero Angela e i suoi podcast sono tra i più seguiti. Tra le sue molte opere per Laterza: Carlo Magno. Un padre dell’Europa; La battaglia. Storia di Waterloo; 9 agosto 378 il giorno dei barbari; Barbari. Immigrati, profughi, deportati nell’impero romano; Benedette guerre. Crociate e jihad; Lepanto. La battaglia dei tre imperi; I prigionieri dei Savoia. La vera storia della congiura di Fenestrelle; Donne, madonne, mercanti e cavalieri. Sei storie medievali; Le parole del papa. Da Gregorio VII a Francesco; Caporetto; Dante; L’aristocrazia nella società francese del Medioevo; All’arme! All’arme! I priori fanno carne!.

Scopri l'autore

¹ G. Chittolini, Il ‘privato’, il ‘pubblico’, lo Stato, in Origini dello Stato. Processi di formazione statale in Italia fra medioevo ed età moderna, a cura di G. Chittolini, A. Molho e P. Schiera, Bologna 1994, pp. 553-589. Cfr. anche Id., Stati padani, «Stato del Rinascimento»: problemi di ricerca, in Persistenze feudali e autonomie comunitative in stati padani fra Cinque e Settecento, a cura di G. Tocci, Bologna 1988, pp. 9-29; G. Petralia, «Stato» e «moderno» in Italia e nel Rinascimento, in «Storica», 8 (1997), pp. 7-48.

² Cfr. ad esempio le due raccolte di saggi a cura di Tocci, Persistenze feudali cit., e Le comunità negli stati italiani d’antico regime, Bologna 1989, nonché i volumi di O. Raggio, Faide e parentele. Lo stato genovese visto dalla Fontanabuona, Torino 1990, e di E. Grendi, Il Cervo e la repubblica. Il modello ligure di antico regime, Torino 1993. Per una discussione di questa tendenza, nel quadro della riflessione sul concetto di «stato moderno», cfr. E. Fasano Guarini, «Etat moderne» et anciens états italiens. Eléments d’histoire comparée, in «Revue d’histoire moderne et contemporaine», 45 (1998), pp. 15-41.

³ Questo rovesciamento di prospettiva è in linea con l’attuale ripensamento del concetto stesso d’un dualismo centro/periferia: cfr. le osservazioni di E. Fasano Guarini, Centro e periferia, accentramento o particolarismi: dicotomia o sostanza degli Stati in età moderna?, e P. Corrao, Centri e periferie nelle monarchie medievali del tardo medioevo. Note sul caso siciliano, entrambi in Origini dello Stato cit., pp. 147-176 e 187-206.

⁴ Per la nozione di ‘stato composito’, che sembra essere stata inventata da uno studioso profondamente familiare con la realtà sabauda come il Koenigsberger, cfr. J.H. Elliott, A Europe of composite monarchies, in «Past & Present», 137 (1992), pp. 48-71.

⁵ Manca, per lo stato sabaudo, uno studio sistematico su questi patti di dedizione. Si vedano a titolo di esempio i volumi La Maison de Savoie et le Pays de Vaud, a cura di A. Paravicini Bagliani e J.-F. Poudret, Lausanne 1989, e 1388. La Dédition de Nice à la Savoie, Paris 1990. Per un termine di confronto, cfr. G. Chittolini, I capitoli di dedizione delle comunità lombarde a Francesco Sforza, in Felix olim Lombardia, Milano 1978, pp. 673-698; ora in Id., Città, comunità e feudi negli stati dell’Italia centro-settentrionale, Milano 1996, pp. 39-60.

⁶ G. Castelnuovo, Principati regionali e organizzazione del territorio nelle Alpi occidentali: l’esempio sabaudo (metà XIII-metà XIV secolo), in L’organizzazione del territorio in Italia e in Germania: secoli XIII-XIV, a cura di G. Chittolini e D. Willoweit, Bologna 1994, p. 85.

⁷Sui rotoli dei conti cfr. C. Guilleré e J.-L. Gaulin, Des rouleaux et des hommes: premières recherches sur les comptes de châtellenie savoyards, in «Études Savoisiennes», 1 (1992), pp. 51-108; nonché E. Dullin, Les châtelains dans les domaines de la maison de Savoie en deçà des Alpes, Grenoble 1911, pp. 115-125, che osserva fra l’altro come la loro lunghezza sia andata crescendo, dai pochi metri dei conti più antichi, fino a settanta, ottanta e addirittura cento metri nel terzo quarto del Quattrocento; non per nulla nell’ultimo quarto del secolo i rendiconti saranno sempre più spesso presentati sotto forma di volumi e non più di rotoli.

⁸ L’ordinanza del 1445 che vieta ogni cessione di «civitates, castra, oppida, villae, terrae, homines, homagia, feuda, retrofeuda sive iurisdictiones nostrae» è pubblicata in Duboin, XXV, pp. 1-5 (ma Ludovico vi contravvenne già nel 1449: cfr. sotto, cap. III, nota 47). Analoghe ordinanze vennero emanate nel 1470, 1490, 1496 e 1509, il che evidentemente non depone a favore della loro rigida osservanza: H.G. Koenigsberger, The Parliament of Piedmont during the Renaissance, 1460-1560, Louvain 1952, p. 77n (saggio ripubblicato in Id., Estates and Revolutions, New York 1971). Per il confronto col regno di Sicilia cfr. naturalmente P. Corrao, Governare un regno. Potere, società e istituzioni in Sicilia fra Trecento e Quattrocento, Napoli 1991.

⁹ Una prima esplorazione di questo motivo ai vertici dell’apparato amministrativo in A. Barbero, Principe e nobiltà negli stati sabaudi: gli Challant in Valle d’Aosta tra XIV e XVI secolo, in «Familia» del principe e famiglia aristocratica, a cura di C. Mozzarelli, Roma 1988, pp. 245-276 (e ora in A. Barbero, Valle d’Aosta medievale, Napoli 2000); ma cfr. soprattutto i numerosi e importanti studi di Guido Castelnuovo, citati in bibliografia, che esplorano sotto ogni angolazione il mondo degli ufficiali sabaudi fra Tre e Quattrocento.

¹⁰ Cfr. per Torino il repertorio pubblicato col titolo L’amministrazione civica: funzionari sabaudi e ufficiali comunali, a cura di S.A. Benedetto, M.T. Bonardi e R. Roccia, in Il Palazzo di Città a Torino, Torino 1987, vol. II, pp. 276 e 283; per il Vaud, C. Gilliard, La Conquête du Pays de Vaud par les Bernois, Lausanne 1935.

¹¹ Pur in un contesto molto diverso, mi pare sostanzialmente non dissimile la lezione dell’importante seminario del 1996 sullo Stato territoriale fiorentino, a cura di W. Connell e A. Zorzi; cfr. L. Mannori, Lo Stato di Firenze e i suoi storici, in «Società e Storia», 76 (1997), pp. 401-416.

¹² Sulla dominazione sabauda in Moriana cfr. gli studi di M. Gelting, in particolare Les mutations du pouvoir comtal en Maurienne (XIVe-XVe siècle), in Amédée VIII - Félix V, premier duc de Savoie et pape (1383-1451), a cura di B. Andenmatten e A. Paravicini Bagliani, Lausanne 1992, pp. 215-227, e Les bases patrimoniales du pouvoir comtal en Maurienne: essai rétrospectif, in Pierre II de Savoie. ‘Le Petit Charlemagne’ (+1268), a cura di B. Andenmatten, A. Paravicini Bagliani e E. Pibiri, Lausanne 2000, pp. 127-150. L’indipendenza del vescovo di Moriana si concluse solo col trattato successivo alla rivolta del 1326-27: G. Castelnuovo, Le prince et ses élites dans l’Etat savoyard au XIVe siècle, in De la principauté à la province, Grenoble 2001, p. 279.

¹³ Cfr. J. Roubert, La seigneurie des archevêques-comtes de Tarentaise, in «Mémoires de l’Académie de Savoie», s. VI, 5 (1961), pp. 33-235.

¹⁴Sull’origine della dominazione sabauda nella «Savoie propre» e lungo l’asse Moriana-Val di Susa, cfr. G. Sergi, Potere e territorio lungo la strada di Francia, Napoli 1981.

¹⁵Cfr. M. Constant, L’établissement de la Maison de Savoie au sud du Léman: la châtellenie d’Allinges-Thonon (XIIe siècle-1536), in «Mémoires et documents publiés par l’Académie chablaisienne», 60 (1972), pp. 1-366; M. Zufferey, Die Abtei St. Maurice d’Agaune im Hochmittelalter (830-1258), Göttingen 1988; P. Dubuis, Le Valais Savoyard (XIIe-XVe siècles). Une esquisse, in La Maison de Savoie et le Pays de Vaud cit., pp. 105-115; e ora soprattutto le riflessioni di B. Andenmatten, Amédée V et le nerf de la guerre. Organisation financière et dépenses militaires en Chablais durant la première moitié du XIVe siècle, in «Etudes Savoisiennes», 4 (1995), pp. 19-31 (nonostante il titolo riduttivo). Occorre poi considerare separatamente la situazione del vescovado vallesano di Sion, che non può essere considerato parte del Chiablese savoiardo, ma dove l’influenza della dinastia sabauda fu almeno in certi periodi assai forte: cfr. V. Van Berchem, Guichard Tavel, évêque de Sion, 1345-1375: étude sur le Valais au XIVe siècle, in «Jahrbuch für Schweizerische Geschichte», 24 (1899), pp. 27-397; B. Truffer, Das Wallis zur Zeit Bischof Eduards von Savoyen-Achaïa, Freiburg 1971.

¹⁶ Cfr. i saggi riuniti in Barbero, Valle d’Aosta medievale cit.

¹⁷ Nel Quattrocento, tuttavia, queste anomalie verranno eliminate: il balivato di Valbonne sarà aggregato alla Bresse, e il «pays de Gex» a quello del Chiablese.

¹⁸La Maison de Savoie et le Pays de Vaud cit. Per un’approfondita analisi della struttura amministrativa del Vaud savoiardo, Castelnuovo, pp. 267-344. Per la prevalenza della consuetudine vodese e valdostana sulla legislazione ducale cfr. Decreta, f. 10r: «salvis etiam bonis et laudabilibus consuetudinibus nostrorum ducatus Auguste et patrie Vaudi, qui non iure scripto sed consuetudine reguntur». Sui Decreta del 1430, in cui culmina la legislazione statutaria tre-quattrocentesca dei Savoia, manca un’analisi approfondita; sotto angolature particolari cfr. R. Comba, Il progetto di una società coercitivamente cristiana: gli Statuti di Amedeo VIII di Savoia, in «Rivista Storica Italiana», 103 (1991), pp. 33-56, e G. Castelnuovo, Société, politique et administration dans une principauté du bas moyen-âge. Les officiers savoyards et le Cheshire Cat, in Les Noms que l’on se donne. Processus identitaire, expérience commune, inscription publique, Paris 2001, pp. 121-136.

¹⁹P. Duparc, Le comté de Genève, XIe-XVe siècle, Genève 1955, pp. 328-347.

²⁰ Cfr. però E. Mongiano, La cancelleria di un antipapa. Il bollario di Felice V (Amedeo VIII di Savoia), Torino 1988 (BSSS, 204), pp. 170-181, per il periodo di più ravvicinato controllo sabaudo sulla città verso la metà del Quattrocento.

²¹1388. La Dédition de Nice à la Savoie cit.; L. Ripart, La «Dédition» de Nice à la maison de Savoie. Analyse critique d’un concept historiographique, in «Cahiers de la Meditérranée», 62 (2001), pp. 17-45; e cfr. sotto, cap. VI.

²²Il quadro d’insieme delle circoscrizioni di cui si componeva il ducato era peraltro soggetto a continue variazioni. Nel 1435 il dominio comprendeva i balivati di Savoia (17 castellanie), Genevese (20), Bugey (19), Bresse e Valbonne (14), Chiablese (11), Vaud (9), Faucigny (10), Aosta (4), per un totale di 104 castellanie (M. Bruchet, Le château de Ripaille, Paris 1907, pp. 511-514). Nove anni dopo, come risulta dall’elenco dei salari stilato nel 1442, gli stessi balivati comprendevano rispettivamente 12 castellanie (Savoia), 17 (Genevese), 18 (Bugey), 16 (Bresse e Valbonne), 12 (Chiablese), 11 (Vaud), 9 (Faucigny), 5 (Aosta), ovvero 99 castellanie: edizione e analisi di questo fondamentale documento in G. Castelnuovo, Quels offices, quels officiers?, in «Etudes Savoisiennes», 2 (1993), pp. 5-41. Per una rappresentazione cartografica di queste circoscrizioni cfr. Castelnuovo, pp. 232-251.

²³P. Datta, Storia dei principi di Savoia-Acaia dal 1294 al 1418, Torino 1832.

²⁴Si noti che dopo il 1418 un certo numero di comunità del Piemonte centromeridionale, che avevano aderito in tempi più recenti al ducato, e che magari non avevano per nulla fatto parte del principato d’Acaia, erano comunque aggregate per comodità amministrativa alle altre comunità del principato, ma a titolo soprannumerario, ed erano le cosiddette «lance spezzate».

²⁵ Sull’evoluzione del concetto di Piemonte cfr. A. Goria, «Pedemontium» (note per la storia di un concetto geografico), in BSBS, 50 (1952), pp. 5-24.

²⁶La persistenza delle ripartizioni amministrative fin qui delineate nel corso del Quattrocento e del primo Cinquecento può essere verificata sui conti dei sussidi pagati collettivamente al principe dalle comunità piemontesi e pubblicati in Tallone, passim. Cfr. anche il documento del 1442 citato sopra, nota 22; ne risulta che complessivamente le circoscrizioni cisalpine paragonabili alle castellanie d’Oltralpe sono 34 in Piemonte e 8 nella Provenza nizzarda. Di queste, peraltro, almeno una dozzina fanno capo a città che non hanno l’equivalente, per dimensioni, in Savoia, ad eccezione forse di Chambéry.

²⁷Per la collocazione di questa situazione in un più ampio quadro geografico e cronologico cfr. G. Tocci, Introduzione, in Le comunità negli stati italiani d’antico regime cit., pp. 7-62; e per un confronto più puntuale col coevo ducato milanese, i saggi raccolti in Chittolini, Città, comunità e feudi cit.

²⁸ Cfr. R. Brondy, Chambéry, histoire d’une capitale (vers 1350-1560), Lyon-Paris 1988. Per un quadro d’insieme, si vedano J.-P. Leguay, Un réseau urbain médiéval: les villes du comté, puis duché de Savoie, in Les villes en Savoie et en Piémont au moyen âge, Chambéry-Turin 1979, pp. 13-64, e soprattutto i saggi di Guido Castelnuovo citati sotto, nota 30.

²⁹Per una riflessione su questo aspetto degli stati regionali italiani, di solito dato per scontato nella ricerca italiana almeno quanto è invece estraneo alla storiografia transalpina, cfr. G. Chittolini, Città e stati regionali, in Id., Città, comunità e feudi cit., pp. 19-37; per un’esemplificazione dei conseguenti conflitti cfr. Id., I capitoli di dedizione cit.; Id., Le terre separate nel ducato di Milano in età sforzesca, in Milano nell’età di Ludovico il Moro, Milano 1983, vol. I, pp. 115-128 (ora in Id., Città, comunità e feudi cit., pp. 61-83).

³⁰ Come ha mostrato G. Castelnuovo, Principi e città negli stati sabaudi, in Principi e città alla fine del Medioevo, a cura di S. Gensini, Pisa 1996, pp. 77-93; Id., Les élites urbaines et le prince dans les États de Savoie à la fin du Moyen Age, in Les élites urbaines au Moyen Age, Paris 1997, pp. 257-268; Id., Le prince, ses villes et le politique: pouvoirs urbains et pouvoir savoyard des deux côtés des Alpes (Chambéry et Turin, XIVe-XVe siècles), in corso di stampa.

³¹ La distinzione è formalmente la stessa che si ritrova ad esempio nello stato pontificio, fra città e terre «immediate» e «mediate subiectae», anche se nel ducato sabaudo la mediazione signorile, esercitata di volta in volta su singole comunità rurali, o tutt’al più piccoli raggruppamenti di comunità, non aveva certamente quella forza dirompente del tessuto amministrativo che invece aveva nei domini molto più fittamente urbanizzati del papa: cfr. S. Carocci, Governo papale e città nello Stato della Chiesa. Ricerche sul Quattrocento, in Principi e città alla fine del Medioevo cit., pp. 154-156, 172 sg.

³² Notiamo qui che oltre all’assenza già ricordata di ampi territori rurali dominati da città, mancano nel ducato sabaudo anche quelle ampie autonomie federative, di pieve o di vallata, che caratterizzano altrove la montagna, in particolare quella lombarda, e che negoziano direttamente col potere centrale il proprio spazio d’azione. Ne consegue per le campagne savoiardo-piemontesi un ordinamento amministrativo assai più omogeneo, rispetto a uno stato principesco per altri aspetti paragonabile come quello milanese; su cui cfr., per questi aspetti, F. Leverotti, Gli officiali del ducato sforzesco, in Gli officiali negli stati italiani del Quattrocento, Pisa 1997, pp. 46-51, e G. Chittolini, Principe e comunità alpine in area lombarda alla fine del medioevo, in Le Alpi per l’Europa. Una proposta politica, Milano 1988, pp. 219-235.

³³L’esempio forse più antico è rappresentato dalle patenti del 1245, con cui Amedeo IV promette «hominibus nostris S. Remigii et de Estrobles, quod non vendemus ipsos, neque alio modo de manu nostra alienabimus ipsos, nisi forte contingeret quod nos alienaremus totam vallem Augustam»: AST, Corte, Duché d’Aoste, XII, St. Rémi, 1.

³⁴Barbero, Principe e nobiltà cit., p. 262.

³⁵Tallone, IX, p. 413.

³⁶AST, Corte, Duché d’Aoste, VI, Introd, 4.

³⁷R. Mariotte-Löber, Ville et seigneurie. Les chartes de franchises des comtes de Savoie, fin XIIe siècle-1343, Annecy-Genève 1973. Cfr. anche D. Anex-Cabanis, Les franchises dans le Pays de Vaud savoyard, in La Maison de Savoie et le Pays de Vaud cit., pp. 71-83.

³⁸ A. Barbero, Politica e comunità contadina nel Piemonte medievale, in «Studi Storici», 35 (1994), pp. 5-48.

³⁹ Cfr. A. Barbero, Un’oligarchia urbana. Politica ed economia a Torino fra Tre e Quattrocento, Roma 1995, pp. 12-23. Gli Statuti torinesi sono editi in Gli statuti del comune di Torino del 1360, a cura di D. Bizzarri, Torino 1933 (BSSS, 138/1).

⁴⁰Decreta, f. 10r. Mi sembra di potere dissentire in qualche misura, sotto questo aspetto, da Guido Castelnuovo: gli interventi statutari promossi dai duchi di Savoia, e da lui analizzati in Principi e città alla fine del Medioevo cit., pp. 89-91, sono piuttosto sporadici e in ogni caso sembrano limitarsi essenzialmente a ridisegnare gli organismi politici, senza porre se non marginalmente il problema di un’uniformità giuridica. Colpiscono, al confronto, le iniziative di revisione e uniformazione statutaria promosse dagli Sforza (F. Leverotti, Premessa, in Gli officiali negli stati italiani del Quattrocento cit., pp. x-xi; Ead., Gli officiali cit., pp. 58 sg.); più flessibile e pragmatica la linea di condotta della Signoria fiorentina e veneziana, in cui tuttavia almeno in linea di principio è sempre ribadita la superiorità del diritto emanato dalla dominante su quelli in vigore localmente (E. Fasano Guarini, Gli statuti delle città soggette a Firenze tra ’400 e ’500: riforme locali e interventi centrali, in Statuti, città, territori in Italia e Germania tra medioevo ed età moderna, a cura di G. Chittolini e D. Willoweit, Bologna 1991, pp. 69-124; G.M. Varanini, Gli statuti delle città della Terraferma veneta nel Quattrocento, ivi, pp. 247-318).

⁴¹Il tema delle assemblee di stati in Savoia e Piemonte, assai popolare nel dopoguerra, è oggetto di una bibliografia eccellente ma ormai piuttosto invecchiata: M.C. Daviso di Charvensod, Considerazioni intorno ai Tre Stati in Piemonte, in BSBS, 45 (1947), pp. 13-41; Koenigsberger, op. cit.; M.A. Benedetto, Note sulle assemblee dei domini sabaudi, in «Rivista di Storia del Diritto Italiano», 30 (1957), pp. 141-187; Ead., Les assemblées d’Etats dans les domaines de la maison de Savoie, in Anciens pays et assemblées d’états, Louvain-Paris 1959. L’analisi politica dell’operato degli stati è il filo conduttore di gran parte degli studi di Lino Marini, a partire dal fondamentale Savoiardi e Piemontesi nello stato sabaudo (1418-1601), I: 1418-1536, Roma 1962. Per l’analisi di un’assemblea provinciale transalpina cfr. D. Tappy, Les Etats de Vaud, Lausanne 1988.

⁴² L’osservazione, di Commynes, è riportata dal Koenigsberger, op.cit., p. 69. In Italia un ruolo di controllo sulla fiscalità principesca analogo a quello dei Tre stati sabaudi era svolto solo dal Parlamento del regno di Napoli: A. Ryder, The Kingdom of Naples under Alfonso the Magnanimous. The Making of a Modern State, Oxford 1976, pp. 124-135. Per qualche termine di confronto transalpino, cfr. J. Russell Major, Representative Institutions in Renaissance France, 1421-1559, Madison 1960; A. Uyttebrouck, Le gouvernement du duché de Brabant au bas moyen âge (1355-1430), Bruxelles 1975, pp. 429-552; J. Kerhervé, L’état breton aux XIVe et XVe siècles. Les ducs, l’argent et les hommes, Paris 1987, pp. 139-144; I. Vernus-Moulin, Les états du Dauphiné et l’impôt (v. 1349-v. 1476), in Violence et contestation au Moyen Age, Paris 1990, pp. 113-122; M. Damen, Taxation for prince and officers. The Council of Holland and the aides in the Burgundian period, in Powerbrokers in the Late Middle Ages/Les Courtiers du pouvoir au Bas Moyen-Age, a cura di R. Stein, Turnhout 2001, pp. 27-46.

⁴³Tallone, III, p. 443 sgg.; Marini, pp. 92-94, 104.

⁴⁴ Sull’esenzione del clero, Koenigsberger, op. cit., pp. 79-81. Sul rapporto fra il duca di Savoia e il clero dei suoi domini, che è argomento sostanzialmente non toccato in questo libro, un importante punto di partenza è ora costituito dal libro di B. Galland, Les Papes d’Avignon et la maison de Savoie (1309-1409), Roma 1998.

⁴⁵ Tallone, V, p. 116.

⁴⁶ Ivi, p. 180.

⁴⁷ Ivi, IV, p. 270; V, p. 256; VI, p. 35; analisi in Daviso di Charvensod, Considerazioni intorno ai Tre Stati in Piemonte cit.

⁴⁸ Tallone, IV, p. 111.

⁴⁹ Cfr. A. Barbero, Il mutamento dei rapporti fra Torino e le altre comunità del Piemonte nel nuovo assetto del ducato sabaudo, in Storia di Torino, vol. II, Il Basso Medioevo e la prima età moderna (1280-1536), a cura di R. Comba, Torino 1997, p. 395.

⁵⁰Sull’origine dell’ufficio di castellano nei domini sabaudi cfr. l’importante studio di G. Castelnuovo e C. Guilleré, Les finances et l’administration de la Maison de Savoie au XIIIe siècle, in Pierre II cit., pp. 33-126. Sulle attribuzioni dei castellani cfr. Dullin, op. cit.; B. Demotz, La géographie administrative médiévale: l’exemple du comté de Savoie, début XIIIe-début XVe siècle, in «Le Moyen Age», 78 (1972), spec. pp. 262-282; e da ultimo Castelnuovo, pp. 122-127. Per l’analisi di qualche caso specifico cfr. Constant, L’établissement cit., pp. 165-250; Ead., La justice dans une châtellenie savoyarde au Moyen Age: Allinges-Thonon, in «Revue Historique du Droit Français et Etranger», 50 (1972), 374-397; P. Dubuis, Une économie alpine à la fin du moyen âge. Orsières, l’Entremont et les régions voisines. 1250-1500, Sion 1990, pp. 157-179. Perfettamente analoghi ai castellani savoiardi appaiono quelli della contea di Ginevra, prima della sua annessione all’inizio del Quattrocento: Duparc, op. cit., pp. 410-430.

⁵¹Cfr. T. Zambarbieri, Castelli e castellani viscontei. Per la storia delle istituzioni e dell’amministrazione ducali nella prima metà del XV secolo, Bologna 1988, e N. Covini, I castellani ducali all’epoca di Galeazzo Maria Sforza: offici, carriere, stato sociale, in «Nuova Rivista Storica», 71 (1987), pp. 531-586. Una più ampia prospettiva comparativa è offerta dagli atti del convegno De part et d’autre des Alpes. les châtelains des princes à la fin du Moyen Age, Chambéry, 11-12 ottobre 2001, in corso di stampa.

⁵²Guido Castelnuovo ha sviluppato la sua analisi a partire dal caso vodese (G. Castelnuovo, L’aristocratie vaudoise et l’Etat savoyard au début du XVe siècle, in Amédée VIII - Félix V cit., pp. 265-277) per giungere all’ampia sintesi in Castelnuovo, pp. 232-265. Cfr. altresì le osservazioni generali di Dullin, op. cit., pp. 45-47, e l’analisi locale di Dubuis, Une économie alpine à la fin du moyen âge cit., pp. 157-165.

⁵³Decreta, f. 53.

⁵⁴Ivi, f. 50v. Le attribuzioni dei balivi sono elencate nelle patenti di nomina, che a partire dai primi anni del Quattrocento rispondono a un formulario standardizzato: cfr. l’esempio edito da Dullin, op. cit., p. 37n, e sotto, cap. VI, nota 40. Sull’origine dell’ufficio, Castelnuovo e Guilleré, op. cit., pp. 79-81. Sul reclutamento, Castelnuovo, pp. 235-239.

⁵⁵Cfr. sotto, cap. VI.

⁵⁶Per il documento del 1442 cfr. sopra, nota 22. Fa eccezione la Valle d’Aosta, dove sono previsti un salario per il balivo e uno per il castellano di Châtelargent, benché le due funzioni fossero quasi sempre cumulate nella stessa persona.

⁵⁷Il balivato sabaudo è sostanzialmente simile a quello del regno di Francia, che Bernard Guenée vede formarsi nel XIII secolo, «émergeant lentement et péniblement des réalités domaniales et féodales»; del resto è proprio il Guenée il primo a osservare che «ce n’est pas en effet la châtellenie qui est une subdivision du bailliage [...] c’est le bailliage qui est formé de châtellenies»: B. Guenée, Tribunaux et gens de justice dans le bailliage de Senlis à la fin du Moyen Age (vers1380-vers 1550), Paris 1963, pp. 64-72. Osserviamo peraltro che in ciascun principato francofono emergono piccole o grandi varianti, amministrative e terminologiche, del rapporto fra balivato e castellania: cfr. Kerhervé, op. cit., pp. 41-52, e O. Mattéoni, Servir le prince. Les officiers des ducs de Bourbon à la fin du Moyen Age (1356-1523), Paris 1998, pp. 107-119.

⁵⁸Tallone, XI, p. 271 (e cfr. sotto, cap. VI, nota 12); CCT, rot. 73.

⁵⁹Cfr. sotto, cap. V, § 1, e cap. VI, note 2-3.

⁶⁰Cfr. un esempio in AHR, Fonds Avise, mazzo 17, doc. 2.

⁶¹ Cfr. l’elenco delle giudicature nel documento del 1442 citato sopra, nota 22, e per l’origine delle giudicature M. Chiaudano, Le curie sabaude nel secolo XIII, Torino 1927 (BSSS, 53). Su problemi incontrati dai funzionari sabaudi per assicurare il funzionamento della giustizia nel rispetto della coutume e delle franchigie vodesi cfr. J.-F. Poudret, Des princes amis des libertés du Pays de Vaud, in La Maison de Savoie et le Pays de Vaud cit., pp. 51-70.

⁶² Sul profilo dei giudici cfr. Castelnuovo, pp. 198-203.

⁶³Cfr. la denuncia di Amedeo VII, del 1391, sotto, nota 71; e anche, in Recueil, f. 225, un passo di una lettera di Amedeo VIII, del 14 giugno 1449, in cui si tratta della vendita dell’ufficio di giudice del Bugey.

⁶⁴Sul personaggio cfr. ACT, Ordinati, voll. 84 f. 2r, 102 f. 2r; Catasti, Coll. V, vol. 1120, f. 81v.

⁶⁵Decreta, f. 91v. Sui giudici delle appellazioni Castelnuovo, pp. 203-213.

⁶⁶ Cfr. l’esempio citato sopra, nota 34, nonché il memoriale di un anonimo procuratore, datato 1462, analizzato da Castelnuovo, Quels offices cit., pp. 25-29. La corrispondenza tra balivati e procuratori fiscali non era peraltro sempre perfetta: nel balivato di Savoia operavano due procuratori, uno per la «Savoie propre», l’altro per Moriana e Tarantasia (ivi, p. 11).

⁶⁷Per una discussione più approfondita degli aspetti teorici della questione, e un case-study sulla diffusione della venalità nell’amministrazione sabauda, cfr. sotto, cap. II.

⁶⁸Dullin, op. cit., pp. 41-47; Gelting, Les mutations cit., pp. 215-227.

⁶⁹ CCT, rot. 77.

⁷⁰Dullin, op. cit., pp. 26n, 42; Castelnuovo, pp. 139-142, 257-259; G. Castelnuovo e C. Guilleré, Le crédit du prince: l’exemple savoyard au XIVe siècle, in Crédit et société: les sources, les techniques et les hommes (XIVe-XVIe s.), Neuchâtel 1999, pp. 158-164. Non mancano peraltro esempi di castellanie date in pegno ai creditori del conte già sotto il regno di Edoardo, come quella di Allinges-Thonon nel 1326 (Constant, L’établissement cit., p. 152) o quella di Moriana nel 1329 (Gelting, Les mutations cit., p. 220 e n).

⁷¹Esistono diverse versioni delle lettere con cui Amedeo VII chiedeva l’intervento finanziario delle comunità e illustrava i danni provocati dall’indebitamento nei confronti degli ufficiali. Quelle indirizzate al comune di Chambéry sono pubblicate da Dullin, op. cit., p. 43n; quelle per Aosta si leggono in Le Livre Rouge de la cité d’Aoste, a cura di M.A. Letey-Ventilatici, Torino 1956, pp. 12-17. Per quelle indirizzate alle comunità di Moriana e di Tarantasia cfr. Gelting, Les mutations cit., pp. 223-226. In generale su questa vicenda Castelnuovo, pp. 257-259.

⁷²E. Stumpo, Finanza e stato moderno nel Piemonte del Seicento, Roma 1979.

⁷³Castelnuovo, pp. 258 e 288, e Castelnuovo e Guilleré, Le crédit cit., pp. 161-163, segnalano comunque casi di uffici ipotecati o addirittura di circoscrizioni demaniali infeudate a creditori del principe fino a estinzione del debito, ancora sotto Amedeo VIII; ma tendenzialmente nella prima parte del suo lungo regno, e non più nella seconda.

⁷⁴Non è segnalata nel ducato sabaudo la prassi, utilizzata in analoghe circostanze nel ducato sforzesco, per cui era l’ufficiale subentrante a saldare il credito di quello uscente (Leverotti, Gli officiali cit., pp. 17-20). Per un altro stato principesco caratterizzato da «numerosi episodi di venalità sia pubblica che privata, che assumevano nomi e modalità diverse, ma che si manifestavano soprattutto sotto forma di prestiti anticipati di cui i proventi dell’officio avrebbero costituito gli interessi», e dove però la prassi di impegnare pubblicamente gli uffici all’incanto si affermò solo verso la fine del Quattrocento e fra le polemiche, cfr. M. Folin, Note sugli officiali negli Stati estensi (secoli XV-XVI), in Gli officiali negli Stati italiani cit., pp. 119 sg.

⁷⁵M.C. Daviso di Charvensod, La duchessa Iolanda (1434-1478), Torino 1935, pp. 90-94.

⁷⁶Cfr. gli esempi citati in Dullin, op. cit., pp. 238-239 e n. Si noti peraltro che il commercio degli uffici fu legittimato e, per così dire, istituzionalizzato, in diversi altri stati italiani all’incirca nello stesso volgere d’anni: nello stato estense dopo la guerra di Ferrara del 1482-84 (Folin, op.cit.), in quello pontificio sotto Sisto IV, papa dal 1471 al 1484 (A. Gardi, Gli ‘officiali’ nello stato pontificio del Quattrocento, in Gli officiali negli Stati italiani cit., p. 232), nel regno a partire da Alfonso il Magnanimo (P. Corrao, Gli ufficiali nel regno di Sicilia del Quattrocento, ivi, p. 323).

⁷⁷Dullin, op. cit., pp. 47-50; Dubuis, Une économie alpine à la fin du moyen âge cit., pp. 161-163; Castelnuovo, pp. 259-265; Id., Centre et périphérie. Le recrutement social et géographique des châtelains en terre savoyarde, moitié XIVe-moitié XVe siècle, in Savoie et Région alpine, Paris 1994, pp. 97-108. Gli Statuti del 1430 stabilivano bensì l’obbligo di residenza e la proibizione di cumulare più castellanie, ma queste prescrizioni, al pari di molte altre, rimasero lettera morta (cfr. Decreta, ff. 52r, 53r, e sopra, nota 53).

⁷⁸L’uso generalizzato di luogotenenti nominati direttamente dal titolare accomuna il ducato sabaudo al regno di Napoli: S. Morelli, Gli ufficiali del regno di Napoli nel Quattrocento, in Gli officiali negli stati italiani del Quattrocento cit., p. 303. In altri stati principeschi italiani, come quello estense, la prassi dell’assenteismo, del cumulo degli uffici e delle luogotenenze sembrerebbe invece pressoché sconosciuta: Folin, op. cit., p. 120. Oltralpe, la pratica è abituale nel regno di Francia come in quello di Castiglia: K. Böse, Die Ämterkäuflichkeit in Frankreich vom 14. bis 16. Jahrhundert, in Ämterhandel im Spätmittelalter und im 16. Jahrhundert, a cura di I. Mieck, Berlin 1984, pp. 106-108; R. Perez Bustamante, El gobierno y la administración territorial de Castilla (1239-1474), Madrid 1976, pp. 134-143. Una variante significativa è offerta dal Bourbonnais, dove il luogotenente è una presenza fissa, ma è nominato direttamente dal duca e ha la funzione di supplire il castellano, che non è un giurista, nell’esercizio delle sue responsabilità giudiziarie, permettendogli di dedicarsi a tempo pieno alle sue funzioni politiche e militari: Mattéoni, Servir le prince cit., pp. 164-167.

⁷⁹Decreta, f. 64.

⁸⁰Dullin, op. cit., pp. 235-245; Castelnuovo, pp. 262-264. La progressiva tendenza del principe a riservarsi la nomina dei luogotenenti si constata fra Quattro e Cinquecento anche nel regno di Francia: Böse, op. cit., p. 107.

⁸¹Tallone, IX, pp. 383 e 625.

⁸²Decreta, f. 22.

⁸³ L’analisi prosopografica dei consiglieri conduce ovunque agli stessi risultati, che si tratti del regno di Francia (P.R. Gaussin, Les conseillers de Charles VII (1418-1461). Essai de politologie historique, in «Francia», 10 [1982], p. 69), d’Inghilterra (J.-P. Genet, Les conseillers du prince en Angleterre à la fin du Moyen Age: sages et prudents?, in Powerbrokers in the Late Middle Ages cit., pp. 119-121, e bibliografia ivi citata), di Napoli (Ryder, op. cit., p. 92) o dei principati transalpini (Uyttebrouck, op. cit., pp. 271-357). L’eccessivo numero dei nobili che portavano il titolo di consigliere suscitò la preoccupazione di Carlo II, il quale, nel 1529, desiderando «ipsorum numerum refrenari et ad minus reducere», revocò tutte le nomine fatte «tam honoris quamque aliis particularibus ex causis», ordinando a chi ne aveva beneficiato «ne de cetero sese consilliarios nostros nominari minusque pro talibus se gerere habeant, audeant vel presumant»; il titolo di consigliere doveva d’ora in poi riservarsi a coloro «qui consilio nostro privato ordinarie assistunt» (PD 162, f. 83).

⁸⁴Decreta, ff. 19-21, 28-29. Su questo personale cfr. Castelnuovo, pp. 213-219.

⁸⁵Per un’ampia descrizione, di taglio giuridico, delle competenze del consiglio cfr. l’Introduzione di I. Soffietti, Verbali del Consilium cum Domino Residens del ducato di Savoia (1512-1532), Milano 1969; ancora utile è altresì E. Peverelli, Il Consiglio di Stato nella monarchia di Savoia, Roma 1888; si noti però che nella prassi le competenze del consiglio risultano di solito assai più elastiche rispetto a quelle previste dagli Statuti. Per un’analisi politica e sociale del ruolo del consiglio cfr. invece Castelnuovo, pp. 149-182.

⁸⁶ Cfr., per il ducato milanese, D.M. Bueno de Mesquita, The privy council in the government of the dukes of Milan, in Florence and Milan: Comparisons and Relations, a cura di C.H. Smyth e G.C. Garfagnini, Firenze 1989, vol. I, pp. 135-156, e F. Vaglienti, «Fidelissimi servitori de Consilio suo Secreto». Struttura e organizzazione del Consiglio segreto nei primi anni del ducato di Galeazzo Maria Sforza (1466-1469), in «Nuova Rivista Storica», 76 (1992), pp. 645-708; per il regno di Napoli, Ryder, op. cit., pp. 103 sg., e Morelli, Gli ufficiali cit., p. 295; per la Borgogna, dove la scissione del consiglio dà origine a una pluralità di consigli territoriali e più tardi di parlamenti, J. Richard, Les organes du pouvoir ducal et les sujets du Duc dans les pays de Bourgogne, in Milano e Borgogna. Due stati principeschi tra Medioevo e Rinascimento, a cura di J.-M. Cauchies e G. Chittolini, Roma 1990, pp. 13 sg., e P. Godding, Le Conseil de Brabant sous le règne de Philippe le Bon (1430-1467), Bruxelles 1999.

⁸⁷L’espressione è impiegata nel 1449 da un segretario del duca Ludovico, in una lettera a Felice V che offre interessanti informazioni sul modus operandi del consiglio: «comme les deliberacions en la presence de tous s’escrivent, puis se moustrent a mondit seigneur lequel n’a jamaix riens fet d’importance sanz la deliberacion de son conseil, au moins du secret, auquel sont generalement messeigneurs le cardinal, Thurin, le chancellier, de Choutaigne, de Luyrieu, de Bannens, Anthoine et le receveur. Bien est vray qu’aucunes foys est necessite, pour non actedier monditseigneur quant il est a table ou a son lit, du sceu dudit conseil mondit seigneur, le cardinal, chancellier et Anthoine ou deux ou ung d’eux voisent devers mondit seigneur premierement pour lui refferir les deliberacions dudit conseil et afferes occurrans, aussi pour lui moustrer les menutes de instructions et pluseurs letres qu’il voult veoir e que l’en lui veult monstrer», ecc. (Recueil, ff. 199-200). Si veda, a titolo di confronto, l’analisi del modus operandi informale del Consiglio segreto sforzesco in M.N. Covini, L’esercito del duca. Organizzazione militare e istituzioni al tempo degli Sforza (1450-1480), Roma 1998, pp. 236-243, e quella del Consiglio del re di Francia in Gaussin, op. cit., pp. 75-83.

⁸⁸Decreta, f. 19v. La prima testimonianza del formarsi, all’interno del consiglio, d’una sezione specialmente addetta agli affari giudiziari, è l’ordinanza di Amedeo VI del 1355, in cui stabilisce che per accelerare il disbrigo della giustizia le cause portate davanti al consiglio potranno essere giudicate da tre o anche soltanto due dei consiglieri, in assenza degli altri e dello stesso conte; qui peraltro non si fa ancora cenno all’ufficio di collaterale (C. Nani, Gli statuti di Amedeo VI conte di Savoia, in «Memorie della R. Accademia delle Scienze di Torino», 34 [1883], pp. 146-160).

⁸⁹Soffietti, op. cit., p. xvi e n., con riferimento a uno Statuto di Amedeo IX del 1468, in Tallone, IV, pp. 250-253; ma di «Conseil secret» si parlava anche nella proposta di riforma avanzata dagli stati due anni prima, in Tallone, X, pp. 184-186.

⁹⁰Tallone, V, pp. 256 sgg.; cfr. Soffietti, op. cit., p. xxvn.

⁹¹Cfr. sotto, cap. V, note 43-44.

⁹²Gli Statuti del 1513 in Tallone, IX, pp. 528-535. Il presidente patrimoniale del Consiglio residente esisteva già nel 1459, quando occupava l’incarico Guy de Fésigny (Marini, p. 113); l’avvocato fiscale del medesimo consiglio è attestato al più tardi dal 1438 (ivi, p. 50). Sull’ulteriore aumento dell’organico nei primi decenni del Cinquecento cfr. sotto, cap. V, nota 41.

⁹³L’atto di fondazione del Consiglio di Chambéry, del 1329, è in Nani, Gli statuti cit., doc. 3. Oltre al personale citato, il consiglio dispone di due o più sergenti per l’esecuzione delle sentenze, uno «scriba seu notario» per la redazione degli atti e un clavario «ad exactionem emolumentorum»; cfr. per tutto ciò C. Nani, Nuova edizione degli statuti di Amedeo VI dell’anno 1379, in MSI, 23 (1884), pp. 256-266, e Decreta, ff. 33-38. Lo sdoppiamento del consiglio fra un organismo itinerante e uno o più organismi residenti non ha nulla di eccezionale, è anzi una misura normale nei principati tre-quattrocenteschi di natura composita (Uyttebrouck, op. cit., p. 405; e cfr. sopra, nota 85).

⁹⁴Per tutto ciò cfr. sotto, cap. V.

⁹⁵Sulle prerogative giurisdizionali dei due consigli, quali sono definite dagli Statuti ducali, l’analisi più puntuale è ancora quella del Soffietti, op. cit.; sulla vicenda del 1459 cfr. Marini, pp. 94-98.

⁹⁶ Castelnuovo, Quels offices cit.; cfr. anche sotto, cap. V.

⁹⁷Decreta, ff. 28-29, 40-41. Le stesse figure sono già previste, in termini più sommari, dagli Statuti del 1379: Nani, Nuova edizione cit., pp. 256-259. Sull’avvocato dei poveri cfr. F. Elsener, Der «arme Mann» (Pauper) im Prozessrecht der Grafen und Herzoge von Savoyen, in «Tijdschrift voor Rechtsgeschiedenis», 44 (1976), pp. 93 sgg.

⁹⁸Cfr. Marini, p. 16, per il procuratore fiscale cismontano, che collabora col consiglio fin dal 1419; p. 66, per l’avvocato fiscale cismontano, attestato al più tardi dal 1438; p. 275, per l’avvocato fiscale del Consiglio di Chambéry, che in quanto ufficio distinto dall’avvocato fiscale generale è documentabile dal 1489; sopra, nota 92, per l’avvocato fiscale del Consiglio residente; per la comparsa del presidente patrimoniale cismontano e l’aumento nel numero dei collaterali nei primi decenni del Cinquecento, A. Barbero, Savoiardi e Piemontesi nel ducato sabaudo all’inizio del Cinquecento: un problema storiografico risolto?, in BSBS, 87 (1989), pp. 591-637, e sotto, cap. V, § 3.

⁹⁹Decreta, f. 94; Castelnuovo, Quels offices cit., p. 39.

¹⁰⁰Duboin, V, pp. 834-839. Fra le altre innovazioni introdotte nel sistema giudiziario nel corso del Quattrocento accenniamo anche all’istituzione voluta da Ludovico nel 1460 di un conservatore della giustizia, che non sembra tuttavia aver avuto successo: cfr. F. Saraceno, Documenti inediti del regno di Ludovico duca di Savoia tratti dai protocolli dei segretari ducali, in MSI, 15 (1874), pp. 389-451; Id., Due anni di regno (1460-62) di Lodovico duca di Savoia, in «Curiosità e ricerche di storia subalpina», 2 (1876), pp. 516-579.

¹⁰¹Cfr., per un confronto con la terminologia italiana, i saggi raccolti nel volume Cancelleria e amministrazione negli stati italiani del Rinascimento, a cura di F. Leverotti, in «Ricerche storiche», 24 (1994). Fa però eccezione il regno di Napoli, dove esattamente come in Savoia il cancelliere «era anche presidente del Consiglio del re»: Morelli, Gli ufficiali cit., p. 295. Analoga la situazione nei principati transalpini, dove sono precisamente la custodia del sigillo e la presidenza delle sedute del consiglio, oltre alla sorveglianza sui segretari, a identificare il cancelliere: cfr. Uyttebrouck, op. cit., pp. 186-220; Kerhervé, op. cit., pp. 134-136; Mattéoni, Servir le prince cit., pp. 144 sg.

¹⁰²P. Cancian, La cancelleria di Amedeo VIII, in Amédée VIII - Félix V cit., pp. 144 sgg.; Decreta, ff. 19-21, 33. Peraltro anche negli Statuti del 1379 si distingue fra il cancelliere che presiede il Consiglio di Chambéry e il cancelliere generale di Savoia, ad esso superiore. Si noti anche che l’espressione «nostres chanceliers» contenuta negli Statuti del 1389 è un singolare, secondo la grafia antico-francese ancora in uso all’epoca, e non un plurale come crede Cancian, op. cit., p. 146; sicché non c’è alcuna ragione di credere che oltre al cancelliere generale e a quello del Consiglio di Chambéry il titolo sia stato attribuito ad altri funzionari.

¹⁰³Su questo personaggio è in corso una tesi all’Università di Chambéry, sotto la direzione di Guido Castelnuovo.

¹⁰⁴Per la lista dei salari del 1442 cfr. sopra, nota 22. Sui cancellieri tre-quattrocenteschi, Castelnuovo, pp. 217-219. Al più tardi dal 1483 l’ufficio, almeno teoricamente, è attribuito a vita: Peverelli, op. cit., p. 96.

¹⁰⁵L. Cibrario, Iacopo Valperga di Masino, triste episodio del secolo XV, Torino 1860; Marini, spec. pp. 114-126; e sotto, cap. VII, nota 43.

¹⁰⁶Cfr. sopra, nota 75.

¹⁰⁷Sull’origine di questa istituzione cfr. G. Castelnuovo, Cancellieri e segretari fra codificazione amministrativa e prassi di governo. Il caso sabaudo (metà Trecento-metà Quattrocento), in «Ricerche storiche», 24 (1994), pp. 291-303, nonché Cancian, op. cit., pp. 143-155, e A. Calzolari e R. Cosentino, La prima attività contabile della cancelleria sabauda e l’organizzazione dell’ufficio a metà del secolo XIV, in BSBS, 92 (1994), pp. 505-553; sul profilo sociale dei segretari, Castelnuovo, pp. 184-189.

¹⁰⁸Nani, Nuova edizione cit., pp. 276-288.

¹⁰⁹Decreta, ff. 29-32.

¹¹⁰Saraceno, op.cit., doc. 2. La diffusione della qualifica di segretario ducale è ben documentata nel catasto torinese del 1523: ACT, Catasti, voll. 1117-1121.

¹¹¹Tallone, V, p. 14. La richiesta di parità venne del resto iterata nel 1505: Tallone, VI, pp. 214-217.

Il ducato di Savoia

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