Refusi
«C’è un giorno dell’anno, tutti gli anni, in cui ogni cosa è illuminata proprio della luce giusta, e tutto sembra in armonia con il mondo. È il giorno in cui so con certezza di aver riempito l’ultima casellina del piano editoriale dei prossimi dodici mesi. Questo progetto mi allunga la vita, è il mio progetto per l’anno che viene, e mi piace da impazzire.»
«Con il lavoro che ho scelto di fare, mi aspettavo che la mia vita sarebbe stata diversa. Mi immaginavo lunghe giornate a leggere manoscritti che avrebbero cambiato la storia della letteratura, conversazioni rivoluzionarie in fumose bettole del centro storico con scrittori leggendari, illuminanti riunioni di redazione che sarebbero proseguite con memorabili serate in trattoria. Avevo creduto di poter ripetere facilmente l’esperienza del “New Yorker” di William Shawn, della Shakespeare & Company di Sylvia Beach, della City Lights di Ferlinghetti, dell’Einaudi di Vittorini-Calvino-Pavese. Avevo dimenticato che l’editore non è solo un appassionato di libri, un animatore culturale, ma è fondamentalmente un imprenditore, con tanto di partita iva, obblighi fiscali e bilanci depositati.»