Mafia e politica da Portella della Ginestra a oggi
Cosa nostra è una organizzazione criminale che ha affermato, troppo spesso in maniera indisturbata, la propria sovranità di Stato illegale.
Gian Carlo Caselli e Guido Lo Forte mostrano che le mafie non sono tanto il prodotto di una arretratezza economica e culturale, quanto di una caratteristica perversa della società e dello Stato italiani.
Quasi trentanni ormai ci separano dalle stragi di Capaci e via DAmelio del 1992.
Questo duplice attacco al cuore della democrazia che Andrea Camilleri ha paragonato in quanto a potenza simbolica allabbattimento delle Twin Towers aveva naturalmente come obiettivo luccisione di due pilastri dellantimafia come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Fu tuttavia chiaro fin da subito (in un caso e nellaltro) che la ferocia criminale rispondeva anche a un disegno politico di Cosa nostra. Disegno che trovò ancora più evidente realizzazione con le stragi che seguirono nel 1993 a Firenze, Milano e Roma.
Nel giro di pochi mesi si consumò una tragedia nazionale che sembrò scuotere irreversibilmente le coscienze e che provocò una reazione finalmente determinata dello Stato contro la mafia. Con risultati è bene ricordarlo straordinari. La mafia siciliana è stata indubbiamente indebolita e destrutturata da indagini e condanne. Ma altre organizzazioni criminali sono cresciute in rilevanza e potere, occupando vaste aree prima estranee a una radicata presenza mafiosa. E la questione della criminalità organizzata resta ancora oggi purtroppo in primo piano.
Dispiace, per contro, dover rilevare che lattuale politica antimafia è inadeguata, così come difettosa è la rappresentazione mediatica del fenomeno, oscillante tra il diffuso silenzio informativo e il noir delle mattanze napoletane e foggiane o il folclore sulla latitanza (e peggio… sulle camicie) di Matteo Messina Denaro.
Di fatto, la mafia continua a essere considerata un problema di ordine pubblico, la cui pericolosità si coglie soltanto in situazioni di emergenza, quando cioè mette in atto strategie sanguinarie. Non è (solo) così: sfugge, non casualmente, che la mafia è un vero e proprio sistema di potere criminale, funzionale a sempre nuove rapacità e nuovi interessi. Perché cè una richiesta di mafia1 in ambito politico, economico e imprenditoriale; vale a dire che la forza della mafia risiede non solo nella sua organizzazione interna, ma anche e soprattutto nelle relazioni esterne, cioè nelle laide connivenze o complicità e nelle vili coperture di cui essa gode strutturalmente in pezzi consistenti del mondo legale. Possiamo anzi dire che Cosa nostra è stata (e può continuare a essere) componente e strumento di un sistema criminale più ampio. Un sistema criminale raffigurabile come un complesso edificio, in cui lassociazione ha rappresentato per le sue tradizioni criminali e per la sua potenza storica una pietra angolare; ma che, come tutti gli edifici, ha anche altri piani e altri abitanti variamente comunicanti fra loro.
Tutto ciò proietta, sulla storia della mafia, vari interrogativi, ai quali questo libro cercherà di rispondere. Quando si è verificata una trasformazione della mafia da semplice organizzazione criminale a entità politica? E ancora: è possibile parlare di una politica di Cosa nostra, di un suo ordinamento istituzionale, di funzioni di governo interne paragonabili a quelle di uno Stato? Quale ruolo hanno avuto nella storia del nostro Paese le relazioni esterne di Cosa nostra con segmenti della società e dello Stato (con lalternarsi di situazioni di coesistenza, di compromesso, di alleanza, o al contrario di conflitto)? Che ruolo hanno avuto in questo contesto le stragi mafiose? Infine, quali sono gli scenari attuali della mafia e le sue potenziali prospettive politiche?
Gian Carlo Caselli e Guido Lo Forte, Lo Stato illegale. Mafia e politica da Portella della Ginestra a oggi
Gian Carlo Caselli è stato giudice istruttore a Torino, ha guidato la Procura della Repubblica di Palermo, è stato procuratore generale e procuratore della Repubblica di Torino. Attualmente dirige lOsservatorio di Coldiretti sulla criminalità nellagricoltura e sulle agromafie.
Guido Lo Forte è stato pubblico ministero a Palermo e a Messina. Con la Direzione distrettuale antimafia di Palermo ha curato, tra laltro, i processi Andreotti, DellUtri e Carnevale nella fase delle indagini e del dibattimento di primo grado.