L’editoria in Europa_italiano

L’EDITORIA IN EUROPA

Dialogo tra Bruno Caillet (Madrigall), Valeria Ciompi (Alianza), Nora Mercurio (Suhrkamp), Stuart Proffitt (Penguin) e Giuseppe Laterza.

Giuseppe Laterza 

Cari amici e colleghi, benvenuti a questo incontro sull’editoria europea all’epoca della pandemia.

Di solito in questo periodo dell’anno ci incontriamo a Francoforte, alla Fiera del libro, insieme ad altri editori provenienti da tutto il mondo.

Di Laterza vengono a Francoforte abitualmente – oltre a mio cugino Alessandro –  il nostro direttore editoriale Anna Gialluca, l’editor Giovanni Carletti e la responsabile dei diritti esteri Agnese Gualdrini che sono con me oggi nel nostro ufficio romano.

A Francoforte scorriamo le liste dei libri proposti per la traduzione e i ‘proposal’ relativi a libri futuri. E qualcuno di noi magari partecipa a un’asta per acquisire i diritti di un bestseller annunciato…sono tutte cose che in realtà si possono fare anche tramite la rete. Ciò che rende unica la Fiera di Francoforte è l’occasione di scambiare di persona idee ed esperienze in maniera informale e imprevedibile. Ma quest’anno non sarà possibile: a causa della pandemia gli editori resteranno a casa. Eppure mai come questa volta sarebbe stato utile scambiare idee su come reagire alla crisi visto che anche nel settore dei libri il lockdown ha avuto un impatto drammatico. Secondo l’ultimo report della Federazione degli Editori Europei tra marzo e aprile la chiusura delle librerie ha portato a un calo delle vendite in tutti i paesi dell’80/90%, non compensato dalle vendite online e digitali.

Ecco perché abbiamo pensato a questo incontro: ci è sembrato utile confrontare gli effetti della pandemia e del lockdown su ciascuno dei nostri paesi.

I partecipanti a questo incontro lavorano in prestigiose case editrici europee, i cui cataloghi comprendono alcuni tra i maggiori scrittori e pensatori europei contemporanei: da Thomas Mann a Ernst Hemingway da Marcel Proust a Jurgen Habermas, da Bruno Munari a Jacques Le Goff. Certo, rappresentiamo solo un segmento del mercato librario e abbiamo di conseguenza un osservatorio limitato. Peraltro, tra noi c’è molto in comune nel tipo di libri che pubblichiamo ma esistono anche significative differenze, anche per i nostri diversi ruoli professionali.

Valeria Ciompi è l’editrice di Alianza, una casa editrice spagnola fondata nel 1866 a Madrid da José Ortega Spottorno.

Bruno Caillet è il direttore commerciale del gruppo Madrigall, che comprende al suo interno sigle come Gallimard, Flammarion e Casterman e il cui editore è Antoine Gallimard, nipote di quel Gaston Gallimard che fondò la casa editrice a Parigi nel 1911.

Nora Mercurio è responsabile dei diritti della casa editrice Suhrkamp, fondata a Francoforte nel 1950 da Peter Suhrkamp e che oggi ha sede a Berlino.

Stuart Proffitt è direttore editoriale di Penguin fondata nel 1935 a Londra da Allen Lane.

Possiamo iniziare con un primo giro di interventi sull’impatto del Covid in ciascuno dei nostri paesi. Chiedo a Valeria di iniziare.

Valeria Ciompi

Non avrei mai pensato che la Fiera di Francoforte potesse mancarmi, ma è proprio così!

In effetti non mi mancano tanto gli appuntamenti, ma i corridoi, le lobbie degli hotel e tutte le occasioni informali per parlare con i colleghi di tante cose all’apparenza poco importanti ma in realtà assai rilevanti.

Prima di tutto vorrei dire che mi sento orgogliosa più che mai del mio lavoro. E anche fortunata, soprattutto se penso ai nostri colleghi di altri settori culturali, chi opera nel teatro e nella musica ad esempio, che conducono una battaglia molto molto difficile in un mondo di distanziamento così ostile allo spettacolo dal vivo, mentre per fortuna – almeno per il momento – non sembra così ostile ai libri…

Mentre parlavi di catalogo, mi sentivo fortunata perché le nostre novità  possono dare un contributo al nuovo mondo che dobbiamo costruire. Così come un contributo può venire dalla promozione di titoli universali classici del nostro catalogo. I nostri cataloghi possono essere musei viventi e questo è una straordinaria risorsa nei tempi difficili che attraversiamo.

Ed è straordinario che possiamo esercitare la nostra creatività anche nel mantenere in vita i nostri titoli passati, rilanciandone quelli più attuali.

Venendo alla situazione spagnola, devo dire che nella seconda ondata del Covid siamo in una situazione di maggior incertezza rispetto a quella passata anche a prescindere dalla sfera politica. La situazione si presenta però meno drammatica di quanto non prevedessero i più pessimisti: alla fine di settembre il calo delle vendite nell’insieme del mercato librario si aggira sul 10% e le previsioni sono di un calo di massimo il 5% alla fine dell’anno.

Questo anche se la Spagna sta vivendo un lockdown parziale che non sappiamo come condizionerà il prossimo futuro, in un contesto economico che si sta rapidamente deteriorando. Durante il lockdown i lettori hanno dato prova di grande affezione ai libri, seguendo tra l’altro le molte iniziative messe in campo dai librai, alcune delle quali di grande qualità, e che hanno portato buone vendite appena le librerie si sono riaperte, anche in estate, quando di solito le vendite non sono altissime. Nei primissimi giorni di ottobre il mercato ha molto rallentato, pur in presenza di molte novità e dunque siamo un po’ preoccupati. Devo dire però che la mia casa editrice – Alianza Editorial – si trova in una situazione piuttosto fortunata, con vendite sul mercato interno spagnolo superiori del 20% a quelle dell’anno scorso, un dato ridotto in parte dalla situazione critica del mercato sudamericano. Un risultato dovuto anche a un bestseller del tutto inatteso: l’autobiografia di Woody Allen che abbiamo lanciato proprio il giorno della riapertura delle librerie.

Penso che durante il lockdown le persone abbiano avuto più tempo per leggere e infatti hanno letto di più.

E in effetti le vendite dei libri sono continuate attraverso le librerie virtuali. Le vendite degli e-books sono più che raddoppiate rispetto all’anno scorso e anche Alianza ha deciso di moltiplicare i nostri libri in versione digitale, anche con i classici del nostro catalogo che hanno avuto risultati molto buoni.

Ciò detto, il 50% delle nostre vendite continua a passare attraverso le librerie e abbiamo cercato di aiutare il libraio attraverso la comunicazione, e con i nostri autori,  creando un senso di comunità tra editori, autori e librai. Poi abbiamo anche un bestseller del tutto inatteso: l’autobiografia di Woody Allen che abbiamo lanciato esattamente proprio il giorno della riapertura delle librerie.

Le prossime settimane si presentano come una vera sfida e il lockdown  parziale rischia di mettere in crisi anche le vendite natalizie.

Comunque in questi mesi abbiamo rimesso tutto in questione: cosa pubblicare, quanti libri pubblicare, come raggiungere i nostri lettori. Abbiamo anche discusso di come far si che il governo aiuti il settore dell’editoria libraria.

Insomma, dobbiamo insieme seguire la nostra attività giorno per giorno, mantenerci creativi e ottenere un’attenzione anche da parte di chi ci governa, tenendo alta la fiducia nella nostra missione.

Bruno Caillet

Devo dire che è la prima volta che mi capita di condividere informazioni sul mercato in un meeting di questo tipo e mi sembra una cosa assai utile per tutti.

In Francia nel periodo tra marzo e m aggio le vendite sono calate del 60%, dopodiché tra giugno e agosto c’è stata una forte risalita. Se consideriamo le vendite a tutto settembre possiamo dire che il calo di vendite rispetto al 2019 si attesta all’8%, contro il 10% di cui ci ha informato Valeria per la Spagna.

Per le vendite digitali non abbiamo dati nazionali, ma per il gruppo Madrigall le vendite digitali sono cresciute di almeno il 30% a tutto settembre, rispetto al 2019.

Sul fronte degli audiolibri le vendite sono triplicate: questo è veramente uno dei nuovi canali a cui dare molta attenzione.

Interessante è anche notare che le vendite di catalogo non hanno subìto perdite a differenza delle novità che sono calate del 16%.

Un altro dato interessante è la crescita dei bestseller: l’incidenza delle vendite dei primi 1000 titoli più venduti nel complesso è salita dal 24% al 28%. Se guardiamo invece alla divisione per settori, in Francia c’è stata una crescita molto forte delle vendite del settore educativo (+5%) e anche libri per bambini sono cresciuti dell’1%, nella stessa misura sono cresciuti anche le graphic novel e i fumetti.

Al contrario, vendite significativamente più basse si sono verificate per la letteratura (-7%), e anche per i libri di scienze naturali e scienze umane.

Come ha ricordato anche Valeria, gli editori hanno spostato sul 2021 i libri con vendite attese più basse, anche per aiutare finanziariamente le librerie, evitando di riempirle di libri a vendita più lenta.

Come ultimo punto vorrei menzionare la forte riduzione delle rese: naturalmente i due aspetti sono connessi perché meno novità producono meno rese.

Per quanto riguarda le librerie posso dire che effettivamente anche in Francia le librerie indipendenti hanno avuto un recupero di fatturato molto significativo.

Nora Mercurio

Confesso che sono un po’ intimidita da tutti i numeri che avete citato e che comunque vorrei leggere in una chiave positiva e ottimistica. La Germania – per molti motivi che sono stati abbondantemente discussi – non ha avuto un impatto della pandemia così forte come in altri paesi europei, almeno fino ad ora.

Il nostro è un mercato del libro molto forte e per fortuna non ha risentito della crisi così drammaticamente come negli altri paesi.

Tra metà marzo e metà aprile le vendite di libri si sono ridotte di quasi il 65% ma poi nei mesi successivi abbiamo recuperato.

Al momento il mercato sembra essere inferiore a quello dell’anno scorso di circa il 6%. Questo è un dato che comprende sia l’e-commerce sia le librerie fisiche che come tali sono scese di circa il 10%. Se le cose continueranno come negli ultimi 3 mesi le previsioni dicono che dovremo chiudere l’anno con un -3% complessivamente e un – 6% per le librerie fisiche.

Una situazione che certo non si può definire ottimale ma che avrebbe potuto essere molto peggiore.

Certamente ancora fino ad aprile prevedevamo una vera catastrofe, mentre adesso c’è una fiducia diffusa che – se non succedono imprevisti maggiori – le cose potrebbero andare decisamente meglio rispetto alle aspettative.

Le vendite on line sono molto aumentate e anche quelle degli e-books anche se non in una proporzione significativa come è avvenuto in altri paesi.

In questo momento assistiamo al fenomeno straordinario della ripresa delle vendite nelle librerie di quartiere. E a questo proposito devo dire che i librai indipendenti hanno dimostrato una straordinaria creatività: bisogna essere loro grati per la passione e l’impegno che hanno messo nel reagire alla crisi nei mesi decisivi della chiusura dei negozi. Impegno volto soprattutto a mantenere il rapporto con i propri clienti, rendendosi sempre disponibili, cercando di raggiungerli in ogni luogo, chiamandoli al telefono: una attenzione al consumatore che alla fine ha pagato.

Questo a fronte del fatto che Amazon all’inizio ha avuto dei problemi con la consegna dei libri, anche perché non hanno dato ai libri una priorità rispetto ad altri prodotti.

Bisogna anche dire che i problemi dell’industria cultura le hanno avuto una grandissima risonanza sui media: sui giornali sono uscite tonnellate di articoli sui teatri, sulla musica, sulle mostre e anche sull’editoria libraria.

E uno spazio notevole è stato dato anche a interviste agli stessi librai, e questo li ha aiutati a tenere alto il loro impegno. Questi sono aspetti non quantificabili, perché di natura più psicologica o sociale ma di cui possiamo essere orgogliosi e su cui possiamo costruire il futuro del nostro settore.

Certo, anche noi abbiamo dovuto spostare un certo numero di titoli al prossimo anno e certamente alcuni titoli usciti proprio all’inizio della pandemia hanno fortemente sofferto nella vendita della chiusura delle librerie.

Anche noi da Suhrkamp abbiamo venduto molto bene il catalogo.

Per quanto riguarda i diritti esteri, da marzo ad oggi abbiamo continuato a venderli in misura molto significativa. Ogni anno facciamo mediamente 450 nuovi contratti di cessione di diritti all’estero e generalmente arriviamo a settembre avendone fatto circa la metà.

Quest’anno il numero dei contratti è più o meno lo stesso, con la differenza che la maggior parte di questi contratti è relativa a libri di catalogo, perché a partire da marzo non abbiamo venduto quasi nessun libro nuovo.

C’è un crescente interesse nel settore della non fiction e anche da noi come in Francia la letteratura fa un po’ fatica, ma effettivamente sono stati i titoli di catalogo e i classici che ci hanno fatto andare avanti.

L’anno scorso con Peter Handke abbiamo vinto il premio Nobel e questo ci ha portato un incremento significativo di vendite anche in questi mesi. Sono dunque molto ottimista sul fatto che nei prossimi mesi i diritti esteri continueranno a essere una parte molto importante del nostro lavoro, non parlo soltanto di vendita dei diritti, visto che mi occupo anche di acquisizioni e la casa editrice nell’ultimo periodo ha acquisito anche molti titoli stranieri dagli americani, dagli inglesi, da tutto il mondo. E sono spesso titoli nuovi.

Sono dunque ottimista ma dovremo focalizzare di più la nostra attenzione sui libri che vogliamo offrire e su come offrirli, forse potremo fare meno titoli in futuro e comunque dovremo dare a ogni titolo maggiore attenzione.

Giuseppe Laterza

Grazie per aver ricordato il ruolo dei librai così importante per il lavoro di tutti noi.

Stuart Proffitt

Caro Giuseppe grazie mille per avermi invitato a partecipare a questo incontro. Nella tua introduzione hai parlato di cultura europea e forse la tratteremo alla fine. Ma voglio dire subito che se la cultura europea fosse nelle tue mani sarebbe in buone mani! Ti ringrazio per aver preso questa iniziativa che ci consente di trovarci a ragionare insieme su temi così rilevanti per tutti noi. E questo è proprio caratteristico del tuo modo di lavorare: spingerci a pensare oltre le frontiere. Tra gli editori europei, Laterza è veramente un editore europeo.

Ciò detto, vorrei ribadire ciò che già alcuni di voi hanno detto. Valeria ha menzionato come gli altri la situazione difficile delle altre industrie creative e questo vale assolutamente anche per l’Inghilterra.

E’ di stamattina la notizia che la Royal Opera House ha messo in vendita il pezzo di maggior valore del suo patrimonio, un quadro di David Hockney che era lì, sperando di guadagnare dalla vendita 15 milioni di sterline. Altra notizia del giorno è che una delle principali catene di cinema inglesi chiuderà fino a primavera prossima e per la seconda volta è stata rinviata l’uscita del film di James Bond, in un contesto in cui il business del cinema soffre moltissimo. In tutte le performing arts, ci sono problemi gravissimi, cosicché penso che noi editori di libri siamo molto fortunati.

A paragone con i dati che ho sentito dai colleghi che mi hanno preceduto, mi pare che il Regno Unito sia in una posizione ancora migliore, da molti punti di vista.

Certo, anche noi abbiamo avuto una chiusura delle librerie per 12 settimane, da aprile a giugno, i dati non sono completi ma sembra che una delle cose certe è che durante il lockdown le persone hanno letto più libri. E al momento sembra che le vendite di libri in Inghilterra a fine anno saranno addirittura superiori a quelle dell’anno scorso. Lo dico naturalmente con beneficio di inventario, perché non sono ancora dati certi.

Ma è vero che la ripresa nelle ultime settimane è stata fortissima.  E naturalmente questo dipende molto anche dalle vendite di Amazon che saranno cresciute di circa il 10% in termini di libri fisici. Amazon negli ultimi anni si stava già mangiando il mondo circostante e ovviamente … se lo mangerà ancora di più in questa situazione.

Come ha detto Nora, la domanda che si è riversata su Amazon è stata talmente forte che la capienza del loro magazzino si è rivelata insufficiente a far fronte alla richiesta che veniva dai consumatori.

Uno dei risultati della crisi che attraversiamo è che i trend già esistenti si sono significativamente rafforzati e questo è certamente uno di questi, con il forte aumento delle vendite on line dei libri fisici.

Anche le vendite degli e-book sono aumentate fortemente, ad aprile erano aumentate di quasi il 40%. E a oggi anche se i dati sono da prendere con le molle, sono cresciute del 20% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Anche le vendite degli audiolibri – come in Francia – sono cresciute molto. E capita sempre più frequentemente che si vendano più copie di audiolibri che di libri fisici, anche dei titoli bestseller. Così si può dire che nell’insieme nel Regno Unito le linee di crescita preesistenti hanno subìto una forte accelerazione.

C’è anche un cambiamento nella distribuzione: nelle note preparatorie a questo incontro Giuseppe Laterza ha scritto che si nota uno spostamento di vendite sulle librerie di quartiere e nei centri più piccoli. Questo è assolutamente vero anche in Inghilterra. Nel centro di Londra i negozi più grandi soffrono molto più degli altri: in alcune grandi librerie di questi tempi capita di vedere solo 2-3 avventori, meno di quelli che compongono lo staff del negozio. In generale, questo riguarda tutti i negozi allocati nella city, al contrario i negozi e anche le librerie che sono in centri provinciali se la passano meglio. Un’iniziativa interessante da segnalare a proposito di librerie indipendenti è quella che è stata promossa da alcune librerie americane che hanno costituito un sito web chiamato Bookshop.org che vende i libri online a partire dalle stesse librerie. Un’iniziativa che da un mese si sta affermando anche in Inghilterra, un sito web in cui ogni libreria può avere il suo spazio e le persone possono comprare libri direttamente dal libraio. E’ interessante notare che in America il sito Bookshop.org, che all’inizio contava 250 librerie, adesso ne conta più di 800.  Questo sembra un canale che potrebbe crescere rapidamente nei prossimi mesi sia in America sia in Inghilterra.

Come ha detto Nora, anche da noi sono aumentati i contratti con gli autori: sembra che mentre noi passavamo ore e ore a fare interminabili riunioni sul web, gli autori a casa si dedicavano alla scrittura di libri. E durante l’estate ci è arrivata una vera ondata di manoscritti.

E’ vero che gli autori non possono andare in giro a fare conferenze, ma possono farle on line, quindi non dovendo viaggiare, ne possono fare di più.

Forse uno degli effetti negativi della crisi delle grandi librerie del centro è che vediamo una difficoltà di vendita dei paperback. Un tempo la gente entrava in queste grandi librerie e si andava a scegliere il paperback o il tascabile preferito in grandi tavoli assortiti e questo certamente oggi funziona meno.

Molti dei libri sono stati spostati alla fine dell’anno e certamente avremo un po’ di ingolfamento.

Vorrei anche menzionare l’importanza che ha avuto in Inghilterra il movimento  “Black life matter” che ha spostato le abitudini di lettura e anche forse il modo di ragionare degli editori.

Giuseppe Laterza

Avete messo veramente tanta carne al fuoco! Aggiungo alcune note relative alla situazione italiana.

In Italia le librerie sono state chiuse per legge dal 12 marzo al 13 aprile ma in realtà molte sono restate chiese fino a maggio, in particolare quelle del Nord e di alcune grandi città come Milano e Torino dove la diffusione del Coronavirus è stata particolarmente forte.

Le vendite dei libri sono crollate e non sono state compensate se non in minima parte dalle vendite online.

Alcuni librai hanno subito reagito, organizzando un servizio di fornitura dei libri a casa chiamato ‘Libri da asporto’, che ha coinvolto più di 200 librerie. La stragrande maggioranza degli editori ha spostato le novità in uscita all’autunno e in parte al 2021.Ma hanno confermato la pubblicazione dei titoli più vendibili. Visto che le presentazioni in libreria erano impossibili e che i festival letterari erano stati tutti cancellati Laterza ha deciso di iniziare una serie di dialoghi tra i propri editor e gli autori su Instagram: li abbiamo chiamati ‘Casa Laterza’ e hanno riscosso notevole interesse. Così hanno fatto anche molti altri editori, dedicando maggior attenzione alla promozione dei libri sui social networks. Recentemente una ricerca dal Centro del libro ha rilevato che nel periodo del lockdown la lettura dei libri da parte degli italiani non è aumentata, mentre è fortemente aumentato il consumo di TV e Internet.

Tra i libri venduti durante il lockdown spiccavano i titoli legati alla pandemia tra cui un classico come ‘La peste’ di Albert Camus, originariamente pubblicato da Gallimard e in Inghilterra da Penguin…

Quando le librerie hanno iniziato a riaprire – grazie a un decreto che le inseriva tra le attività di interesse essenziale – gli editori erano piuttosto scettici sulla possibilità di un recupero del mercato: pensavamo che nel caso migliore il fatturato dei mesi successivi si sarebbe attestato sui livelli del 2019, con forti rischi di calo ulteriore visto che i lettori avrebbero avuto minor propensione alla spesa. Le previsioni prevalenti a maggio sulla chiusura del 2020 si attestavano sul – 20%. Ma già a luglio la situazione era cambiata e le vendite delle settimane post lockdown risultavano superiori a quelle del 2019, con previsioni per fine anno che passavano a – 10%.

A fine settembre la situazione del mercato risulta ulteriormente migliorata e si prevede di chiudere l’anno con un -5/6%.

Il recupero viene soprattutto dalle vendite online –  e in particolare da Amazon – che si attestano sul 40% del mercato trade, contro il 25% circa del 2019.Ma anche le librerie indipendenti e di quartiere hanno recuperato molto bene , mentre soffrono le librerie più grandi, collocate spesso nei centri delle città, soprattutto nei centri commerciali, nelle stazioni e negli aeroporti.

Gli editori hanno sperimentato positivamente lo Smart working che consente di svolgere efficacemente molte delle attività caratteristiche di una casa editrice, anche se almeno in Laterza durante il lockdown ci è mancata quella forma di scambio continuo quotidiano – anche con i nostri autori – che solo la prossimità può assicurare.

Adesso vorrei chiedervi un giudizio sulla permanenza dei cambiamenti che abbiamo osservato in questo periodo.

In particolare, ritenete che lo spostamento delle abitudini di acquisto online resterà almeno in parte nel tempo?

E come potranno attrezzarsi le librerie per far fronte alla concorrenza? Sarà necessario renderle sempre più belle e soprattutto ‘socievoli’ come ha detto il direttore della grande catena inglese Waterstones James Daunt a gennaio scorso, intervenendo alla Scuola dei librai Mauri di Venezia?

Stuart Proffitt

James Daunt è un libraio molto innovativo, che ha radicalmente trasformato le librerie dell’ultima grande catena inglese rimasta in vita. Ciò detto anche le librerie Waterstones hanno sofferto moltissimo della crisi. Le loro vendite online tra aprile e luglio sono cresciute del 25/30 % ma non in maniera sufficiente a compensare le mancate vendite del periodo precedente.

Ancora oggi la promozione dei libri avviene in buona parte attraverso i giornali con recensioni e interviste agli autori ma ciò che è cambiato sono gli incontri con l’autore , che si tengono ormai in buona parte sul web.

All’inizio pensavamo che questa forma di promozione non fosse efficace e che non avremmo venduto come avveniva normalmente con il firma copie in libreria. Ma l’esperienza fatta in questi mesi ci dice che sbagliavamo e che le persone dopo aver ascoltato le presentazioni web comprano i libri online. E adesso che il sistema si è consolidato, le presentazioni online sono arrivate a numeri che le presentazioni fisiche non avrebbero mai potuto raggiungere. Due autori le cui novità abbiamo pubblicato quest’anno – Anne Applebaum e Michael Sandel – e che hanno fatto molte presentazioni online, hanno raggiunto un pubblico molto vasto, con risultati evidenti sulle vendite dei loro libri.

Anche i festival letterari sono cambiati. Uno dei più importanti è quello di Hay on Way, a cui partecipo sempre, che negli anni aveva registrato una crescita enorme di partecipanti, fino a 250.000 persone. Ebbene quest’anno, dopo che il suo dinamico direttore lo aveva rapidamente spostato online alla fine di maggio, ha registrato ben 500.000 partecipanti!

Certo, la maggior parte dei partecipanti non paga un biglietto ma molti tra loro, dopo aver ascoltato l’autore ne compra i libri.

E credo che questa sia un’altra forma in cui i cambiamenti preesistenti subiranno una accelerazione: probabilmente avremo molti meno autori in giro per il mondo a promuovere i propri libri ma le persone si abitueranno all’idea di ascoltare un autore dal divano di casa e magari anche a pagare per questo servizio…

Nora Mercurio

In Germania come Stato federale la situazione è molto differenziata quanto alla chiusura delle librerie: ad esempio a Berlino le librerie non sono state obbligate a chiudere, in quanto la loro funzione è stata riconosciuta come essenziale mentre in altre regioni non è stato così. Per le catene il problema è che molte delle loro librerie sono ubicate in centri commerciali che sono stati chiusi, le librerie avrebbero potuto restare aperte ma i centri commerciali erano chiusi. C’è’ stato dunque un grande fenomeno di ritorno dei clienti alle loro librerie di quartiere e questo ha riguardato sia le grandi città sia le aree rurali dove c’era già un rapporto forte tra librai e lettori. Molti lettori hanno bisogno di consigli per scegliere il libro da leggere e anche se su internet posso trovare molte informazioni queste non sono comparabili alla qualità che viene da un rapporto diretto con il libraio. Come ha sottolineato anche Valeria nel suo intervento ciò che veramente conta per un lettore è ciò che non si aspetta, l’imprevisto …

Il lettore scopre un libro attraverso la passione di un libraio ma anche in tanti altri modi, ad esempio attraverso i social media o il sito web della casa editrice: questo è un terreno in cui potremo esercitare in futuro la nostra creatività.

Bruno Caillet

Anche il modo di parlare ai librai da parte degli editori sta cambiando: da due mesi a questa parte la gran parte dei nostri incontri con i librai sono fatti attraverso Internet e molto poco in presenza. Ma io non penso che questa sia una buona situazione. Secondo me Internet ha forti limiti comunicativi: in questo momento io parlo con voi attraverso un muro di vetro che rende molto meno efficace ciò che dico. Al momento siamo obbligati a farlo ma spero che presto finirà, perché parlando così a mio parere non si riesce a promuovere efficacemente un libro.

Per quanto riguarda le cose che diceva Nora sui librai, in Francia abbiamo una situazione fortunata grazie anche alla legge cosiddetta del ‘prezzo unico’ del libro che consente il mantenimento di una rete molto forte di librerie con una presenza di Amazon molto più contenuta, non superiore al 15/20%.

Così, se saremo capaci di mantenere in salute questa rete di librerie le vendite online aumenteranno anche da noi ma non con effetti così dirompenti per il mercato libraio. Aggiungo che il governo francese ha dato un aiuto molto rilevante ai librai con un investimento di circa 50 milioni di euro che cerca di compensare la perdita di fatturato che subiranno alla fine dell’anno e questo anche perché per il nostro paese il mantenimento del pluralismo nell’offerta libraia è molto importante.

Vorrei dire come Stuart che anche in Francia è importante che le grandi catene – che oltre ai libri vendono musica e video – restino forti sul mercato. E’ importante perché sono le catene che assicurano il lancio dei bestseller, così importanti per il conto economico di un editore. Oggi le FNAC hanno perso il 25% delle vendite e soffrono di una crisi molto forte nei loro negozi nel centro di Parigi o Marsiglia, il che è per noi motivo di forte preoccupazione nel prossimo futuro.

Spero che ci sarà un recupero delle catene soprattutto per le vendite di fine anno, tradizionalmente molto importanti per il mercato librario.

Giuseppe Laterza

Vorrei chiedere anche Valeria di commentare ciò che è stato detto.

Tutti noi credo vogliamo un mondo in cui prevalga la diversità, anche nei luoghi dove si possono incontrare i libri. Vogliamo librerie piccole e grandi con librai competenti – e a volte idiosincratici – e vogliamo vendite online come in tutti i luoghi che possano ospitare libri. Perché ciò che dobbiamo perseguire è la libertà di scelta del lettore e del consumatore. Anche in ciò che è imprevedibile, come ci ha detto Nora: speriamo che un lettore possa continuare a uscire da una libreria portando con sé non solo il libro che era entrato per comprare ma anche uno che ha scoperto in quel momento…

Vorrei adesso chiedervi di affrontare il tema della cultura europea. Che credo si debba basare su scambi sempre più intensi, per costruire una sempre maggiore conoscenza reciproca e solidarietà reciproca.

In questi mesi l’Europa ha attraversato un periodo molto difficile: all’inizio della pandemia sembrava che ogni paese facesse per conto suo. Non c’era collaborazione, al contrario ciascuna nazione era divisa anche al proprio interno tra regioni diversamente colpite dal virus. Ma attraverso la discussione pubblica e a volte il conflitto forte delle opinioni siamo arrivati a progettare un futuro comune.

Il Recovery Fund non rappresenta solo una grande risorsa a disposizione di tutti i paesi europei ma anche un impegno molto rilevante all’unità d’azione futura perché abbiamo creato le condizioni che potranno aprire la strada a una politica fiscale comune che l’Europa non ha mai avuto.

E una politica comune è molto difficile se non c’è una cultura comune. Il che non vuol dire che dobbiamo essere tutti uguali: anche all’interno di ciascuna nazione europea permangono forti differenze anche culturali tra diverse regioni, ma questo non ha impedito la costruzione di processi di unificazione nazionale.

Negli ultimi anni le traduzioni di libri nelle diverse lingue europee è certamente aumentata – e Nora potrà confermarcelo – ma ancora le classifiche dei bestseller sono prevalentemente nazionali, seppur con notevoli eccezioni come i libri di Elena Ferrante.

Credo che noi editori possiamo fare molto per migliorare l’integrazione culturale anche con l’aiuto dei diversi media, il cui ruolo essenziale è stato giustamente sottolineato sia Nora. Che ne pensi Valeria?

Valeria Ciompi

Ci fai una domanda assai difficile! Credo che Nora ci ha fornito lo slogan migliore: teniamoci aperti all’imprevisto!

Vorrei tornare un attimo su Amazon: in questi mesi è cresciuto molto, ma non si è assunto molti rischi e si è dimostrato incapace di tenere uno stock di libri sufficiente, almeno questa è la nostra esperienza. Dobbiamo fare tutto il possibile per aiutare i librai. In Spagna abbiamo avuto iniziative bellissime delle librerie, ad esempio a Madrid, quando le persone non potevano entrare nelle librerie abbiamo sperimentato firma copie in strada: Almudena Grandes ha firmato centinaia di copie su un piccolo tavolo in una strada della città di fronte a una lunghissima fila di persone che manteneva la distanza di sicurezza.

Anche da noi i centri delle città sono vuoti e questo anche per colpa nostra che li abbiamo trasformati in luoghi turistici, cosicché oggi il centro di Madrid è morto. Dovremmo riflettere sul fatto che un tempo nel centro delle città c’erano tanti negozi artigianali e caffè e ristoranti e luoghi di socialità per i cittadini e adesso ci sono solo negozi di souvenir o di catena vuoti.

Quanto alla cultura europea mi dispiace dover dire che il lockdown ha dato molto più spazio agli autori locali. L’impossibilità di viaggiare ha reso infatti molto più difficile promuovere libri stranieri anche negli incontri online vista, anche la barriera  linguistica.

Cosa possiamo fare per rafforzare la cultura europea?

Noi ad Alianza traduciamo parecchio ma le traduzioni sono sempre più costose e difficili. Certo possiamo progettare insieme ad altri editori europei alcuni libri e lanciarli contemporaneamente ma anche questo non è affatto facile e temo che con la crisi ciascuno di noi sarà portato a concentrarsi di più sul proprio paese…

Bruno Caillet

Forse sono un po’ ingenuo ma ho l’impressione che una cultura europea esista già. Se penso al numero di libri europei che circolano in Francia e che ottengono anche prestigiosi premi mi sembra che una cultura europea esista e sia forte. E questo si vede anche nel modo in cui sono organizzate le librerie con largo spazio alle traduzioni e nei programmi editoriali degli editori francesi che mi sembra danno sempre più spazio alla produzione europea. So che per gli autori francesi non è sempre facile essere pubblicati in lingua inglese o in altri paesi e mi dispiace. D’altra parte mi sembra che la Francia sia un paese dove gli autori europei hanno una buona possibilità di essere tradotti e pubblicati.

Giuseppe Laterza

Grazie Bruno mi sembra che quello che hai detto è complementare a ciò che ha detto Valeria. Naturalmente una cultura europea già esiste: il problema è se possiamo e dobbiamo rafforzarla ulteriormente come strumento essenziale per accrescere la comprensione e la solidarietà tra europei. Credo che su questo punto Nora possa darci una prospettiva molto importante che è quella di chi si occupa delle traduzioni e della compravendita dei diritti.

Nora Mercurio

Prima di tutto vorrei dire che forse non sono così d’accordo con quello che hai detto all’inizio sulla necessità di una cultura europea comune. Piuttosto penso che abbiamo bisogno di una curiosità comune rivolta anche alle culture intorno a noi. Quello che veramente mi piacerebbe vedere è un’apertura mentale verso gli americani, gli asiatici e altri popoli del mondo che sono interessati a conoscere l’Europa e d’altra parte vorrei vedere una politica europea che rispondesse a questa curiosità con fondi che favoriscano e accrescano la compravendita dei diritti.

Uno degli strumenti più potenti che abbiamo per costruire ponti con le altre culture sono stati i contributi alla traduzione Se Suhrkamp riesce a vendere i diritti di Habermas in molti paesi, le persone di questi paesi probabilmente capiranno il pensiero di un filosofo che ha dato forma alla cultura tedesca e dunque capiranno anche il modo di pensare dei tedeschi. E questo penso che valga per tutti i nostri scrittori, filosofi, sociologi: come ha detto Bruno sia la Germania sia la Francia acquistano molti diritti e pubblicano autori di tutto il mondo, più di quanto mi sembra facciano gli italiani piuttosto che gli spagnoli, gli americani e gli inglesi. In Germania mi sembra che compriamo molto più di quanto vendiamo diritti tedeschi.

Di conseguenza, i tedeschi mi sembra che oggi sappiano più di quanto succede nel mondo di quanto gli altri sappiano della Germania.

Forse in particolare in America si traduce poco dall’estero e dunque si sa anche poco, certamente meno che in Inghilterra.

Pensando al Recovery Fund, ci dovrebbero essere fondi maggiori per le traduzioni per avere una migliore comprensione reciproca non solo all’interno dell’Europa ma anche tra quella europea e le altre culture. Per fare solo un esempio, quest’anno abbiamo pubblicato con successo per la prima volta l’opera di un filosofo cinese vivente e questo pur avendo Suhrkamp un grande catalogo di filosofia. Sono sicura che ci sono molti altri filosofi cinesi interessanti che potremmo pubblicare se avessimo un contributo alla traduzione ….

Giuseppe Laterza

Grazie Nora, mi sembra che hai indicato un punto essenziale e molto concreto su cui editori come noi dovrebbero mobilitarsi: la richiesta di aumentare i fondi per la traduzione. In Italia i fondi per la traduzione sono sempre stati esigui e hanno costretto gli editori a pratiche infinite senza neppure avere sempre chiari i criteri di assegnazione. Vorrei chiudere questa nostra conversazione con Stuart Proffitt, ringraziandolo per le parole gentili che ha avuto nei nostri confronti. Mi fa molto piacere che abbia ricordato l’impegno di Laterza sul fronte europeo: da molti anni la casa editrice è impegnata nella traduzione di tanti autori importanti, da Habermas a Hobsbawm da Duby a Bauman, solo per citarne alcuni. Negli anni ‘80 abbiamo iniziato ad affiancare alle traduzioni anche coedizioni con diversi editori europei. Tra queste ricordo in particolare la Storia delle donne che negli anni Novanta commissionammo a due grandi storici francesi, Georges Duby e Michelle Perrot, vendendone poi i diritti in tutto il mondo. E a proposito di quello che ha detto Nora sulla Cina ricordo che quando uscì l’edizione cinese della Storia delle donne, dissi al mio collega di quel paese che ero stupito che volesse proporre ai suoi lettori una storia delle donne occidentali. Lui mi rispose che non dovevo stupirmi, dato che i cinesi conoscono bene la nostra storia … mentre noi ignoriamo quasi del tutto la loro!

La coedizione più impegnativa e anche la più significativa tra tutte è stata la collana “Fare l’Europa”, che abbiamo promosso con altri 4 editori europei e che è stata diretta da un grande storico europeo come Jacques Le Goff, poi tradotta in molti paesi anche fuori dell’Europa. Una collana in cui tutti i volumi erano progettati insieme e pubblicati in contemporanea nei cinque paesi: ricordo come una delle più belle esperienze professionali della mia vita gli incontri che facevamo proprio a Francoforte nella sede della casa editrice Beck e poi a primavera a Parigi, Oxford, Barcellona e Roma per discutere a quale autore nel mondo affidare un certo tema, come se fossimo veramente un’unica casa editrice europea.

L’ultima impresa innovativa che abbiamo messo in campo è stata la rivista web “Eutopia”, anche questa realizzata insieme a tre editori europei e questa volta anche in collaborazione con tre prestigiose università come la London School of Economics, Sciences Po di Parigi, e Wissenschaft di Berlin. Anche in questo caso volevamo costruire un network intellettuale per discutere delle grandi questioni dell’Europa, dall’immigrazione all’ambiente, dai temi politici e istituzionali, all’integrazione economica e culturale. E ricordo che all’inizio eravamo un po’ scettici sulla possibilità di arruolare autori prestigiosi, non potendo dare loro alcun compenso, visto che la rivista stessa era gratuita. E invece tutti gli autori – veramente tutti – senza eccezione – ci risposero positivamente scrivendo diversi articoli di riflessione sul presente e sul futuro dell’Europa. Naturalmente non avevamo alcuna pretesa di arrivare ad avere le stesse idee, ma quella – comunque ambiziosa – di conoscere le idee diverse e comprenderle, che è già un modo di arricchirsi. Vorrei chiedere adesso a Stuart Proffitt di concludere la nostra conversazione.

Stuart Proffitt

Grazie Giuseppe. Prima di rispondere alla tua domanda vorrei tornare a quanto detto da Bruno a proposito delle nuove modalità di vendita e sul fatto che i meeting virtuali non sono efficaci quanto quelli in presenza.

Non abbiamo parlato molto del modo di lavorare interno alle nostre case editrici ma quello che ha detto Bruno mi sembra si possa applicare più in generale a questo aspetto. Con il web tutto prende più tempo. Le nostre antiche case editrici vivono per così dire di capitale creativo, un capitale che si costruisce attraverso lo scambio continuo tra colleghi e che certamente ci ha sostenuto in questi mesi difficili. Perché questo venga alimentato anche in futuro è importante che possiamo presto ritornare agli incontri anche in persona perché nulla può veramente sostituirli. Sia all’interno delle case editrici sia tra editori di diversi paesi.

Venendo alla cultura europea, mi viene in mente la famosa frase di Massimo d’Azeglio dopo il Risorgimento per cui “Fatta l’Italia ora dobbiamo fare gli italiani”. Se capisco bene la storia italiana degli ultimi 150 anni, il processo di costruzione degli italiani è ancora in corso: l’Italia è ancora un paese di regioni assai divere, così come lo è la Germania. Questo mi fa pensare che anche fare gli “europei” prenderà qualche tempo, magari anche molto tempo…

Un processo del genere richiede una leadership forte, culturale e politica, che mi sembra al momento manchi nella maggior parte dei nostri paesi, forse con l’eccezione della Germania. Ma vorrei anche ricordare un’altra frase a cui spesso penso. La frase di un grande giornalista, lessicografo e uomo di lettere inglese, Samuel Johnson, che una volta disse che la principale gloria di ogni popolo deriva dai propri autori.

Credo che la cosa più importante per tutti noi sia di mantenere la fiducia nel potere della letteratura e delle parole continuando a pensare che possiamo diffondere l’una e le altre, continuando ad incontrarci e scambiare idee, e come Nora ha detto qualche momento fa, mantenere alta la nostra curiosità reciproca. E la convinzione che i libri possono cambiarci la vita, nel modo in cui ciascuno di noi ha fatto esperienza è che è il motivo per cui facciamo il nostro lavoro.

Vorrei dunque in conclusione ringraziarti ancora una volta Giuseppe per averci riuniti: è proprio il continuo scambio di idee che credo potrà essere per ciascuno di noi il maggior sostegno in tempi difficili come questo.

Giuseppe Laterza

Credo che non potevamo concludere meglio il nostro incontro che con queste parole di Stuart. Zygmunt Bauman che ho citato poco fa e che ha scritto molto sull’Europa pensava proprio questo: che l’Europa si fonda sull’apertura alle diversità, l’attenzione agli altri. L’Europa è un luogo privilegiato di tutti gli scambi commerciali, come quelli culturali: un luogo di conflitti certamente ma anche di reciproco e continuo arricchimento. Quello che ha detto Stuart credo che sia essenziale per tutti noi: la fiducia nel potere delle idee, nella loro capacità di cambiare il mondo.

Grazie ancora a tutti per il contributo veramente prezioso che avete portato alla nostra discussione in cui mi pare che abbiamo evidenziato in maniera interessante molte cose che ci distinguono ma anche molte che ci accomunano in questa transizione culturale oltre che politica ed economica. Tanto che mi viene il dubbio che qualche volta sul web si possa dialogare quasi meglio che in presenza …

Speriamo di rivederci presto a Francoforte, ma prima ancora a Berlino, a Londra, a Parigi, a Madrid e naturalmente a Bari e a Roma …