Legenda. Libri per leggere il presente

17-23 luglio luglio 2021: la settimana in libri

Legenda è una piccola rassegna stampa, uno sguardo rapido ai fatti che hanno scandito la settimana e un invito a leggere il presente togliendo il piede dall’acceleratore.

Legenda è un tentativo di legare il mondo che corre alle parole che aiutano a capirlo.

 

Carcere. La ministra della Giustizia Cartabia ha riferito alla Camera sulle violenze subite dai detenuti nel carcere di Santa Maria Capua Vetere. Ha invitato a riflettere sulle cause profonde che hanno portato a “un uso così smisurato e insensato della forza”. “Fatti di questa portata sono spie di qualcosa che non va e che richiede azioni ampie e di lungo periodo perché non accadano mai più”.

→ Bortolato – Vigna, Vendetta pubblica

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Via D’Amelio.  Il 19 luglio di ventinove anni fa Paolo Borsellino perdeva la vita in un attentato a via D’Amelio, Palermo, insieme agli agenti della sua scorta Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.

→ Melati, Giorni di mafia

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Genova, 2001-2021.  A vent’anni dal G8 di Genova, lo ricordiamo con le parole di Simone Pieranni, che ne ha scritto nel suo Genova macaia:

«Io quello che è successo nel 2001 dentro quella caserma l’ho dovuto raccontare, riportare. È sui processi del G8 genovese, infatti, che ho cominciato a scrivere su un quotidiano nazionale. È da quella serie di eventi posteriori al G8 che ha preso forma la mia vita e la mia immagine di Genova. Non più trasognata da una nave, come si è fatto nel passato quando era Genua. Non più e non solo dalla Sopraelevata, amante odiata, mentre andavo in centro in auto. Non più e non solo dal centro storico e via Balbi, la via dell’università, e dunque dai luoghi più percorsi della città quando studiavo. Ma da quei posti (vie sconosciute che improvvisamente diventano dirimenti per la «giustizia») che hanno finito per segnare un’epoca su cui tutti più o meno si sono espressi. Un ricordo «generazionale» che sembra proprio come Genova, la città: alla portata apparente di tutti, ma allo stesso tempo inafferrabile. È nel 2001, infatti, che me ne sono andato da Genova. E cinque anni dopo, nel 2006, la fuga ha preso contorni intercontinentali: quando sono arrivate le sentenze di primo grado dei processi che seguivo, mi sono ritrovato in Cina. In Oriente ho vissuto otto anni provando a fare il giornalista e provando a dimenticare Genova, tanto quella della mia infanzia quanto, e soprattutto, quella più recente. E ho pensato a te, a tutto quello che avrei dovuto raccontarti prima e a tutto quanto avrei potuto raccontarti da lì in avanti, se solo ci fosse stata occasione. Quante volte me l’hai raccontata la sfuggevolezza della nostra città che si ripercuote sull’animo dei suoi abitanti? La Cina da lì a poco mi avrebbe insegnato che il segreto non è saper prevedere il futuro, ma farsi sempre trovare pronto.

Sulla caserma ho affrontato in tribunale gli sguardi degli imputati, di tutti gli imputati, compresi gli sguardi dei «colleghi». Lo sguardo poco rassicurante di chi sa che certe cose non verranno dimenticate. E ho sentito e letto di tutto. E poi dovevo scriverne. Vivevo a Milano, fino alla mia partenza per la Cina, e facevo il pendolare al contrario: tutte le mattine alle 7.10 prendevo il treno. Alle 8.50 arrivavo a Genova, alla stazione Principe. Scendevo, tempo di immettermi in via Balbi e la prima focaccia arrivava secca sullo stomaco. Focaccia con le cipolle e cappuccino, se si pensava di avere tempo perché l’udienza iniziava più tardi. Dopo il G8, quando mi è capitato di dire «sono di Bolzaneto», ho sempre visto un impercettibile movimento delle labbra e degli occhi nel mio interlocutore. È un lampo nell’animo, un ricordo tagliente; che uno sia stato a Genova o meno in quei giorni del 2001, Bolzaneto è quella roba lì: una ferita comune, un’offesa comune.»

→  Pieranni, Genova macaia

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Un giornalista quasi perfetto.  È morto a 70 anni David Randall, giornalista britannico, impegnato soprattutto con l’Observer e l’Independent. Giovanni De Mauro lo ricorda così su Internazionale:

«Randall era uno straordinario giornalista, un uomo di “macchina”, come si dice in gergo, di quelli che dietro le quinte mandano avanti intere redazioni. Ma le sue doti si estendevano alla scrittura, sempre brillante e asciutta.
Poi era un teorico dei mezzi d’informazione: ragionava molto, e spesso in modo critico, sul suo mestiere. Ha scritto un libro fondamentale, Il giornalista quasi perfetto, tradotto in Italia da Laterza, un testo che chiunque abbia voglia di fare il cronista dovrebbe leggere.
Le sue riflessioni non si esaurivano negli articoli o nei saggi. Perché Randall era anche un bravo insegnante. Nel corso degli anni aveva tenuto lezioni in giro per il mondo e le tante persone che hanno avuto la fortuna di seguire uno dei suoi workshop al festival di Internazionale a Ferrara ricordano quanto fosse acuto e divertente.
Randall, infine, è stato un mentore, un consigliere, una guida generosa per generazioni di giornalisti, britannici e non solo. Era a lui che ci si rivolgeva per un parere su un nuovo progetto o per un suggerimento professionale. Aveva una rara sensibilità, era curioso, ascoltava i suoi interlocutori con attenzione e sapeva sempre trovare le parole giuste, utili, mai banali.
John Mullin, del Telegraph, lo ha ricordato così: “Non c’è giornale al mondo che con lui non sarebbe stato migliore”.»

→  Randall, Il giornalista quasi perfetto

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Luglio rovente.  «Quella di cui godevo in quei giorni afosi, camminando sui larghi marciapiedi di viale Manzoni e di via Merulana al riparo del fogliame dei platani, era indubbiamente una felicità partorita da un’illusione: l’illusione di un piccolo numero di strade e incroci capace di suggerirmi la sensazione, razionalmente insana, che esistesse per me, come per chiunque altro, un luogo capace di farmi sentire a casa, qualunque disastro fosse in corso o mi pendesse sulla testa…». Di nuovo in libreria e negli store online Senza verso, di Emanuele Trevi.

→  Trevi, Senza verso