Sovrano di Norvegia fra il 1103 e il 1130, salpò da Bergen nel 1107 alla volta della Terrasanta riconquistata
Antonio Musarra | tuttolibri | 3 aprile 2021
«Che cos’è il Mediterraneo? Mille cose insieme. Non un paesaggio, ma innumerevoli paesaggi. Non un mare, ma un susseguirsi di mari. Non una civiltà, ma una serie di civiltà accatastate le une sulle altre». Le parole di Fernand Braudel hanno un suono tremendamente familiare. Noi, gente mediterranea – d’un Mediterraneo che s’insinua a fondo nell’interno –; noi che amiamo il sole, il mare ma anche le montagne; noi, che di mediterraneo abbiam pure la dieta: noi s’è, senz’altro, consapevoli (o, almeno, c’è d’augurarselo) di quanto il mare nostrum sia stato, nei millenni, un crocevia di popoli e culture. Ciò vale, a maggior ragione, per il Mediterraneo medievale: un mare plurale, parcellizzato in una miriade d’isole sociali, culturali ed economiche, strettamente connesse tra loro, interessate da interazioni frequenti e da lenti fenomeni d’acculturazione. Un mare che abbiamo imparato a conoscere grazie al moltiplicarsi degli studi, che ne hanno sottolineato la vitalità – a scapito di stanche visioni tese a propinarci l’idea d’un Medioevo terrigeno, chiuso in sé stesso –; e, nonostante ciò, un mare che non smette di stupire.
Esiste, infatti, un Mediterraneo ulteriore. Un Mediterraneo che non t’aspetti. Un «Mediterraneo nordico», se vogliamo, sovente ignorato ma altrettanto importante. A questo Mediterraneo, Francesco d’Angelo – tra i maggiori esperti dell’universo scandinavo medievale – ha dedicato un libro recente, edito per Laterza: Il primo re crociato. La spedizione di Sigurd in Terrasanta.
Una vicenda singolare, quella di Sigurðr Magnússon, re di Norvegia fra il 1103 e il 1130. Salpato da Bergen nel 1107, questi compì un vero e proprio periplo del mondo conosciuto, seguendo la rotta atlantica sino in Galizia per poi oltrepassare le Colonne d’Ercole e toccare in successione le Baleari e la Sicilia, prima di volgersi verso Gerusalemme: primo sovrano cristiano a giungervi dopo la conquista cristiana, il 15 luglio del 1099, nel corso di quella che siamo soliti definire «prima crociata».
Certo, la presenza nordica nel Mediterraneo non era una novità, montando a un paio di secoli addietro. Così come non lo era la presenza di Nordmaenner, «uomini del nord», in Terrasanta, di cui si ha notizia per il secolo precedente; in particolare, per qualche membro della celebre Guardia variaga, di stanza a Bisanzio, cui non era estranea la pratica di raggiungere la Città Santa a conclusione del proprio servizio. Ma si pensi, altresì, al pellegrinaggio dell’«apostolo dell’Islanda», Thorvald Kodransson, spintovisi – pare – nel 992. Non solo: la memoria stessa degli uomini del Nord avrebbe legato strettamente le vite di alcuni sovrani all’Oriente cristiano. È il caso di Olaf I Tryggvason (995-1000), la cui tomba – si diceva – si trovava a Gerusalemme, di Olaf II Haraldson (1015-1128), due volte pellegrino, o, ancora, di Harald III (1047-1066), partito attorno al 1034. Siamo di fronte a viaggi immaginari, che dicono molto, però, della centralità del luogo nell’ambito della progressiva alfabetizzazione cristiana dei popoli settentrionali.
Il viaggio-pellegrinaggio di Sigurðr – vero e proprio «eroe tra due mondi» – risalta per la propria peculiarità, oltre che per essere narrato con dovizia di particolari. Che D’Angelo maneggia con maestria, mostrando il modo in cui questi fosse andato guadagnandosi l’appellativo «Jórsalafari»: colui che ha viaggiato a Gerusalemme. La circostanza sottolinea una volta di più il valore periodizzante della «prima crociata». La presa di Gerusalemme richiamò a sé pellegrini e viaggiatori da tutta la Cristianità, compresa quella nordica, imprimendosi nelle coscienze. È il caso di Sigurðr; ma è anche il caso dell’anglosassone Saewulf, la cui Relatio de situ Ierusalem costituisce il primo resoconto di pellegrinaggio redatto all’indomani della conquista, o dell’islandese Nikúlas Bergsson, probabile autore del Leiðarvísir ok borga-skipan («Guida e lista delle città»), risalente alla metà del secolo. Certo, la vicenda di Sigurðr «Jórsalafari» riveste un ruolo di primo piano, vista la dignità regale del nostro. Non a caso, questi fu accolto favorevolmente sia dal primo re di Gerusalemme, Baldovino I (1100-1118), sia da Alessio Comneno (1081-1118), imperatore di Costantinopoli, incontrato nel corso del viaggio di ritorno, al quale pare avesse donato il dragone ligneo ricoperto di bronzo dorato che decorava la propria nave. E ciò, prima di rientrare a casa – per via di terra, attraverso i territori bulgari, ungheresi, germanici e danesi –, dove sarebbe giunto, in gloria, nel 1111. Siamo di fronte, dunque, a una vicenda singolare, ricostruita nei particolari, capace d’allargare – per così dire – la nostra «ragione mediterranea», narrata in un libro accurato, denso d’informazioni e di piacevolissima lettura. Storia di viaggi e di fede. Storia di mare e di guerre. Storia di contaminazioni. Storia d’un re venuto dal nord, desideroso di mettere piede in Terrasanta per venerare il Sepolcro di Cristo.
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