«Diritto o barbarie. Il costituzionalismo moderno al bivio» di Gaetano Azzariti, pubblicato da Laterza
Alessandra Algostino | il manifesto | 11 giugno 2021
Il mondo è preda di poteri selvaggi, che fagocitano la rappresentanza e le istituzioni, frantumano e plasmano la società, liquidano i diritti: la barbarie è una minaccia che incombe.
Gaetano Azzariti, in Diritto o barbarie. Il costituzionalismo moderno al bivio (Laterza), scava nelle cause profonde del naufragio del tempo presente, alla ricerca di una rotta che proietti la società verso un futuro che abbia al centro la dignità della persona.
In un percorso intenso, che si rivolge alle anime inquiete», che avvertono il malessere della società, retrocede alle radici per trovare una via per cambiare lo stato delle cose, per contrastare lo «sviluppo disumanizzato» dominante.
La ricerca delle ragioni della crisi si coniuga, prospettando un futuro possibile, con la consapevolezza, ancorata ad una concezione materialistica, che nulla è predeterminato, sulla scia dell’interpretazione storica di Vico, della sua ciclicità non lineare: si può arrestare la corsa verso la barbarie, così come precipitare nel «ricorso». La storia è l’esito dell’azione di persone concrete, in un’accezione dialettica, che si fonda sul conflitto, sull’antagonismo tra le forze sociali, dove il soggetto della trasformazione è l’oppresso che lotta per la propria «degnità» (Vico), in una prospettiva che guarda alle forze materiali, a «come e per quali ceti sociali si governa».
Lo smarrimento che attraversa l’epoca attuale è tratteggiato con un realismo demistificante, che prende le distane sia da un irenico idealismo sia da un arreso nichilismo, nell’ottica di una comprensione che non semplifichi e non riduca artificialmente la complessità. Il malessere del presente è analizzato con le armi di un costituzionalismo critico e immerso nelle vicende umane ed è ricostruito come processo, come rivoluzione passiva, che prende l’avvio dalla svolta neoliberista degli anni Ottanta, sancita, nel 1992, a livello europeo, dal «paradigma Maastricht».
L’immagine che ne risulta è dominata dal vuoto: il legame sociale è allentato, il popolo si è tramutato in un «corpo sociale invertebrato», la solidarietà è scomparsa, gli individui sono spaesati, i partiti hanno perso radicamento sociale e capacità rappresentativa, la Costituzione è sospesa e svalorizzata.
Non è un vuoto neutro, ma segnato dall’adozione di una razionalità, fondata sullo scambio, che si inserisce nell’eterna lotta tra classi e si contraddistingue per la sostituzione dell’eguaglianza con la competizione, del popolo con una moltitudine dispersa, del lavoro come strumento di trasformazione sociale con l’egemonia del finanzcapitalismo. È un cambio di paradigma, con i suoi assi nella «sublimazione del mercato» e nella «sterilizzazione della politica», che travolge i partiti e la rappresentanza: i primi abbandonano il compito di dare voce al popolo, nella sua pluralità, e ripiegano su una autoreferenzialità che trae legittimità dalla «tecnica»; la seconda si trasforma in mero strumento di gestione del potere. Non solo: come è argomentato nella seconda parte del volume, dedicata all’Europa, la rivoluzione passiva neoliberista invade lo spazio europeo, ponendo fine al fragile sogno di un’Europa politica e sociale.
A mutare è il senso stesso del diritto, che si avvita su se stesso, diviene astratto, «senza società», ovvero senza legame con forze sociali concrete, consegnato all’impotenza: considerazioni che, come precisa l’Autore, si riferiscono in modo particolare al diritto costituzionale. A rischiare l’estinzione – si può annotare – non è il diritto in sé: imperversa, infatti, il diritto liquido, postmoderno, à la carte, legato, e asservito, a soggetti reali, al côté del neoliberismo; a perdere il legame con la base materiale è la tradizione giuridica del costituzionalismo moderno, del diritto teso all’eguaglianza e alla giustizia. Le Costituzioni e la loro forza prescrittiva dipendono dalla condivisione sociale e politica, ove essa venga erosa ad entrare in crisi sono le ragioni profonde del costituzionalismo.
Dal fondo della crisi, tuttavia, si può risalire, evitando la caduta nella barbarie: la critica del presente e la comprensione dei processi dai quali esso deriva sono il primo passo per provare a cambiare. Il futuro possibile, per Gaetano Azzariti, si situa ancora nell’orizzonte del costituzionalismo moderno, a partire dai suoi principi fondativi, liberté, égalité, fraternité, dal modello dell’homo dignus, dalla centralità della persona come homme situé. La via della Costituzione, mescolando la spinta propulsiva della fantasia e la materialità delle trasforma[1]zioni sociali, appare come una «utopia concreta»; essa – può aggiungersi – traduce, in un dato contesto storico, il motore che anima la storia, l’eterno conflitto intorno all’uguaglianza.
Imprescindibile, quindi – Gaetano Azzariti lo evidenzia con forza ed è un fil rouge che percorre le tre parti del volume – è la costruzione di un soggetto storico reale: un popolo, consapevole e determinato, organizzato in forme politiche, che lotti per «un progetto di emancipazione e liberazione». Diritto o barbarie, concludendo, è un libro che assolve alla responsabilità che l’autore affida agli studiosi: contribuire a formare coscienza critica e consapevolezza; è un tentativo – riuscito – di comprendere e insieme anche, gramscianamente, di sentire.
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