La mitologia dei muratori

La storia mondiale della Massoneria secondo John Dickie

Intorno alla Massoneria aleggia da sempre un’aura di mistero e di sospetto. Ma chi sono i massoni? Membri di una confraternita dedita alla filantropia e all’etica o una società segreta complice dei peggiori misfatti? I massoni hanno veramente architettato, tra l’altro, la Rivoluzione francese, la Rivoluzione russa e le trame oscure della nostra storia repubblicana? Ne I liberi muratori, John Dickie ricostruisce con una prosa avvincente il lato oscuro della modernità.

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G sta per…

I simboli principali usati dai massoni nei loro rituali – i grembiuli e le colonne, le squadre e le cazzuole – derivano dalla professione del muratore. I massoni credono che queste cose, oltre ad avere un significato morale, raccontino la storia di una confraternita che affonda le sue origini nella vita degli artigiani medievali. La storia presentata in innumerevoli guide alla Massoneria è che sarebbe nata dalle corporazioni dei muratori medievali. Il termine craft, usato spesso come sinonimo di Massoneria in inglese, significa appunto «corporazione», «gilda». I massoni trovano affascinante l’idea di essere i diretti discendenti dei muratori medievali, perché li collega ai costruttori delle grandi cattedrali, come quella di Salisbury, di Lincoln e di York: è una cosa che fa molto Merry England. Quando però si è trattato di dimostrare concretamente in che modo le corporazioni medievali si fossero evolute nelle logge massoniche, gli storici massoni si sono trovati di fronte a difficoltà insormontabili, perché la realtà è che i muratori medievali non erano particolarmente bravi a costituire corporazioni. Nell’Inghilterra del XIV e XV secolo quasi ogni mestiere rispettabile, in ogni città, aveva una sua gilda: i macellai avevano una gilda, i fornai avevano una gilda, i candelai avevano una gilda. Qualunque mestiere dei tempi andati, anche il più singolare, aveva una sua corporazione consolidata: ciabattini e maniscalchi, bottai e conciatori… Ogni mestiere, insomma, tranne i muratori.

Il motivo è che non c’era abbastanza lavoro. La maggior parte degli edifici, nell’Inghilterra medievale, non era costruita in pietra, ma con un ignobile miscuglio di ramoscelli, paglia, argilla e sterco. La domanda dei servizi che avevano da offrire i muratori non era neanche lontanamente paragonabile a quella dei falegnami e dei fabbricanti di tetti di paglia. Il risultato è che nella maggior parte delle città non c’erano abbastanza muratori neanche per organizzare una partita a dadi come si deve, figuriamoci una gilda. Quando erano organizzati in una gilda, di solito era in comune con altri lavoratori dell’edilizia, in particolare i carpentieri.

I muratori conducevano una vita girovaga, trascinati di qua e di là dal loro lavoro: si riunivano solo in quei luoghi e momenti rari in cui c’era un ponte di pietra o una casa in pietra da costruire. In molti casi, la linea di demarcazione fra un muratore e un normale manovale non era così netta. Quando bisognava costruire qualcosa di grosso – un castello, un’abbazia, una cattedrale – i muratori venivano reclutati in gran numero anche in posti lontani. Spesso e volentieri non potevano rifiutarsi, perché venivano assunti d’imperio (empressment, era chiamato). Erano ai comandi di un mastro muratore (master mason), assunto dal re o dal vescovo. Anche questa élite di mastri muratori girava di città in città, ma individualmente avevano un grande potere, cosa che rendeva impossibile, per una gilda convenzionale, rappresentare sia loro che la massa della forza lavoro.

Il fatto incontrovertibile è che fra i tanti artigiani del Medioevo inglese, l’ipotesi che i muratori potessero aver creato una corporazione capace di sopravvivere nei secoli e trasformarsi in una confraternita come la Massoneria è la meno probabile in assoluto. Per generazioni, gli storici massoni hanno tentato senza successo di dimostrare l’esistenza di un collegamento fra quelli che chiamano muratori operativi, uomini con scalpelli e piombini, muscoli e calli, e gli odierni liberi muratori speculativi, uomini i cui strumenti hanno un significato filosofico, più che un uso pratico.

Se non sono le corporazioni medievali l’anello di congiunzione fra muratori operativi e liberi muratori speculativi, qual è? Qualche minuscolo passo avanti possiamo farlo andando a guardare non la realtà della vita lavorativa dei muratori medievali, ma il loro folclore, di cui la Massoneria successivamente ha integrato alcuni elementi.

La vita collettiva di tutti i mestieri medievali era ricca di normative, rituali e miti. C’erano riti di passaggio a cui bisognava sottoporsi. C’erano giuramenti solenni e spaventosi, finalizzati a proteggere i segreti del mestiere e rafforzare la solidarietà. C’erano leggi e parole d’ordine da memorizzare, che avevano lo scopo, fra le altre cose, di stanare gli impostori che si presentavano ai cancelli della città cercando lavoro. C’erano banchetti celebrativi nei giorni di festa. C’erano anche favole: i calzolai, che fabbricavano calzature di lusso, credevano che le ossa di Sant’Ugo, il loro santo patrono, dopo il suo martirio fossero state trasformate in utensili per la fabbricazione delle scarpe.

I muratori, in tutta la Gran Bretagna, compensavano la debolezza della loro organizzazione corporativa con una riserva particolarmente ricca di regole, simboli e miti. Conosciuto con il nome di «Antichi doveri» (Old Charges), questo folclore dell’arte muratoria veniva memorizzato e trasmesso di bocca in bocca. Essendo la memoria umana fallace, il contenuto variava notevolmente, con frammenti aggiunti e rimossi, alterati e dimenticati. Di tanto in tanto, una versione degli Antichi doveri veniva trascritta. Il primo testo a essere sopravvissuto a questo processo aleatorio è in versi, per rendere un po’ più facile memorizzare le sue 826 righe: i massoni di tutto il mondo lo conoscono con il nome di Poema Regius. Non si sa con certezza quando e dove sia stato scritto: probabilmente nello Shropshire (una contea tra Birmingham e il Galles) e forse nel 1430.

Le regole enumerate dagli Antichi doveri sono tutte cose standard per gli artigiani medievali. Si va da raccomandazioni generiche sul galateo (non imprecare in chiesa, non soffiarsi il naso con la tovaglia) a regole specificamente finalizzate a regolamentare la vita lavorativa dei muratori, come il dovere per un mastro muratore di pagare equamente i suoi uomini e salvaguardare la qualità del lavoro. Ma il vero tratto distintivo di questi Antichi doveri, che ci mette sulle tracce di quella che sarebbe diventata la Massoneria, è la mitologia dei muratori, la storia di un’arte nata agli albori dei tempi e trasmessa attraverso le epoche da grandi muratori.

Le dramatis personae della storia sono pescate da una lotteria di fonti: sapienti della Grecia antica fianco a fianco con vecchi saggi della Genesi e del Libro dei re. In questo ricco consesso ci sono alcune personalità che contano più di altre, perché successivamente sarebbero state incorporate alle leggende della Massoneria. Una di queste è Ermete Trismegisto, un sapiente che dopo il Diluvio Universale riscoprì le regole geometriche dell’arte muratoria, che i muratori antidiluviani si erano premurati di incidere su due colonne di pietra. Euclide, il matematico greco, è il prossimo grande muratore dell’elenco, perché fu lui a insegnare agli antichi egizi tutte le nozioni sulla lavorazione della pietra, da cui le piramidi. Poi viene Salomone, che impiegò quarantamila muratori per costruire il suo Tempio, summa dell’arte e delle conoscenze edili. Il suo capomastro era di Tiro; in versioni successive degli Antichi doveri venne chiamato Hiram Abiff, lo stesso Hiram Abiff che si è poi guadagnato un ruolo da protagonista nel rituale del terzo grado massonico.

C’è grandiosità nella mitologia dei muratori: un gruppo eterogeneo di artigiani che si attribuisce un lignaggio antico e potente come quello di una dinastia reale. Erano molto pretenziosi anche sul piano intellettuale. Gli Antichi doveri associano l’arte muratoria con la scienza geometrica: per questo Euclide, il matematico della Grecia antica conosciuto come il «padre della geometria», rivestiva un ruolo importante. I muratori ritenevano che l’arte muratoria e la geometria fossero la stessa cosa: e la geometria era una scienza molto prestigiosa. Insieme alla grammatica e alla logica, alla retorica e all’aritmetica, alla musica e all’astronomia, era un elemento centrale dei programmi di insegnamento delle università medievali. Gli Antichi doveri sostenevano addirittura che la geometria/arte muratoria era la più prestigiosa di tutte le discipline del sapere umano. Ancora oggi i massoni venerano la geometria come metafora dell’ordine fondamentale dell’universo. La lettera G maiuscola, che figura spesso insieme alla squadra e al compasso nelle insegne massoniche, sta sia per geometria che per God, Dio.

Con tutto questo, siamo ancora ben lontani dallo stabilire un legame storico reale fra gli Antichi doveri e la Massoneria. (Più in là di così gli storici massoni non sono riusciti ad andare nei loro sforzi per collegare i tagliapietre dell’Inghilterra medievale con i liberi muratori odierni.)

Dopo secoli di mistificazioni (di cui i principali responsabili sono i massoni del XVIII secolo, come vedremo), un resoconto convincente sulle origini della Massoneria è venuto fuori solo in tempi recenti: la svolta decisiva arrivò con uno studio pubblicato nel 1988. Oggi abbiamo capito che le radici della Massoneria non sono medievali, ma risalgono al periodo in cui il mondo medievale andò in pezzi e nacque la modernità.

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