È scomparso Enrico Berti, sommo esperto di Aristotele e grande storico della filosofia antica. Iniziata dal 1989, la collaborazione con la nostra casa editrice è stata molto significativa ed estesa. Dalla Storia della filosofia. Dall’antichità a oggi per i licei scritta con Franco Volpi, ai molti libri tra cui ricordiamo: Le ragioni di Aristotele (1989), Il pensiero politico di Aristotele (1997), Guida ad Aristotele (a cura di, 2007), Aristotele nel Novecento (2008), In principio era la meraviglia. Le grandi questioni della filosofia antica, (2007), Il libro primo della «Metafisica» (con Cristina Rossitto, 2008), Sumphilosophein. La vita nell’Accademia di Platone (2010). Da ultimo, la straordinaria traduzione della Metafisica di Aristotele.
Lo salutiamo e ricordiamo riportando di seguito un estratto dall’introduzione di In principio era la meraviglia. Le grandi questioni della filosofia antica. Con la certezza che se c’è un Perìpato celeste, sarà in buona e giusta compagnia.
“All’inizio della Metafisica, Aristotele dichiara che «tutti gli uomini (hoi anthrôpoi, ossia uomini e donne, Greci e barbari, liberi e schiavi) per natura tendono al sapere». Poco oltre, egli precisa che «gli uomini, sia ora sia in principio (kai nun kai to prôton), cominciarono a filosofare (philosophein, cioè a cercare il sapere) a causa della meraviglia (dia to thaumazein)». Ma già Platone, suo maestro, aveva fatto dire da Socrate a Teeteto: «È proprio del filosofo questo che tu provi, di esser pieno di meraviglia, né altro cominciamento ha il filosofare che questo, e chi disse che Iride fu generata da Taumante, non sbagliò, mi sembra, nella genealogia». Iride, messaggera degli dèi fra gli uomini, qui è identificata con la filosofia, ed è figlia di Taumante, nome che in greco richiama il verbo «meravigliarsi» (thaumazein). Tanto Aristotele quanto Platone, i due massimi filosofi greci, concordano dunque nel riconoscere che il desiderio di sapere ha inizio dalla meraviglia provata di fronte al darsi delle cose del mondo.
Per i greci, tutti gli uomini, anche quelli che credono in una religione, possono fare filosofia, cioè aspirare al sapere; eppure il credente e il filosofo attribuiscono al loro cercare una finalità e un significato differenti. La religione nasce – come disse Max Scheler – dal desiderio di salvarsi dalla morte, mentre la filosofia nasce dal desiderio di sapere, e la scienza (la scienza moderna, indissolubilmente legata alla tecnica) nasce dal desiderio di potere, cioè di dominare la natura. Ma, mentre la religione ha al suo inizio una rivelazione, la quale narra una serie di fatti ed in tal modo indica la via della salvezza, la filosofia ha al suo inizio solo la meraviglia, e tutti gli uomini, in quanto desiderano semplicemente sapere, non dispongono di alcuna rivelazione, ma solo dei sensi e della ragione – ovvero dei mezzi forniti dalla loro stessa natura – per soddisfare i propri interrogativi. (….) Ma che cos’è la meraviglia e come essa suscita nell’uomo il desiderio di sapere? La meraviglia è consapevolezza della propria ignoranza e desiderio di sottrarsi a questa, cioè di apprendere, di conoscere, di sapere. Il primo tentativo di sfuggire all’ignoranza è il ricorso al mito, cioè alle narrazioni dei poeti, che a loro modo forniscono una risposta alle domande degli uomini. Ma si tratta di una risposta del tutto insufficiente, che non estingue la meraviglia, anzi la accresce, perché non esibisce le proprie ragioni, le proprie giustificazioni. Per questo motivo, gli uomini non si accontentano del mito, ma ricercano la «scienza», cioè il sapere (in greco non ci sono parole diverse per indicare la filosofia e la scienza). Aristotele era convinto che negli uomini fosse presente questo desiderio di sapere fine a sé stesso, e che esso si manifestasse una volta soddisfatti tutti gli altri bisogni, legati alla sopravvivenza.
E ne è testimonianza anche il corso degli eventi, giacché solo quando furono a loro disposizione tutti i mezzi indispensabili alla vita e quelli che procurano benessere e agiatezza, gli uomini incominciarono a darsi ad una tale sorta di indagine. È chiaro, allora, che noi ci dedichiamo a tale indagine senza mirare ad alcun bisogno che ad essa sia estraneo, ma, come noi chiamiamo libero un uomo che vive per sé e non per un altro, così anche consideriamo tale scienza come la sola che sia libera, giacché essa soltanto esiste di per sé. (Aristotele Metafisica I, 982b, 22-28)
La meraviglia, dunque, secondo Aristotele, è l’origine della filosofia, cioè della ricerca disinteressata di sapere, libera dai bisogni materiali e anche dal desiderio dell’agiatezza, o del piacere. Essa presuppone la soddisfazione dei bisogni primari, cioè naturali, e dei desideri secondari, cioè indotti. Per questo motivo, la meraviglia non è un sentimento facile da provare, frequente, diffuso, ma è uno stato d’animo raro e prezioso. Essa è l’espressione della vera libertà: libertà dal bisogno e dagli altri desideri. Si comincia con la meraviglia, ma non si rimane sempre nella meraviglia. (…) I Greci non avevano il gusto per la ricerca fine a se stessa: essi cercavano per trovare. Oggi a volte si preferisce concepire la filosofia come pura ricerca, o come ricerca senza fine. Sembra quasi che il cercare sia un atteggiamento nobile, critico, raffinato, che desta simpatia e rispetto, mentre il trovare sia banale, grossolano e dogmatico. In realtà la ricerca è sincera, o autentica, solo se cerca per trovare. Chi cerca per il solo piacere di cercare non cerca veramente, ma finge di cercare. Chi invece cerca veramente, con impegno, con determinazione, con passione, lo fa perché gli interessa trovare ciò che cerca. Altrettanto si può dire del domandare. Il domandare autentico è quello che vuole ottenere una risposta. Il domandare fine a se stesso è solo una posa. Perciò i Greci non hanno solo formulato domande, ma hanno cercato anche di dare delle risposte alle loro domande.”