Paolo Conti | La Lettura | 24 aprile 2022
Per parlare del saggio La scuola bloccata dell’economista Andrea Gavosto, dal 2008 alla guida della Fondazione Agnelli, occorre partire dalla fine, dalle 59 pagine (129-188) che contengono le accuratissime note al testo (cifre di rilevamenti demoscopici, studi europei, parametrazioni internazionali) e una vasta bibliografia.
Dunque non siamo di fronte a un saggio-provocazione in cui si parte da una tesi, sostenuta da opinioni polemiche, per arrivare a una sintesi necessariamente di parte. Gavosto ci documenta — duramente ma scientificamente — ciò che vede chiunque abbia in casa un/a figlio/a sui banchi di scuola, o un parente insegnante, o segua le disperanti cronache giornalistiche sull’istruzione: la profonda crisi di uno snodo essenziale della società italiana.
Gavosto spiega subito che l’Italia è in ritardo, nell’istruzione, a partire dalle scarse risorse economiche (investimento del 3,8% del Prodotto interno lordo contro la media del 4,5% dei Paesi avanzati). Ora è in vista il mitico Pnrr con 20 miliardi, ma l’autore ci ricorda che gli impegni presi vanno mantenuti «pena la perdita dei finanziamenti.».
C’è un affanno insopportabile nei risultati scolastici, con quel .3%o di studenti che ancora non finisce la scuola superiore («anche se il tasso di abbandono si sta portando rapidamente in linea con la media continentale, tranne che in alcune regioni meridionali»).
Gli insegnanti sono anziani, età media 53 anni, la più elevata d’Europa: dato che da solo dimostra il baratro di incomunicabilità anche antropologico tra professori e alunni.
Altri dati. Un maturando su due «non possiede un bagaglio di conoscenze e competenze che gli consenta non solo di trovare un lavoro soddisfacente ma di essere un cittadino che capisca e partecipi alla vita di una comunità». La sentenza di Gavosto atterrisce qualsiasi genitore: «Siamo di fronte a una colossale débâcle della nostra scuola».
C’è poi il nodo delle differenze tra un Nord che si allinea alle migliori realtà europee e un Sud con livelli paragonabili a quelli turchi o greci. Una ingiustizia intollerabile «perché nessuno sceglie dove nascere». In quanto alle disparità di genere, stereotipi familiari e sociali allontanano ancora le studentesse dalle competenze scientifiche proprio mentre il mondo del lavoro produce posti nell’universo Steam (Science, Technology, Engineering, Mathematics ).
E il Covid con la didattica a distanza? Ha provocato «danni enormi, lacune che rischiano di trasformarsi in ferite permanenti nello studio e nel lavoro di una generazione». Andrea Gavosto condanna senza appello il fallimento di due riforme, la Buona Scuola di Matteo Renzi e, prima, quella di Luigi Berlinguer. Molti sono i suggerimenti operativi: rivedere il sistema di accesso all’insegnamento, evitare di buttare via troppi fondi nel risistemare edifici scolastici strutturalmente inadeguati, immaginare un forte asse di materie principali di insegnamento intorno al quale fare scegliere materie secondarie dagli stessi studenti.
Non un libro dei sogni, dunque: esperienze europee già solide unite a una logica deduzione da studioso appassionato e mai ideologico. Da raccomandare caldamente a tutti i nostri decisori politici, nessuno escluso.