Le riflessioni filosofiche nel saggio di Santambrogío
Alessandra Peluso | La Gazzetta del Mezzogiorno | 6 febbraio 2023
Apparentemente un déjà-vu, ma, di fatto non passa mai di moda parlare di «merito» e al contempo, di «complotto». Per questo riprendere Il complotto contro il merito di Marco Santambrogio e soffermarsi risulta necessario. Con un titolo provocatorio quando in politica si vuole che a ogni costo passi il «merito» secondo parametri a noi sconosciuti Santambrogio trasporta il lettore in un’atmosfera ironicamente complottista. «Il complotto è il dispositivo in cui il potere si articola, si esercita, si dissimula» osserva Donatella Di Cesare, e nasce in particolare dal sentimento di paura e dall’isolamento del cittadino nel vedersi escluso dallo «spazio pubblico» (Arendt). Per questo il timore di non raggiungere le stesse opportunità che tutti meriterebbero di avere. Sorgono allora gli interrogativi: se tutti lo meritano, se può esistere un principio di uguaglianza e cosa occorra fare per avere un riconoscimento e non essere esclusi dalla società.
Il filosofo Santambrogio mostra attraverso fonti accreditate e voci di filosofi cosa sia la meritocrazia dimostrando come quelle società americana, inglese, che si presentano come meritocratiche non rispettino il principio dell’uguaglianza e sostenendo come il merito non sia qualcosa che si trasferisce da posizioni e da posti di lavoro. Il merito insomma si conquista. Con un’accurata argomentazione Santambrogio pone un’attenta disamina, snocciola la questione muovendo dai princìpi della meritocrazia e da Michael Young che critica il governo di Tony Blair per attuare una netta differenza tra ricchi e poveri e quindi impedire a tutti di emergere. Secondo Young occorrerebbe intervenire sul sistema fiscale; e, ancora, trova il piglio argomentativo in Michael Sandel che enuclea le differenze di coloro che si laureano ad Harvard e in altre Università e attribuisce la responsabilità ai genitori che sollecitano alla competizione e alla produzione, proponendo – per risolvere il problema delle differenze – di fissare una soglia di qualificazione e lasciare che sia la sorte a scegliere per eliminare o ridurre arroganza e umiliazione.
Marco Santambrogio non discute di certo sul riconoscimento della categoria del merito, bensì sulle modalità di come essa venga stimata e su ulteriori questioni che non possono essere tralasciate come appunto quella di «sopravvalutare i meriti di coloro che si trovano a occupare le posizioni migliori della società». È chiaro che tutto questo si evidenzia dalla Modernità ai nostri giorni, ovvero dagli inizi del progresso, di presenza di divario, di un’istruzione e un lavoro per tutti perché in fondo sappiamo sono diritti della Costituzione che dovrebbero essere tutelati ed estesi all’intera popolazione. E allora il merito?
Dalla modernità alla contemporaneità la società sembra far leva su concorrenza, competizione, lavoro, uguaglianza, diversità e perdonate se cito il saggio sulla Sociologia della concorrenza di Simmel che ci aiuta – sostenendo in qualche modo le riflessioni di Santambrogio – a riflettere su cosa sia la concorrenza e cosa comporti, dove devono sussistere gli stessi criteri di riconoscimento, lo stesso punto di partenza, le stesse regole tra i partecipanti, i cittadini, i singoli individui. Pertanto, non possiamo parlare né di socialismo né di liberismo che Simmel critica, ma di «autoresponsabilità» e «giustizia». Etica, diritto, politica: che vi piaccia o no non possono essere scisse, altrimenti i risultati sono sotto gli occhi di chi abbia voglia di rivolgere lo sguardo, ovvero corruzione, malaffare, inadeguatezza, risentimento, prevaricazione, ecc.
La meritocrazia ha il volto dell’umano, così quanto il potere e il complottismo. Comprendere che società vogliamo e soprattutto quali risultati raggiungere e dove si voglia andare forse questo risulta essenziale. Superare tale gap è fondamentale se vogliamo costruire uno spazio pubblico occupato da soggetti pensanti e responsabili. In altre parole, il saggio di Marco Santambrogio ci offre validi strumenti e opportunità di comprensione della complessità della «meritocrazia» e delle relazioni tra individuo, tra maestri e allievi, società.