La nuova edizione del saggio di Giuseppe Fiori
Paolo Di Paolo | la Repubblica | 29 gennaio 2023
Che incredibile famiglia! Per metterla a fuoco, serve un romanzo polifonico, anche solo potenziale, una biografia corale, ramificata, il racconto multiforme di uno speciale «universo affettivo» che guadagna spessore storico- politico. Nelle pagine di Casa Rosselli, opportunamente riedito da Laterza, Giuseppe Fiori riesce nell’impresa di dare sostanza narrativa a un intricato albero genealogico e lo fa con uno stile vivido, crepitante; mi ha ricordato in diversi passaggi quel Vite di uomini non illustri in cui Pontiggia inventava e condensava biografie immaginate. Ma qui le biografie condensate sono tutte dal vero: e dove qualche tratto appare romanzesco, una nota a piè pagina rivela la matrice documentale e testimoniale. I fratelli Rosselli, certo, Carlo e Nello, diventati, come scrive Giovanni De Luna nell’introduzione, «un simbolo; molto presenti nella toponomastica delle nostre città». Ma prima di loro e accanto a loro la madre Amelia, le mogli Marion Cave e Maria Todesco, i figli, gli amici. Ogni pagina è fitta di date, perfino di orari, di indirizzi: la sostanza dei giorni, la membrana sottile che separa il privato e il pubblico, le serate a teatro, la lettura dei giornali, battesimi, funerali, lettere spedite e ricevute, malattie, angosce finanziarie. E la bufera della Storia che spazza via le certezze: Carlo, ragazzo del ‘99, si ritrova a fare la Prima guerra mondiale, e Nello pure, classe 1900, «l’uno e l’altro sempre in retrovia, distanti dalle linee di combattimento. Vita di caserma o di baracca; nessun rischio». Gli anni del dopoguerra, la passione per gli studi — Nello si laurea con Gaetano Salvemini! È il 21 marzo del 1923, un secolo fa; titolo della tesi “Mazzini e il movimento operaio in Italia dal 1861 al 1872”. Ed è proprio Salvemini a raccontare i Rosselli come due ragazzi di carattere: «Erano modesti ed erano onesti. Sapevano ascoltare e imparare». Il fascismo avanza, i Rosselli — parte della confraternita dei “salveminiani” con Ernesto Rossi — stringono amicizia con un coetaneo come Gobetti, ma fino al delitto Matteotti sono convinti di avere davanti una carriera di studiosi: uno da economista, l’altro da storico. Ma è dalla terribile estate del ‘24 che l’attività politica antifascista li occupa integralmente, con una rete di sodali, di compagni di strada e di clandestinità, ragazze-mogli comprese. Marion Cave, sposata con Carlo (nel ‘30 nascerà Amelia, la poetessa), è ricordata — ancora da Salvemini — come colei che teneva nascosti in casa sua i documenti, che attraversò tutta Firenze per portare una corona di fiori per celebrare Matteotti assassinato alla lapide in ricordo di Cesare Battisti. «Pronta a lasciarti bastonare insieme a noi», le riconosce Salvemini. «Per quella volta ce la cavammo».
Fiori corre narrando, e riesce a far sentire anche con la rapidità del montaggio la concitazione di queste vite di passione, di coraggio, di sprezzo del pericolo. Una fibrillazione storica che sembra assorbita dai corpi, dai gesti: l’autore offre una sorta di sismografo emotivo a parole. «I cuori scoppiano»: gli istanti fatali in cui gli umori, gli stati d’animo, le avventatezze, le scelte radicali diventano i capitoli più vorticosi di una educazione sentimental-politica che gira attorno a una serie di domande incandescenti. Fino a quale limite ci si sacrifica — e si sacrificano gli affetti — per un ideale? Che cos’è la militanza politica? «L’azione assistita dalla ragione e illuminata dalla luce morale». E la religione della libertà «come mezzo e come fine»? Religione, sì, perché — proprio guardando all’esperienza di Giustizia e Libertà — Piero Calamandrei osservò che bisognava conformare a un’idea le proprie azioni «con fedeltà religiosa». Una nobile illusione? A un loro cugino di rango come Alberto Moravia, i Rosselli sembravano per l’appunto «illusi e ottocenteschi e con un sacco di idee generose ma poco pratiche per la testa». Questo libro appassionante di Fiori, giornalista, scrittore e politico che in questi giorni avrebbe compiuto cent’anni, smentisce benevolmente Moravia nella capillare ricostruzione degli “atti”: i fratelli Rosselli e la loro famiglia alla prova del giorno per giorno. Le relazioni, le strategie, le «avventurose traversate» conciati da parere vagabondi, «i capelli arruffati, la barba di più giorni, i soprabiti sudici, frusti», gli spostamenti, gli arresti, i processi, le fughe, gli inverni al confino, le scritture segrete («ai confinati è proibito scrivere di politica»). Forse un sottotitolo nascosto di Casa Rosselli, una smagliante epigrafe involontaria è in un’espressione che Fiori usa al momento di raccontare la fondazione di Giustizia e Libertà. La pesca dalle parole di Emilio Lussu: «Noi non pensammo ad altro, nei primi anni d’esilio: complotti, attentati, insurrezione e rivoluzione». Ecco, dunque: l’età del gesto. Di più: la cultura del gesto.