La censura cattolica nei suoi effetti

Proibire e riscrivere per dotti, massaie e ciabattini… Punti emergenti: la forbice tra élite e ceti subalterni; la pressione esercitata su editori e generi letterari

Vincenzo Lavenia | Alias – il manifesto | 12 giugno 2022

Gli odierni visitatori di una fiera del libro si aggirano per le istallazioni delle case editrici al solo scopo di curiosare tra le opere fresche di stampa e, in qualche caso, incontrare gli autori. Ma tra coloro che si recavano alla Buchmesse di Francoforte, già attiva nel Cinquecento, ci si poteva imbattere in alcuni emissari che, annusando tra i banchi, cercavano di intercettare le novità librarie più pericolose d’Oltralpe e segnalarle subito alla polizia istituita dai papi per erigere una barriera contro il dissenso religioso nella Penisola italiana: quel Sant’Uffizio romano, a cui dal 1572 si affiancò la Congregazione dell’Indice. Compito del secondo dicastero, soppresso nel XX secolo, fu quello di compilare e aggiornare la lista di libri proibiti che sulla carta valeva per tutto il mondo cattolico, ma di fatto ebbe efficacia solo in Italia, dove a partire dal 1558 i fedeli dovettero stare bene attenti a non possedere, copiare o mettere in circolo i testi «infetti et perniziosi», pena la scomunica e il sospetto di eresia.

Quando poi i libri proibiti venivano sequestrati, allora si accendevano i roghi per cancellare il contagio ereticale e ammonire chi osasse ignorare i divieti della Chiesa. Non si trattava sempre di cataste di volumi «maestose» a mo’ di «torre di Babele», come nella descrizione distopica de L’anno 2440 di Louis-Sébastien Mercier (1771), perché talvolta a bruciare erano pochi esemplari. Ma tanto bastava a istillare una pedagogia della paura: leggere era diventata un’abitudine insidiosa. Del resto, non era stata forse la stampa ad accelerare il successo della proposta luterana? Non era stata l’ossessione dei riformatori per le Scritture, che i fedeli dovevano gustare in lingua volgare, a spalancare la porta alla ribellione contro la tradizione apostolica, che dalla Germania era dilagata in ogni angolo d’Europa?

Decade la libertà intellettuale In un volume solido e ben scritto, pieno di vicende esemplari e di riflessioni sui caratteri originali della storia d’Italia: Libri pericolosi Censura e cultura italiana in età moderna, Giorgio Caravale racconta gli esiti della censura evitando due rischi: quello di tracciare una mera ricostruzione di come vennero compilati e modificatigli Indici dei libri; e quello di riproporre giudizi consolidati sugli effetti della sorveglianza ecclesiastica nella traiettoria culturale della Penisola. Certo, l’autore tiene conto del progressivo decadimento della libertà intellettuale propria della stagione rinascimentale (la leggenda nera anti-cattolica, fabbricata tra il Cinque e il Settecento, amplificò una realtà di fatto); e allude all’Italia di oggi, in cui pochi lettori forti tengono in piedi un mercato editoriale comunque rilevante, mentre la metà dei cittadini non si accosta mai a un libro. Sulla base di questi dati, verrebbe da ripetere che il Nord Europa ha beneficiato dell’impulso protestante a conoscere la Bibbia (il «grande codice») senza le mediazioni clericali; mentre nell’Europa cattolica la circolazione del libro ha scontato la plurisecolare ipoteca del controllo romano. Ma, precisa Caravale, sarebbe una risposta troppo semplice, tale da riproporre il coriaceo paradigma di un’Italia «mancata», esclusa dal «vero» progresso dispiegatosi altrove. L’autore, al contrario, sceglie di raccontare i percorsi della censura ecclesiastica — la sola attiva nella Penisola sino a metà Settecento, con la complicità più o meno convinta delle autorità politiche —, combinando il racconto del travaglio religioso dei secoli XVI-XVIII con quello delle strategie impiegate da tipografi, venditori ed esuli per eludere gli ostacoli e diffondere la cultura italiana in Europa; la storia del libro a stampa come manufatto con quella del manoscritto, la cui diffusione rimase considerevole nonostante l’avvento di un medium potente.

Nei primi capitoli si dipana il racconto della circolazione, spesso clandestina e corsara, dei testi religiosi importati dal Nord Europa o prodotti dai circoli del pulviscolare ma consistente dissenso religioso della Penisola. Si misura così il crescente allarme per l’incontrollata diffusione di prediche e dottrine pericolose da parte delle autorità ecclesiastiche (e di esponenti dell’umanesimo e della Riforma), e si ripercorre la storia dell’imprimatur dei primi Indici emanati dalle facoltà teologiche e dai tribunali dell’Inquisizione, fino alla travagliata lista promulgata nel 1596. Inoltre si comprende perché un sistema poliziesco nato per interdire i trattati di teologia, i catechismi e le Bibbie in volgare, si sia trasformato presto in un apparato per vigilare sull’intera produzione scritta e orale: testi di medicina, di diritto e di storia (specie se il soggetto erano i pontefici); immagini e madrigali; pasquinate e avvisi (i giornali dell’epoca); oroscopi e sermoni; senza contare la filosofia (il platonismo, Spinoza), le scienze della natura (Galilei, l’atomismo) e la letteratura cavalleresca, erotica e burlesca, che induceva il lettore al fatalismo, alla lascivia e al disprezzo del clero.

Agli occhi dei censori, il «luteranesimo» (una categoria che per secoli avrebbe inglobato ogni forma di dissenso politico-dottrinale nei confronti della Chiesa), l’empietà nutrita dall’averroismo e dal culto dei classici (Machiavelli lettore di Lucrezio) e l’immoralità alimentata da una tradizione che elevava a canone del volgare le liriche di Petrarca, le novelle di Boccaccio, l’arme e gli amori di Ariosto, erano manifestazioni di una stessa epidemia da contenere con il divieto assoluto di leggere gli «eresiarchi» e con l’emendazione chirurgica di centinaia di testi, scritti da protestanti e cattolici, sospesi fino alla correzione (donec expurgantur): un risvolto non secondario della censura, tanto più che emendare significò arruolare un esercito di intellettuali-correttori a servizio della Chiesa; deturpare, edulcorare o svuotare di senso opere filosofiche e letterarie (nella Secchia di Tassoni i «culi» e «culetti» divennero «colli» e colletti»); indurre gli autori a negoziare con gli inquisitori il contenuto dei loro testi editi e inediti; elaborare una scrittura dissimulata adatta a tempi di persecuzione; oppure praticare l’auto-censura preventiva (che con Tasso sfociò in paranoia nella tessitura della Gerusalemme).

Difesa del monopolio del latino Due punti emergono con chiarezza dalle pagine di Caravale. Il primo è la forbice tra le élite e i ceti subalterni, che si allargò anche per gli effetti della censura ecclesiastica. Difendere il monopolio del latino da parte del clero e di pochi dotti; impedire che di dottrina discutessero «il fachin, la fantesca e lo schiavone»; offrire ai lettori meno colti catechismi, rosari, agiografie e orazioni invece che la Scrittura; limitare le licenze per accedere ai libri proibiti a chi godesse dell’appoggio di un patrono presso la Curia papale, o a chi se ne servisse come strumenti di lavoro (per la controversia o l’insegnamento universitario), furono scelte che condannarono a uno stato di inferiorità gran parte dei fedeli comuni, a cui si prescrisse di credere ciò che credeva la Chiesa senza farsi troppe domande. Tramontò così quella breve stagione segnata dall’imitazione di Cristo e dal protagonismo del laicato che aveva contraddistinto il paesaggio religioso dell’Europa e della Penisola tra la fine del Quattro e l’inizio del Cinquecento, complice la proposta di pietà erasmiana.

Il secondo punto concerne gli effetti della censura, che non si limitò a vietare e a eliminare, ma fu un’arma per orientare le scelte degli editori; per innescare una risposta cattolica sul piano pedagogico e controversistico; per riscrivere i generi letterari (un chierico vergò un Oriando Santo che sostituisse il Furioso); per prescrivere modelli iconografici non troppo inventivi o inclini al paganesimo; per addomesticare la tradizione classica nei piani di studio della Compagnia di Gesù; per elaborare una storiografia e un canone dei libri «utili» per il buon cattolico.

Eppure si leggeva, nonostante tutto; e dalla seconda metà del Seicento gli eruditi e i ceti abbienti si fecero sempre meno scrupoli ad acquistare o a tenere in casa libri proibiti, magari chiusi a chiave in un piccolo armadio-ergastolo come nel palazzo dei conti Leopardi a Recanati (Monaldo fu un occasionale consultore dell’Indice). Per farlo, disse qualcuno, bastava «non passare per un nemico di preti e monaci». Poi venne la stagione dei Lumi e della secolarizzazione della censura, che per le autorità civili aveva lo scopo eminente di impedire l’insubordinazione politica. Ma per i fedeli comuni, o per gran parte di loro, praticare la religione continuò a significare aderire alla proposta devozionale della Chiesa senza sapere «se le cose che credono siano credibili o no». In ogni modo, la polizia ecclesiastica del libro avrebbe lasciato il segno nella coscienza e nella tradizione culturale della Penisola. E non fu un esponente italiano della Curia come il cardinale Bellarmino, icona della Controriforma, ma un eminente teologo francese a spiegare meglio di altri perché censurare: la «voglia di leggere», scrisse Jacques Bénigne Bossuet, non è altro «che divertimento e ostentazione, cattiva curiosità che fa seccare le fonti della carità».

Giuseppe Laterza intervista Sabino Cassese su “Il governo dei giudici”

«L’indipendenza è divenuta autogoverno. Familismo ed ereditarietà hanno aumentato separatezza e autoreferenzialità. Ci si attendeva razionalità e si è avuto populismo giudiziario. Ci si attendeva giustizia e si sono avuti giustizieri».

Sabino Cassese riflette sullo stato politico della magistratura in Italia e ne discute con Giuseppe Laterza, a partire dal suo nuovo libro, Il governo dei giudici.

Federico Canaccini racconta la battaglia di Tagliacozzo

Dopo la sconfitta di Benevento, i Ghibellini d’Italia chiedono aiuto a Corradino di Svevia, un ragazzo di 15 anni, perché recuperasse il proprio regno. Corradino fu davvero “un agnello destinato al macello”, come sosteneva il papa? Federico Canaccini ci racconta la battaglia di Tagliacozzo.

Questo video, parte di una serie sulle battaglie nell’Italia medievale, è realizzato con la collaborazione della Facoltà di Scienze della Comunicazione sociale dell’Università Pontificia Salesiana – https://fsc.unisal.it

Per scoprire Il Medioevo in 21 battaglie, il nuovo libro di Federico Canaccini, potete invece seguire questo link.


La grammatica presa sul serio

La grammatica presa sul serio

Libero | 21 giugno 2022

«Giù le mani dalla vostra lingua!» era il titolo di un vecchio libro americano che, con linguaggio accessibile e fitte raccolte di esempi, cercava di fare piazza pulita di miti e idee sbagliate a proposito dell’inglese. Analogamente, La grammatica presa sul serio di Raffaele Simone sugli scaffali con Laterza potrebbe intitolarsi Giù le mani dalla grammatica! perché punta a sgomberare il campo dalle idee sbagliate e a mostrare che la grammatica è il vivacissimo terreno di indagine su cui discipline come la linguistica si incontrano con le scienze cognitive, l’informatica e la teoria dell’evoluzione.

Questo libro si propone di chiarire che cosa è la grammatica quando la si “prende sul serio”, facendo piazza pulita delle tante idee sbagliate al proposito. In particolare, dimostra che la grammatica non è una massa di minute prescrizioni, ma il punto d’arrivo di Homo sapiens che cerca come esprimere quel che ha in mente. Stazione provvisoria di questa lunga marcia, la grammatica è il motore che fa silenziosamente funzionare una lingua. La grammatica presa sul serio presenta questioni aperte che gettano luce sulla natura delle lingue e anche dell’umano: perché Homo sapiens ha inventato una grammatica? Che nesso c’è tra la grammatica e la mente? Esistono lingue che ne sono prive? Come è fatta la grammatica delle “protolingue”? Gli errori la fanno progredire? Questi temi sono illustrati con un linguaggio rigoroso ma amichevole, un minimo ricorso a tecnicismi e un ricco corredo di esempi dall’italiano e da lingue europee ed extraeuropee.

Federico Canaccini racconta la battaglia di Benevento, 1266

Nella battaglia di Benevento si scontrarono le truppe guelfe di Carlo d’Angiò e quelle ghibelline di Manfredi di Sicilia. Quali ragioni portarono alla carneficina e quali furono le sue conseguenze? Ce le racconta lo storico Federico Canaccini.

Questo video, parte di una serie sulle battaglie nell’Italia medievale, è realizzato con la collaborazione della Facoltà di Scienze della Comunicazione sociale dell’Università Pontificia Salesiana – https://fsc.unisal.it


Da Michelangelo a Klee: gli ultimi libri di Botta e Forcellino

Quest’autunno Laterza porta in libreria un viaggio nelle opere e nel genio di Michelangelo Buonarroti e Paul Klee.

 

In Paul Klee. Genio e regolatezza, Gregorio Botta ricostruisce invece uno degli artisti più importanti del Novecento. Lo chiamavano il Mago del Bauhaus, Buddha o addirittura il Buon Dio: ma chi era davvero Paul Klee, e perché diceva di essere inafferrabile? Questo libro indaga il mistero di un genio dotato di molti doni: poteva essere un poeta o un musicista, ma è con la pittura che ha cambiato la storia dell’arte, dominato da una potente ispirazione e da un’inesauribile furia creatrice che ha saputo regolare ed educare con la più metodica delle vite. Attraverso i suoi Diari e i densi scritti teorici che ha lasciato, Gregorio Botta ricostruisce e intreccia la formazione di un uomo e la nascita di un’estetica che ha segnato il secolo.

 

 

 

 

L’ultimo Michelangelo, di Antonio Forcellino, è la storia avvincente dell’ultima stagione creativa dell’artista rinascimentale, tra profonde inquietudini religiose e nuove forme espressive.

Negli anni in cui realizza il Giudizio Universale sviluppa infatti una sensibilità religiosa radicale che lo porterà ad avvicinarsi al gruppo degli ‘spirituali’, uomini e donne che per la loro militanza segreta saranno sospettati, accusati e perseguitati per eresia.

La produzione tarda di Michelangelo, che annovera capolavori quali la tomba di Giulio II, la Cappella Paolina e la nuova basilica di San Pietro in Vaticano, non è quindi comprensibile se non all’interno di una vicenda che mette in gioco la vita stessa dell’artista.

 

 

#CasaLaterza: Chiara Bottici dialoga con Claudia Durastanti

«O tutte, o nessuno di noi sarà libero».

Questo il motto dell’anarca-femminismo. Questa nuova e rivoluzionaria visione vuol dire la liberazione di ogni creatura vivente dallo sfruttamento capitalista e dalla politica androcentrica di dominazione.

Ne hanno discusso, a partire da Manifesto anarca-femminista, l’autrice Chiara Bottici e Claudia Durastanti, per un nuova conversazione ospitata da Casa Laterza.

 

 

Anche la Storia ha un ego

Da Primo Levi a Cercas, lo studioso Enzo Traverso racconta come la prima persona influenzi la riflessione sul passato

Marco Belpoliti | Robinson – la Repubblica | 21 maggio 2022

L’io ha invaso anche i libri di storia. La soggettività, il grande totem della contemporaneità in cui siamo immersi, ha cominciato a smantellare i quadri sociali della memoria, su cui poggiava la nostra comprensione del passato. Questa in buona sostanza la tesi di Enzo Traverso ne La tirannide dell’io (Laterza 181), il cui sottotitolo è: Scrivere il passato in prima persona.

Cos’è accaduto? Dopo l’avvento del «Narciso romanziere», figura che la modernità ha prodotto in modo copioso, è ora la volta del «Narciso storico», o meglio: della fusione di queste due figure. I nomi che Traverso fa nel suo saggio sono quelli di Sebald, Cercas, Jablonka, Luzzatto, Scurati. Per diventare più interessanti e per trovare lettori sarebbero nate le finzioni innestate nella storia, così da creare quello che l’autore chiama il “presentismo”. Con la fine del naturalismo e del realismo in arte e in letteratura al principio del Novecento, la soggettività degli autori ha potuto esprimersi a fianco dei propri personaggi (Proust, Kafka, Conrad, Svevo, Pirandello). Le cose sono poi andate avanti sconvolgendo lo stesso rapporto tra storia e memoria con la cosiddetta «ego-storia» (Pierre Nora). Il soggetto, o meglio l’individuo, è tornato prepotentemente alla ribalta reclamando i propri diritti.

Non hanno forse un ego anche gli storici? Si sono succedute nei decenni passati ondate di auto biografie di storici, poi i loro successori hanno introdotto sé stessi nelle storie che raccontavano. Si sono fatti scrittori senza abdicare alla volontà di fare storia. Traverso dedica un’attenzione quasi lenticolare a questo fenomeno e da storico ne valuta pagina dopo pagina gli apporti positivi e insieme i problemi che solleva. Esiste una “verità letteraria” accanto alla “verità storica”? Che rapporto intrattengono le due?

Nel dibattito che si è aperto in Spagna dopo la pubblicazione de Il sovrano delle ombre (Guanda), dedicato allo zio falangista dell’autore, morto nella guerra civile, Cercas ha sostenuto, citando Aristotele, che la «verità letteraria» si assimila alla «verità morale». Traverso risponde che il suo non è un romanzo storico, bensì un «romanzo del presente», dove le scelte politiche dell’autore orientano e pervadono la propria opera. Dove è finita la distanza, lo sguardo esterno e la narrazione impersonale degli storici, che garantiva la possibilità di ricostruire il passato in modo oggettivo seguendo documenti e prove? Da tempo gli storici hanno inserito nella narrazione storica la dimensione emotiva, la stessa che domina nella comunicazione individuale e sociale, palesandosi come dei protagonisti di quello che raccontano, fino al punto di non far rivivere la storia, «bensì di trasmettere il vissuto dello scrittore e dello storico che, nel presente, raccontano la storia».

Ad esempio Claude Lanzmann, scrive Traverso, con Shoah (1985) ha introdotto nella storia dello sterminio ebraico la rappresentazione «lacrimale» modificando in modo sostanziale il rapporto tra storia e memoria nella sfera pubblica come nelle scienze sociali. Il conflitto tra storici e testimoni, che ha segnato nel passato alcuni punti notevoli d’attrito si vedano le frasi di Primo Levi ne I sommersi e i salvati dove, parlando della testimonianza dei singoli, scrive: «La memoria umana è uno strumento meraviglioso ma fallace» sembra ora superato da quanto accade nella letteratura come nella storiografia.

Il problema è ovviamente complesso e Traverso non ha la pretesa di risolvere i problemi che si pongono a chi fa storia oggi, tuttavia nella parte finale definisce il quadro entro cui si svolge questo cambio di paradigma: il neoliberismo. La scrittura soggettivistica non può essere scissa dall’avvento dell’individualismo, uno dei tratti fondamentali del nuovo ordine del mondo. Individualismo non va confuso con egoismo, come spiegava Friedrich von Hayek, che vedeva la società e la storia come il prodotto di «atti individuali». Il neoliberismo non ha solo un valore ideologico, ma performativo. L’individualismo è un vero e proprio modello antropologico: «Oggi il mondo si guarda nello schermo di uno smartphone che lo trasforma in selfie», scrive icasticamente Traverso. Presentismo significa che viviamo senza futuro, immersi nel presente, e la memoria tende a depositarsi solo nella sfera individuale. Il passato non genera più immaginazioni utopiche, come il pensiero ebraico aveva insegnato all’Occidente negli ultimi dieci secoli. L’immaginario, a partire da quello sociale, è privatizzato; il futuro risulta perciò un progetto di riuscita individuale.

Abbiamo dimenticato che l’individuo non precede e determina la società, ma è invece il prodotto dei rapporti sociali stessi. Per questo se si accetta l’idea che la storia è «una letteratura contemporanea», essa diventa prima di tutto lo specchio della propria epoca, in questo simile alla creazione letteraria. Il dibattito, prevedibilmente, proseguirà.

Gregorio Botta racconta “Paul Klee”

Lo chiamavano il Mago del Bauhaus, Buddha o addirittura il Buon Dio. Chi era davvero Paul Klee e perché diceva di essere inafferrabile?

Dominato da una potente ispirazione e da un’inesauribile furia creatrice, che ha saputo regolare ed educare con la più metodica delle vite: un caso molto raro tra i suoi colleghi artisti.

Attraverso i suoi Diari e i densi scritti teorici che ha lasciato, Gregorio Botta ricostruisce e intreccia la formazione di un uomo e la nascita di un’estetica che ha segnato il secolo.

 

 

 

La forza delle idee

 

“LA FORZA DELLE IDEE”

Le Lezioni di Storia tornano all’Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone con il 17° ciclo

Dal 13 novembre 2022 al 26 marzo 2023

 

Si rinnova l’appuntamento con le Lezioni di Storia all’Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone di Roma con un programma inedito di nove incontri sul tema “La forza delle idee”. Il ciclo di Lezioni di Storia è ideato dagli Editori Laterza e realizzato in coproduzione con la Fondazione Musica per Roma.

“Tornano le Lezioni di Storia, ormai attesissime, che quest’anno mettono al centro le idee, la loro forza e i protagonisti che le hanno incarnate, concretizzate, difese, tradite” – dichiara Daniele Pitteri, Amministratore delegato di Musica per Roma – “offrendo al pubblico nuovi punti di vista e nuovi strumenti per affrontare un presente molto complesso e un futuro che si prospetta sempre più incerto”.

L’editore Giuseppe Laterza aggiunge “la storia ci fa diversi ma anche ci unisce, a volte attraverso la forza delle idee…come scopriremo in questo nuovo ciclo”.

In un celebre passo delle Lezioni sulla filosofia della storia Hegel fa riferimento a quelli che chiama gli “individui cosmico-storici”. Ovvero, i protagonisti che segnano con il loro agire lo spirito del loro tempo. Uomini e donne, insomma, che “fanno la storia”. Il filosofo tedesco cita ad esempio Alessandro Magno, Giulio Cesare, Napoleone. Ma siamo sicuri che a “fare la storia” siano stati e siano solo i grandi condottieri, o i re e le regine, gli imperatori e i papi? Certo, a costoro dobbiamo cambiamenti radicali nei destini dei popoli. Ma dobbiamo cambiamenti radicali – i cui effetti possono durare nei secoli e nei millenni – anche a uomini e donne che non hanno comandato eserciti, emanato leggi e governato imperi. Sono coloro che hanno imposto una nuova visione della società, dei valori, dell’umanità. Sono gli uomini e le donne che hanno interpretato la realtà in modo nuovo, e con la forza delle loro idee (e a volte con il prezzo del sacrificio di sé) hanno cambiato – nel bene e nel male – mentalità, leggi, vite. A questi protagonisti del loro tempo e alle visioni del mondo che sono stati in grado di generare è dedicato il nuovo ciclo delle Lezioni di storia.

Le lezioni si apriranno il 13 novembre con Laura Pepe che affronterà il tema della giustizia attraverso la figura di Antigone la cui parabola tragica induce ancora oggi a riflettere sul reale significato di questa parola. Proseguiranno il 4 dicembre con Corrado Augias che parlerà di fratellanza, facendoci scoprire un Gesù spogliato da ogni riferimento teologico. Il 18 dicembre Stefano Mancuso proporrà un viaggio nel complesso e affascinante mondo dell’evoluzione, a partire dagli otto libri dedicati da Darwin alle piante. Alessandro Vanoli  il 15 gennaio 2023 si interrogherà sull’idea di Occidente e sul senso che ha ancora oggi per noi la figura di Cristoforo Colombo, fra statue da abbattere e leggende da riscoprire. Il 29 gennaio sarà la volta di Guido Barbujani, il genetista condurrà il pubblico alla scoperta di Cesare Lombroso e del concetto di ‘razza umana’. Emma Goldman − filosofa, anarchica e paladina delle donne − sarà al centro della lezione di Valeria Palumbo, il 12 febbraio, per riflettere sul concetto di amore. Chiara Colombini il 26 febbraio racconterà la storia di Ferruccio Parri e la sua idea di libertà, non un concetto astratto, ma una questione concreta, fatta di dignità e giustizia. Sarà poi Alessandro Barbero, il 12 marzo, a spiegare come la povertà, secondo Madre Teresa di Calcutta, non vada combattuta ma amata. In chiusura, Alessandro Portelli, il 26 marzo, ricostruirà l’idea di speranza secondo Bruce Springsteen, dal fallimento del sogno americano all’ottimismo del rock and roll.

Tutte le lezioni sono introdotte come di consueto da Paolo Di Paolo.

 

LEZIONI DI STORIA – SPECIALE

La marcia su Roma

Emilio Gentile

26 e 27 ottobre 2022

Il 26 e il 27 ottobre alle ore 20.00 si terrà uno speciale dedicato alla marcia su Roma a cura di Emilio Gentile.

A cento anni esatti da questo avvenimento storico − l’insurrezione armata che tra il 27 e il 28 ottobre 1922 a partire da Pisa e poi da molte altre città del Centro e del Nord Italia raggiunse la Capitale − Emilio Gentile ricostruirà gli antefatti, le ragioni e le tappe che portarono con la violenza a una svolta decisiva nella storia del fascismo e dell’intero Paese.

Due lezioni magistrali − che possono essere apprezzate singolarmente ma che insieme costituiscono un quadro coerente e unitario − per comprendere un passato su cui non dobbiamo smettere di interrogarci.

 

INFO BIGLIETTERIA – La forza delle idee

Abbonamento: 95 euro; biglietto singolo: 14 euro; abbonamento studenti: 45 euro; biglietto singolo studenti: 5 euro.

Per la vendita dei nuovi abbonamenti: presso il botteghino dell’Auditorium Parco della Musica, in orario continuato: l’11 ottobre dalle ore 08:30 alle ore 19:00; nel solo giorno dell’11 ottobre verranno distribuiti numeri elimina coda a partire dalle ore 08:00. Tutti i giorni a partire dal 12 ottobre dalle ore 11:00 alle 19:00. Online (con disponibilità limitata) sul sito www.ticketone.it sempre dalle ore 08:30 del 11 ottobre

Per la vendita dei biglietti: presso il botteghino dell’Auditorium Parco della Musica, in orario continuato tutti i giorni a partire dal 19 Ottobre dalle ore 11:00 alle 19:00. Online sul sito www.ticketone.it dal 19 Ottobre ore 11:00.

Vista l’alta percentuale di rinnovo, la disponibilità dei posti è limitata: i nuovi abbonamenti verranno emessi nella misura del numero di abbonamenti non rinnovati. Sarà possibile acquistare un massimo di due abbonamenti, o biglietti, a persona, e nel caso dei biglietti un numero massimo di 6 lezioni su 9.

Regolamento

È possibile intestare un massimo di 2 abbonamenti a persona. È possibile rinnovare per conto di altri abbonati solo su delega, per un massimo di 2 abbonamenti.

 

INFO BIGLIETTERIA – La marcia su Roma

In vendita presso il botteghino dell’Auditorium e www.auditorium.com – www.ticketone.it; acquisto telefonico al numero 892101 (servizio a pagamento).

Posto unico: 14 euro; posto unico studenti: 5 euro; abbonamento per le due lezioni: 20 euro; abbonamento studenti: 10 euro.

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Programma

LAURA PEPE – Antigone e la giustizia

13 novembre 2022

“Non credevo che il tuo decreto avesse tanta forza che tu, un mortale, potessi violare le leggi non scritte e stabili degli dei”. Con queste parole memorabili Antigone esprime a Creonte il suo dissenso e accetta di morire in nome di una giustizia assoluta che va oltre la logica scellerata delle decisioni umane. Antigone la abbiamo sempre pensata così: una ragazza pura e pia che sfida il Male. Eppure, l’Antigone di Sofocle presenta anche tratti ambigui, e la sua parabola tragica induce ancora oggi a riflettere su che cosa sia giustizia.

Laura Pepe insegna Diritto greco antico all’Università degli Studi di Milano.

 

CORRADO AUGIAS – Gesù e la fratellanza

4 dicembre 2022

Corrado Augias – che ha dedicato tre volumi di successo alla figura di Gesù, in dialogo con grandi specialisti – prenderà in considerazione le azioni e le parole del Nazareno da un punto di vista tutto umano.  Scopriremo un Gesù spogliato da ogni riferimento teologico. Un uomo che, calato nella condizione storico politica della Palestina del primo secolo dell’era volgare, osò chiamare “fratelli” gli affamati, chi ha sete di giustizia, i miti.

Corrado Augias, giornalista e scrittore

 

STEFANO MANCUSO – Charles Darwin e l’evoluzione

18 dicembre 2022

“Nulla in biologia ha senso se non alla luce dell’evoluzione”. Questa celeberrima affermazione del biologo Theodosius Dobzhansky è probabilmente quella che meglio esprime l’importanza dell’opera di Darwin per la storia dell’umanità. L’influenza di Darwin, infatti, non si limita alle scienze della vita, ma si allarga ad ogni aspetto dell’esperienza umana. Partendo dagli otto libri dedicati da Darwin alle piante, descriveremo come Darwin ha cambiato il nostro modo di intendere la vita.

Stefano Mancuso dirige il Laboratorio Internazionale di Neurobiologia Vegetale (LINV) dell’Università degli Studi di Firenze.

 

ALESSANDRO VANOLI – Cristoforo Colombo e l’Occidente

15 gennaio 2023

Che senso ha ancora per noi Colombo? La lezione comincia da qui, in un racconto in cui passato e presente si intrecciano. Tra statue da abbattere e carte da leggere, Colombo ci racconta la sua storia: le attese, gli studi, i viaggi, le scoperte, i trionfi; e la sfida di quel mondo lontano e incomprensibile. Si dispiega davanti ai suoi e ai nostri occhi quell’orizzonte vastissimo che lui, incapace di comprendere il senso della via che aveva tracciato, non ha mai saputo riconoscere fino in fondo. E la sua storia parla di noi. Della nostra eredità, del nostro futuro, delle nostre radici.

Alessandro Vanoli, storico e scrittore, è esperto di storia mediterranea.

 

GUIDO BARBUJANI – Cesare Lombroso e le razze umane

29 gennaio 2023

I cataloghi delle razze umane proposti a partire dall’Ottocento sono in parte un tentativo di giustificare lo schiavismo, ma rappresentano anche un primo abbozzo di studio scientifico dell’uomo, nel filone dell’evoluzionismo. Ci vorranno decenni per capire quanto il concetto di razza sia inadeguato per descrivere la diversità umana ma l’impostazione determinista – di cui Cesare Lombroso è stato un convinto assertore – resta diffusa nel dibattito politico e sociale, nonostante lo studio dei geni e dei genomi l’abbia ampiamente smentita.

Guido Barbujani insegna Genetica all’Università degli Studi di Ferrara.

 

VALERIA PALUMBO – Emma Goldman e l’amore 1869-1940

12 febbraio 2023

«L’amore, che duri un istante o per l’eternità è l’unica base creativa per un nuovo mondo». Così scrisse Emma Goldman, filosofa, anarchica, tra i primi rivoluzionari a denunciare la deriva dittatoriale dell’Unione Sovietica, fu anche una paladina delle donne e una sostenitrice del controllo delle nascite. Finì per questo in carcere e venne definita non a caso la “donna più pericolosa d’America”.

Valeria Palumbo, storica e giornalista.

 

CHIARA COLOMBINI – Ferruccio Parri e la libertà

26 febbraio 2023

Nella sua lunga esistenza Ferruccio Parri ha attraversato gran parte del Novecento italiano. Per lui, uno dei capi della Resistenza sotto lo pseudonimo di “comandante Maurizio”, la libertà non è mai stata un concetto astratto, ma una questione tremendamente concreta, fatta di dignità e di giustizia. E proprio perché la libertà sua e degli altri non fosse cancellata si è schierato contro il fascismo – pagando il caro prezzo del carcere e del confino.

Chiara Colombini, ricercatrice dell’Istituto piemontese per la storia della Resistenza e della società contemporanea “Giorgio Agosti”.

 

ALESSANDRO BARBERO – Madre Teresa di Calcutta e la povertà

12 marzo 2023

Nel suo straordinario viaggio dal Kosovo all’India e poi in tutto il mondo, Madre Teresa, la religiosa insignita del Premio Nobel per la pace nel 1979 e canonizzata nel 2016 da papa Francesco, sperimenta la sofferenza e la gloria, la rinuncia e il potere. Spiegando e mostrando con il proprio esempio perché – come aveva fatto secoli prima Francesco d’Assisi – la povertà non va combattuta ma amata.

Alessandro Barbero insegna Storia medievale presso l’Università del Piemonte Orientale.

 

ALESSANDRO PORTELLI – Bruce Springsteen e la speranza

26 marzo 2023

L’espressione “promised land” ricorre almeno nove volte nelle canzoni di Bruce Springsteen – ma è accompagnata da altre in cui “the promise” è tradita e negata. Springsteen ha chiaro il fallimento del sogno americano: “un sogno diventa una menzogna se non si avvera, oppure una maledizione?” Ma qualcosa lo spinge a tornare a quel fiume inaridito: al fallimento del sogno prevale la visione del sognatore. Ci hanno ucciso nelle stragi razziste, nella violenza antioperaia, nel respingimento dei migranti – ma siamo vivi. Con la lucidità della ragione e l’ottimismo del rock and roll, Bruce Springsteen continua a dire che la storia non è finita.

Alessandro Portelli, storico, critico musicale e anglista, ha insegnato Letteratura anglo-americana all’Università di Roma La Sapienza.