Foibe di Tito e delitti fascisti. Le cicatrici del Nord Est

A cura di Antonio Carioti, La Lettura, 31 gennaio 2021

Le foibe sono voragini naturali, tipiche del Carso e dell’Istria, dove i partigiani comunisti jugoslavi usavano gettare i cadaveri delle loro vittime per farli sparire. Il vocabolo è diventato di uso più comune da quando è stato istituito, nel 2004, il Giorno del Ricordo per le uccisioni delle foibe e l’esodo istriano-dalmata. Una ricorrenza che cade il 10 febbraio (data del trattato di pace con cui l’Italia nel 1947 perse vasti territori al confine orientale) e spesso suscita polemiche. Sulla questione delle violenze esercitate tra il 1943 e il 1945 dai miliziani di Tito in Venezia Giulia e della fuga degli italiani dalle terre annesse alla Jugoslavia abbiamo interpellato Eric Gobetti, autore del libro appena uscito E allora le foibe? (Laterza), e Raoul Pupo, il cui saggio II lungo esodo, uscito qualche anno fa da Rizzoli, andrà in edicola il 9 febbraio con il «Corriere della Sera» in edizione aggiornata.

Qual è il vostro parere sul Giorno del Ricordo e sulle discussioni che provoca quasi ogni anno?

ERIC GOBETTI — È importante che si parli di questa pagina di storia. Ma il racconto mediatico che se ne fa è spesso molto impreciso e non aiuta a capire. Si sta imponendo una verità precostituita, di matrice ideologica nazionalista, che non può essere messa in discussione. Gli studiosi che lo fanno vengono tacciati di «negazionismo» o «riduzionismo» nei riguardi delle violenze jugoslave, a volte addirittura, come è accaduto a me, minacciati pubblicamente dall’estrema destra. Del resto il mio libro è stato preso di mira ancora prima che uscisse. Viene così precluso il dibattito storiografico e si stabilisce un precedente pericoloso.

RAOUL PUPO — Anch’io ho subito attacchi politici del genere, ma sul Giorno del Ricordo esprimo un giudizio più arti-colato. Sono stato contentissimo della sua istituzione, perché si tratta di un doveroso e tardivo riconoscimento delle sofferenze subite da un numero considerevole di nostri concittadini. Inoltre ha consentito il salvataggio di una memoria che stava sparendo, quella degli italiani dell’Istria, di Fiume e di Zara. E ha permesso la reintegrazione nella storia nazionale di quella componente adriatica, che ha un retroterra importante. Anche il fatto che la legge istitutiva sia stata votata quasi all’unanimità è positivo, perché ha sottratto la tragedia istriano-dalmata a un uso di parte.

Tutto bene dunque?

RAOUL PUPO — No, ci sono due problemi. Il primo è che in Venezia Giulia esistono memorie divise, quindi celebrando una di esse si entra in tensione con le altre, specie quella della minoranza slovena oppressa dal fascismo. È inevitabile, ma è una difficoltà che si può bilanciare con la politica, come per esempio si è fatto tra Germania e Polonia. Da noi c’è stato un ritardo, da cui sono derivate anche crisi diplomatiche, che però ora è stato recuperato grazie all’azione dei presidenti della Repubblica: prima Giorgio Napolitano nel 2010 e ancora di più Sergio Mattarella nello scorso luglio, quando ha incontrato a Trieste il suo omologo sloveno Borut Pahor.

E il secondo problema?

RAOUL PUPO— Consiste nel fatto che la dimensione bipartisan, chiara nello spirito della legge, si è persa per strada. C’è stata un’appropriazione da destra, con le forme e i contenuti nazionalisti di cui parlava Gobetti, che però è bilanciata da iniziative di grande equilibrio, come quelle degli Istituti per la storia della Resistenza, e dal lavoro di formazione dei docenti promosso dal ministero dell’Istruzione. Ci sono tuttavia frange dell’estrema sinistra che tuttora ripetono la versione dei fatti sostenuta dal vecchio regime jugoslavo: le foibe come resa dei conti con i criminali fascisti, l’esodo come prodotto della propaganda nazionalista italiana. E contrastano il Giorno del Ricordo come una festa della destra, la quale a sua volta è ben lieta di questa reazione, che le permette d’intestarsi il dramma istriano: come spesso avviene, le estreme si sostengono a vicenda.

ERIC GOBETTI — Però le posizioni di sinistra radicale oggi sono decisamente marginali, anche se fanno rumore. Pochi difendono in modo acritico l’operato delle forze partigiane di Tito. Il problema è che le giuste critiche rivolte al comunismo stalinista (jugoslavo, ma anche italiano) vengono portate all’eccesso fino a capovolgere il significato storico degli eventi. Si arriva così a rivalutare chi si opponeva in armi a Tito, cioè fascisti e nazisti, in pieno contrasto con le fondamenta antifasciste della nostra Repubblica. Mi viene in mente il film Rosso Istria di Maximiliano Hernando Bruno, in cui gli eroi, aggrediti dai feroci partigiani jugoslavi, stanno dalla parte del Terzo Reich. Gli opposti estremismi evocati da lupo esistono fino a un certo punto: a sinistra ci sono frange esigue, come si accennava prima; mentre dall’altra parte ci sono amministrazioni pubbliche importanti che fanno proprio quel film e lo regalano alle scuole. Anche la graphic novel Foiba rossa dell’editrice di estrema destra Ferrogallico è stata distribuita nelle scuole del Veneto e del Friuli-Venezia Giulia.

RAOUL PUPO — Indubbiamente c’è una campagna in atto da parte della destra, che rivendica a sé le vittime del confine orientale. Questo è inaccettabile, perché non tutti coloro che furono uccisi erano fascisti, anche se certo le persone legate al passato regime, che aveva oppresso gli slavi, furono le prime a essere colpite dai partigiani. Qui però stiamo parlando di uso politico della storia, il dibattito tra gli studiosi si svolge su un piano del tutto diverso.

A questo proposito, come mai voi storici respingete l’uso dell’espressione «pulizia etnica» per la vicenda istriano-dalmata?

RAOUL PUPO — Si tratta di un termine inapplicabile al gruppo nazionale italiano, che in quelle zone non era un’etnia, cioè non si definiva in base a un’ereditarietà di sangue, perché si era molto infoltito nel tempo con l’integrazione di persone di varia origine, come si evince facilmente dai loro cognomi. Considerare gli italiani dell’Istria e della Dalmazia sotto un profilo etnico vuol dire tagliarne fuori circa la metà, con un’operazione questa sì davvero «riduzionista». Il termine più appropriato resta quello di esodo, che definisce ima delle possibili modalità di spostamento forzato delle popolazioni.

Ma quanti tipi ne esistono?

RAOUL PUPO — In sostanza sono tre. Il primo è la deportazione: il potere prende il gruppo individuato come bersaglio e lo trasferisce altrove, in campo di concentramento o anche nell’aldilà, come avvenne agli ebrei sotto il nazismo. Il secondo è l’espulsione, applicata ai tedeschi in Polonia e in altri Paesi dell’Europa orientale dopo il 1945: il potere emana una norma che impone alla comunità indesiderata di allontanarsi da un territorio, pena gravi rappresaglie. Infine l’esodo, quando il potere crea condizioni ambientali sfavorevoli per cui un gruppo è indotto ad andarsene. Quest’ultimo è il caso dei giuliano-dalmati: la forma fu quella del diritto d’opzione per l’Italia, ma nella sostanza si trattò di un allontanamento coatto.

ERIC GOBETTI — Il termine pulizia etnica è scorretto, come nota Pupo, ma ne hanno fatto uso sia Napolitano sia Mattarella, a dimostrazione del fatto che un discorso propagandistico errato viene oggi utilizzato anche dai politici più moderati. Va ricordato inoltre che foibe ed esodo sono fenomeni diversi. Anche se c’è un contesto generale di violenza, non sono gli eccidi compiuti dai partigiani di Tito nel settembre 1943 e poi nella primavera- estate del 1945 che spingono gli italiani ad andarsene, perlopiù nel 1947. L’esodo è stato un dramma colossale, le cui ferite non sono ancora rimarginate, ma non può essere rappresentato come un conflitto tra italiani buoni e slavi cattivi. A parte il fatto che c’erano anche italiani schierati dalla parte di Tito, una tale visione propagandistica non fa un buon servizio agli esuli, che vengono ingiustamente assimilati ai fascisti. Purtroppo le associazioni degli istriano-dalmati si sono spesso prestate a questo racconto, ma molti tra i profughi non lo condividono e respingono l’uso politico della loro disgrazia.

Approfondiamo la questione del rapporto tra foibe ed esodo.

RAOUL PUPO— La paura è certamente uno dei fattori che spingono gli istriano-dalmati a lasciare le loro case, non l’unico. Le foibe sono terribili, ma non hanno lo scopo di espellere gli italiani. Vengono però vissute da loro come un monito: «Ecco che cosa potrebbe succedere se vi opponete al nuovo potere jugoslavo». Poi c’è la coercizione strisciante di un regime stalinista quale era all’epoca quello di Tito, che guarda agli italiani con forte sospetto. Così viene indebolita la capacità di resistere. Gli istriano-dalmati vorrebbero restare, ma la politica delle autorità comuniste crea condizioni che per loro sono invivibili dal punto di vista identitario. Così, quando capiscono che il dominio jugoslavo è definitivo, in particolare con il trattato di pace del 1947, le comunità decidono di partire. All’inizio gli italiani meno angariati, gli operai e parte dei contadini, preferiscono rimanere, ma poi la situazione peggiora anche per loro e scelgono di andarsene.

ERIC GOBETTI — L’esodo ha cause molto complesse, politiche, sociali, eco-nomiche e anche nazionali, nella misura in cui le autorità jugoslave diffidano degli italiani perché assimilati al fascismo, secondo una costruzione simbolica prodotta in vent’anni di regime mussoliniano. Lo spostamento del confine verso ovest e il cambiamento di governo dopo la guerra comportano anche una crisi psicologica per gli italiani, dovuta al «rovesciamento» dei rapporti di potere tra le comunità: all’improvviso gli slavi, prima subalterni, diventano dominanti.

Fanno eccezione i comunisti italiani, all’epoca schierati con Tito.

RAOUL PUPO — Il Pci si trova fra l’incudine e il martello. In Venezia Giulia è presente solo a Trieste e dintorni, in Istria pochissimo. È inevitabile che subisca l’egemonia dei compagni jugoslavi, ben più radicati sul territorio. È di fatto subalterno a Tito, grazie al quale riceve aiuti preziosi. Quindi nel 1943 dà subito per scontato che l’Istria finirà alla Jugoslavia e si trova in difficoltà anche a Trieste e Gorizia, due città rivendicate dagli sloveni che considerano nemico ogni oppositore dell’annessione. Per circa un anno il Pei triestino cerca di tenere una posizione autonoma, dando priorità alla lotta urbana, ma nell’estate del 1944 la sua dirigenza viene sgominata dai nazifascisti e i superstiti accettano la linea rivoluzionaria imposta dalle forze di Tito. Una linea che peraltro piace parecchio ai comunisti del Nord Italia, che vedono con favore l’instaurazione di un regime socialista a Trieste.

Palmiro Togliatti però la pensa diversamente.

RAOUL PUPO — Il segretario del Pci, in sintonia con Iosif Stalin, non persegue la rivoluzione in Italia, ma l’unità antifascista nei Comitati di liberazione nazionale (Cln). E nell’autunno 1944 stipula con Edvard Kardelj, capo dei comunisti sloveni, un’intesa ambigua: rivendica la sua linea unitaria per l’Italia, ma in Venezia Giuba, pur senza schierarsi per la cessione della zona agli jugoslavi, accetta che questi ultimi facciano a modo loro, il che significa liquidare la parte di Resistenza italiana che rifiuta di piegarsi a Tito. Di qui la strage di Porzus, che vede partigiani legati al Pci eliminare resistenti della formazione patriottica Osoppo. A loro volta gli jugoslavi, quando entrano a Trieste nel maggio 1945, eliminano il Cln locale. Poi il Pci ha sostenuto di aver difeso l’italianità della Venezia Giuba, ma lo aveva fatto solo nei limiti consentiti da Tito, che ne capiva le esigenze e ne tollerò l’ambiguità.

ERIC GOBETTI — Bisogna precisare che l’ordine ai partigiani triestini di collaborare con gli sloveni non giunge dal Pci, ma dal Cln dell’Alta Italia (Clnai), in cui erano presenti anche le altre forze politiche antifasciste.

RAOUL PUPO — La linea dei comunisti però va molto oltre le raccomandazioni del Clnai.

ERIC GOBETTI — Il Pci ha interesse a che s’instaurino regimi comunisti ovunque è possibile, Trieste compresa, anche perché Togliatti sa che invece l’Italia finirà nella sfera d’influenza anglo-americana. Ciò non toglie che il Pci abbia svolto un ruolo positivo nella Resistenza, alla Costituente e in seguito, difendendo gli ideali progressisti. Quando poi nel 1948 c’è la rottura tra Mosca e Belgrado, Togliatti si schiera con Stalin come quasi tutti i comunisti del mondo, mentre Tito resiste alle pressioni dell’Urss grazie all’appoggio anglo-americano, ma anche al forte consenso di cui gode nel suo Paese.

Veniamo alle relazioni tra l’Italia e le Repubbliche ex jugoslave, alla luce di quel passato tragico.

RAOUL PUPO — I rapporti tra Roma e Lubiana erano ottimi, anche a livello locale, già prima dell’incontro di luglio tra Mattarella e Pahor, nonostante le memorie divise. Ma il gesto di ricordare insieme le foibe e la repressione fascista a Basovizza, dove ci sono il monumento alle vittime dei partigiani jugoslavi e quello agli irredentisti sloveni fucilati sotto il regime di Mussolini, ha un valore simbolico clamoroso, che può aprire una stagione nuova. Però ci troviamo nel tempo sospeso del Covid. Con il ritorno alla normalità vedremo se la società saprà seguire la via indicata dai due presidenti.

ERIC GOBETTI — lo sono ottimista: credo che l’incontro di Trieste ci autorizzi a ben sperare, dopo i problemi sorti per la strumentalizzazione politica del Giorno del Ricordo. Resta però un elefante nella stanza: la questione enorme e taciuta dei crimini di guerra italiani in Jugoslavia. Oggi i rapporti tra Berlino e Varsavia sono distesi perché la Germania ha riconosciuto le atrocità compiute in Polonia. Sarebbe impensabile che uno statista tedesco ricordasse le sofferenze del suo popolo (dodici milioni di persone espulse dall’Est, quasi due milioni di vittime), senza menzionare Auschwitz. Sarebbe ora che anche i governanti italiani riconoscessero a livello ufficiale orrori come quelli del campo sull’isola di Arbe, dove furono richiusi migliaia di civili slavi e circa 1.500 morirono di stenti.

RAOUL PUPO — Quest’anno in aprile ricorrono ottant’anni dall’invasione italo-tedesca della Jugoslavia. Speriamo che l’occasione venga colta per un gesto del genere.

 

Dal catalogo Laterza:

                

 

27 gennaio | Leggere, capire, approfondire

In occasione del Giorno della Memoria, i nostri consigli di lettura e approfondimento:

Edith Bruck – Andrea Riccardi
Oltre il male

 

 

 

Carlo Greppi
Un uomo di poche parole
Storia di Lorenzo, che salvò Primo

 

 

 

Anna Foa
Il suicidio di Israele

 

 

 

Andrea Riccardi
La guerra del silenzio
Pio XII, il nazismo, gli ebrei

 

 

 

Anna Veronica Pobbe
Un manager del Terzo Reich
Il caso Hans Biebow

 

 

 

Roberto Calvo
L’ordinamento criminale della deportazione

 

 

 

 

Anna Foa
Gli ebrei in Italia
I primi 2000 anni

 

 

 

 

Pierre Savy (a cura di)
Storia mondiale degli Ebrei

 

 

 

 

Wolfgang Sofsky
L’ordine del terrore
Il campo di concentramento

 

 

 

Anna Foa
Portico d’Ottavia 13
Una casa del ghetto nel lungo inverno del ’43

 

 

 

Enzo Collotti
Il fascismo e gli ebrei
Le leggi razziali in Italia

 

 

 

Filippo Focardi
Il cattivo tedesco e il bravo italiano
La rimozione delle colpe della seconda guerra mondiale

 

 

 

Andrea Riccardi
L’inverno più lungo
1943-44: Pio XII, gli ebrei e i nazisti a Roma

 

 

 

Ian Kershaw
Hitler e l’enigma del consenso

 

 

 

Anna Foa
Portico d’Ottavia
ill. di M. Berton

 

 

 

 

A tu per tu con la Commedia

Giuseppe Patota
A tu per tu con la Commedia. Inferno
Letture di Luca Pedron

mercoledì 15 gennaio, ore 18
Teatro Manzoni – via Monte Zebio 14 – Roma


Ingresso libero – prenotazione consigliata
Tel. 06.32.23.634 – WhatsApp 327.89.59.298
e-mail eventi@teatromanzoniroma.it


L’anno è il 1300. Un uomo si è perso nel buio pesto di una selva. Non sa come ci è arrivato, né come uscirne. È terrorizzato. Da qui prende avvio un viaggio a dir poco incredibile, che lo porterà prima nelle viscere della Terra…

Chi ha detto che leggere la Divina Commedia sia un’impresa per pochi? È vero che leggerla è arduo per la lingua in cui è scritta e l’enorme varietà di temi trattati, ma è un’avventura straordinaria. Giuseppe Patota, che ha dedicato parte dei suoi studi alla lingua di Dante, ha trovato il modo di rendere accessibile quest’opera magnifica e complessa perché possa essere capita e apprezzata anche da chi non la conosce, da chi la conosce poco e da chi l’ha conosciuta, ma non se la ricorda.

Giuseppe Patota, professore ordinario di Linguistica italiana nell’Università di Siena, è socio corrispondente dell’Accademia Nazionale dei Lincei, Accademico della Crusca e dell’Arcadia, membro del direttivo della Fondazione “I Lincei per la scuola” e del comitato scientifico della Fondazione Natalino Sapegno. Ha al suo attivo circa centottanta pubblicazioni scientifiche, didattiche o divulgative dedicate alla lingua italiana, alla sua storia e al suo insegnamento. È condirettore, con Valeria Della Valle, del Dizionario dell’italiano Treccani e direttore del Thesaurus Treccani, usciti in prima edizione nel 2018 e in seconda edizione nel 2022.
Il suo nuovo libro, A tu per tu con la Commedia, è ora in libreria.

 

Il Romanzo dell’Italia

 

“IL ROMANZO DELL’ITALIA”

Un ciclo speciale di Lezioni di Storia all’Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone

A Roma, dall’11 febbraio al 26 maggio 2025

 

Al via a febbraio 2025 “Il Romanzo dell’Italia”, il nuovo ciclo speciale di Lezioni di Storia ideato dagli Editori Laterza e realizzato in coproduzione con la Fondazione Musica per Roma. In dialogo con Paolo Di Paolo, storici e storiche si confronteranno – nella Sala Petrassi dell’Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone di Roma – con quattro grandi romanzi che hanno saputo raccontare il fascismo, la Resistenza, la Liberazione.

Ad aprire il ciclo, l’11 febbraio, Emilio Gentile con Gli indifferenti: romanzo d’esordio di un giovanissimo Alberto Moravia, sarà la chiave di lettura degli anni in cui il fascismo svela il suo volto più autoritario e truce, e una larga “zona grigia” della popolazione italiana assiste al consolidamento del regime.

Dalle Cinque storie ferraresi di Giorgio Bassani muoverà poi il dialogo con Anna Foa, che il 19 marzo accompagnerà il pubblico attraverso una stagione violenta – quella delle leggi razziali, della persecuzione antisemita, dell’ombra angosciante della deportazione.

Il 15 aprile con Carlo Greppi si discuterà invece di Resistenza, a partire da un racconto fiabesco ma non edulcorato della lotta partigiana quasi in presa diretta: Il sentiero dei nidi di ragno, romanzo d’esordio di Italo Calvino.

Sarà Benedetta Tobagi a chiudere questo nuovo ciclo il 26 maggio, con una lezione dedicata all’Agnese va a morire di Renata Viganò e alle donne nella lotta partigiana: c’è un’altra storia, fatta di donne come l’Agnese, lavandaia e staffetta, rimasta a lungo nel silenzio e nell’ombra.

 

 

INFO BIGLIETTERIA

Abbonamento: 45 euro; biglietto singolo: 14 euro.
Abbonamento studenti: 20 euro; biglietto singolo studenti: 5 euro.

 

Abbonamenti e biglietti in vendita a partire da sabato 21 dicembre:

  • online sul sito ticketone.it;
  • presso il botteghino dell’Auditorium Parco della Musica, in orario continuato dalle ore 11 alle 20, domenica e festivi dalle 10 alle 18.

 

 

PROGRAMMA

 

11 febbraio 2025, ore 19

Emilio Gentile – IL FASCISMO – Gli indifferenti di Alberto Moravia

Romanzo d’esordio di un giovanissimo Moravia, illumina un interno borghese carico di ipocrisie. L’indifferenza come una posizione esistenziale che diventa politica. Sono gli anni in cui il fascismo svela il suo volto più autoritario e truce e una larga “zona grigia” della popolazione italiana assiste al consolidamento del regime.

Emilio Gentile è professore emerito di Storia contemporanea all’Università “La Sapienza” di Roma.

 

19 marzo 2025, ore 19

Anna Foa – LE LEGGI RAZZIALI – Cinque storie ferraresi di Giorgio Bassani

Cinque racconti del grande autore del Giardino dei Finzi-Contini seguono le vicende di altrettante figure umane segnate dalla cupezza di una stagione incerta e violenta. Le leggi razziali, la persecuzione antisemita scuotono le vite della comunità ebraica di Ferrara, famiglie travolte dalla paura e dall’ombra angosciante della deportazione.

Anna Foa è professoressa emerita di Storia moderna all’Università “La Sapienza” di Roma.

 

15 aprile 2025, ore 19

Carlo Greppi – LA RESISTENZA – Il sentiero dei nidi di ragno di Italo Calvino

La lotta partigiana vista e vissuta da un bambino nel romanzo d’esordio di Calvino: boschi e monti dell’Estremo Ponente ligure, gesti bruschi e misteriosi, giorni di attesa, di paura, di violenza. Un racconto fiabesco ma non edulcorato della lotta partigiana quasi in presa diretta.

Carlo Greppi è storico, scrittore e dottore di ricerca in studi storici.

 

26 maggio 2025, ore 19

Benedetta Tobagi – LE DONNE NELLA LOTTA PARTIGIANA – L’Agnese va a morire di Renata Viganò

Le guerre le raccontano gli uomini. Ma c’è un’altra storia, ed è fatta di donne rimaste a lungo nel silenzio e nell’ombra. Donne come l’Agnese di questo romanzo, lavandaia nelle valli di Comacchio. Dopo la cattura e la morte del marito per mano nazifascista, sceglie di collaborare con i partigiani come staffetta.

Benedetta Tobagi è scrittrice e storica, collabora con “la Repubblica”.

Natale 2024: i nostri consigli di lettura

 

 

Guido Barbujani | L’alba della storia. Una rivoluzione iniziata diecimila anni fa

Luciano Canfora | La grande guerra del Peloponneso

Edith Bruck – Andrea Riccardi | Oltre il male

 

David Salomoni | Leonesse. Le guerriere del Rinascimento

Alessandra Viola | Chiedi a una pianta.Come semi, alberi e fiori ci insegnano a essere felici

Laura Pepe | Sparta

 

Christopher Clark | Il fuoco della rivoluzione. L’Europa in lotta per un nuovo mondo 1848-1849

Mario Prignano | Antipapi. Una storia della Chiesa

Guido Alfani | Come dèi fra gli uomini. Una storia dei ricchi in Occidente

Più Libri Più Liberi: i nostri appuntamenti

 

Appuntamento a Roma con Più Libri Più Liberi: ti aspettiamo dal 4 all’8 dicembre allo stand B42, con i nostri libri e un programma ricchissimo.

 

● mercoledì 4 dicembre ●

● ore 15.15 – Arena Repubblica-Robinson
Hotspot: l’Europa al centro della crisi climatica
con Stefano Liberti e Francesca Santolini
modera Luca Fraioli

● sabato 7 dicembre ●

● ore 12.30 – Auditorium
Luciano Canfora 
La grande guerra del Peloponneso
lectio magistralis
introduce Giuseppe Laterza

● ore 13.30 – Sala Sirio
Filippo Maria Nimbi
Sex positive. La rivoluzione gentile che sta cambiando la sessualità
con Maura Gancitano

● ore 15.30 – Sala Sirio
Silvia Ballestra
Una notte nella casa delle fiabe
con Nadia Terranova

● domenica 8 dicembre ●

● ore 12.15 – Sala Luna
Laura Pepe  
Sparta
con Ilaria Gaspari

● ore 14.45 – Sala Luna
Anna Foa 
Il suicidio di Israele
con Marco Damilano

● ore 16.30 – Sala Cometa
Francesco Rutelli 
Città vince, città perde
con Massimiliano Fuksas
modera Monica Guerzoni

Solidarietà a Christian Raimo

La casa editrice Laterza esprime solidarietà e sostegno a Christian Raimo, curatore per noi del volume Alfabeto della scuola democratica, in questi giorni in libreria. L’autore, insegnante, è stato sospeso per tre mesi dal servizio e soggetto a una decurtazione dello stipendio del 50%, in seguito alle parole pronunciate, al di fuori della scuola, a proposito del Ministro Valditara e delle sue politiche.

Riteniamo che la libertà di opinione vada tutelata sempre e in ogni occasione dalle istituzioni e in particolare da quella scolastica. Queste sanzioni contribuiscono a instaurare un clima di intimidazione di censura in un momento in cui al contrario necessitiamo di dibattito e dialogo. Ci auguriamo che la pubblicazione del libro Alfabeto della scuola democratica e gli eventi di discussione e presentazione dello stesso possano contribuire in questo senso.

Invenzioni: le Lezioni di Storia a Roma

 

“INVENZIONI”

Le Lezioni di Storia tornano

all’Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone

 A Roma, dal primo dicembre 2024 al 13 aprile 2025

 

Si rinnova, a partire dal primo dicembre 2024, l’appuntamento con le Lezioni di Storia all’Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone di Roma: “Invenzioni” è il titolo di questo nuovo ciclo, ideato dagli Editori Laterza e realizzato in coproduzione con la Fondazione Musica per Roma.  

Come nasce un’invenzione? Che sia una ricetta, uno strumento tecnico, uno stile artistico, un simbolo, un concetto politico o un’arma letale… si può, indagando alcune delle invenzioni che hanno segnato la storia dell’umanità, rintracciare un fattore comune nel processo che porta alla nascita di qualcosa di nuovo? E quanto è veramente nuova un’invenzione?

Quello che sembra accomunare le invenzioni scelte per i nove incontri di questo nuovo ciclo di Lezioni è un percorso mai lineare, fatto di viaggi e scambi di idee, di leggende e di coincidenze, ma anche di grandi travagli e battaglie. “Il dubbio”, diceva lo scrittore americano Ambrose Bierce, “è il padre delle invenzioni”: e forse sarà proprio il dubbio a guidarci in questo viaggio.

Riscopriremo insieme storie e protagonisti di innovazioni molto diverse fra loro: dalla scrittura alla democrazia, passando per la bussola, gli spaghetti, il barocco, il saluto romano, la psicoanalisi e la bomba atomica, fino ad arrivare ai nostri giorni, con l’intelligenza artificiale.

Sarà Silvia Ferrara a salire per prima sul palcoscenico il 1° dicembre. Attraverso un viaggio nel tempo e nello spazio, tra Cina, Mesopotamia, Egitto, racconterà come è nata la scrittura ma anche come sono stati inventati i primi segni, e come questi ci parlino della nostra immaginazione.

Il 22 dicembre Luciano Canfora rifletterà sull’invenzione della democrazia: mai parto lessicale fu più doloroso, mai realtà effettuale più mitizzata, fraintesa, strumentalizzata.

Appuntamento al 19 gennaio 2025 con Alessandro Vanoli e la storia della bussola: il racconto di un incontro tra culture che avrebbe cambiato per sempre le sorti della navigazione, e che comincia con un ago calamitato.

Da dove vengono invece gli spaghetti? Nessun piatto, per quanto identitario, affonda le sue radici esclusivamente nel proprio luogo: il 2 febbraio Massimo Montanari sfatando tutti i falsi miti proporrà un’appassionante ricostruzione storica di un simbolo della nostra cultura.

Il 16 febbraio sarà la volta di Francesca Cappelletti: insieme a lei ci chiederemo chi – tra Bernini, Rubens e altri indiziati – ha inventato il barocco.

Alla più riuscita tra le invenzioni storiche del regime fascista sarà dedicata la lezione di Andrea Giardina, il 2 marzo. I Romani non facevano il saluto romano, e gli studiosi lo sanno bene: una trovata che oggi non è pittoresca né innocua.

Il 16 marzo Vittorio Lingiardi parlerà di inconscio e rivoluzione psicoanalitica, terza sfida al nostro egocentrismo dopo quella copernicana e quella darwiniana: non siamo – ci insegna – padroni a casa nostra.

Il 30 marzo Piero Martin si addentrerà nella storia dell’invenzione che Neruda ha definito «frutto terribile d’elettrica bellezza», la bomba atomica. Il Fisico seguirà le tracce di Einstein e Sacharov: emblemi di un’irrisolta contraddizione.

Il 13 aprile Barbara Caputo concluderà il ciclo con una lezione dedicata all’intelligenza artificiale, alle menti brillanti e alle fortunate coincidenze che hanno reso possibile una straordinaria crescita a partire dagli studi di matematica informatica degli anni Cinquanta.

Tutte le lezioni sono introdotte da Paolo Di Paolo.

 

INFO BIGLIETTERIA

Abbonamento: 95 euro; biglietto singolo: 14 euro; abbonamento studenti: 45 euro; biglietto singolo studenti: 5 euro.

Per la vendita dei biglietti e abbonamenti: 

Nuovi abbonamenti in vendita da martedì 15 ottobre; biglietti singoli in vendita da martedì 29 ottobre. Presso il botteghino dell’Auditorium Parco della Musica, in orario continuato:

il 15 Ottobre dalle ore 08:30 alle ore 19:00 (solo il 15 ottobre verranno distribuiti numeri elimina coda a partire dalle ore 08:00.);

tutti i giorni dalle ore 11:00 alle 20:00.

Online sul sito www.ticketone.it

Vista l’alta percentuale di rinnovo, la disponibilità dei posti è limitata. Sarà possibile acquistare un massimo di due abbonamenti, o biglietti, a persona, e nel caso dei biglietti un numero massimo di 6 lezioni su 9.

 

 

PROGRAMMA

 

1° dicembre 2024, ore 11

Silvia Ferrara – LA SCRITTURA

Per capire come è nata la scrittura dobbiamo fare un salto indietro di più di 5000 anni, e percorrere migliaia di chilometri tra Cina, Mesopotamia, Egitto e i popoli Maya, e finire il nostro viaggio sull’isola di Pasqua, dove una scrittura sembra essere stata inventata da zero. Ma non basta, dobbiamo andare ancora più indietro nel tempo, per capire come sono stati inventati i primi segni, e come questi ci parlino della nostra immaginazione, della nostra percezione visiva e del rapporto con ciò che ci circonda.

Silvia Ferrara è professoressa di Filologia micenea e Civiltà egee all’Università di Bologna.

 

22 dicembre 2024, ore 11

Luciano Canfora – LA DEMOCRAZIA

L’invenzione della democrazia. Mai parto lessicale fu più doloroso, mai realtà effettuale fu più mitizzata, fraintesa, strumentalizzata. Eppure si tratta di uno dei meno caduchi ancorché controversi termini del lessico politico. Le più diverse, talora opposte, correnti politiche si pretendono e si presentano tuttora come suoi interpreti autentici.

Luciano Canfora è professore emerito di Filologia greca e latina all’Università di Bari.

 

19 gennaio 2025, ore 11

Alessandro Vanoli – LA BUSSOLA

Dicono sia nata ad Amalfi ma non è del tutto vero. La storia della bussola è la storia dell’incontro tra culture avvenuto sugli oceani attorno al X secolo, tra viaggiatori cinesi, arabi, greci e latini. Un incontro che avrebbe cambiato per sempre le sorti della navigazione, legando le rotte ai venti e alle direzioni geografiche. Un racconto che comincia con un ago calamitato e che continua sui segni tracciati nelle carte nautiche, sino all’accelerazione tecnologica contemporanea.

Alessandro Vanoli, storico e scrittore, è esperto di storia mediterranea.

 

2 febbraio 2025, ore 11

Massimo Montanari – GLI SPAGHETTI

Molti pensano che gli spaghetti siano stati inventati dai cinesi e portati in Italia da Marco Polo, ma si tratta di una fake news pubblicata nel 1929 dall’organo dei produttori americani di pasta, il “Macaroni Journal”. In realtà gli spaghetti vengono sì dall’Oriente, ma da regioni e culture più vicine a noi (l’impero persiano) e a farli conoscere in Italia sono stati gli arabi. Rimane indiscusso che è stato in Italia che le potenzialità di questo prodotto sono state valorizzate in modo straordinario, facendone un segno identitario della nostra cucina.

Massimo Montanari è professore emerito di Storia medievale all’Università di Bologna, dove ha insegnato per molti anni Storia dell’alimentazione.

 

16 febbraio 2025, ore 11

Francesca Cappelletti – IL BAROCCO

Chi ha inventato il Barocco? Abbiamo vari indiziati: Gian Lorenzo Bernini con la sua unità delle arti e la sua concezione coinvolgente e teatrale dell’opera d’arte; Rubens nell’estrema libertà di mescolare naturalismo eccessivo e rilettura della tradizione; gli studiosi dell’Ottocento, che sentivano l’esigenza di distinguere l’arte rinascimentale da quello che era successo dopo la fine del Cinquecento…

Francesca Cappelletti è professoressa di Storia dell’arte moderna all’Università di Ferrara. Da novembre 2020 è direttrice della Galleria Borghese.

 

2 marzo 2025, ore 11

Andrea Giardina – IL SALUTO ROMANO

I Romani non facevano il saluto romano. Gli studiosi lo sanno bene. Eppure ancora oggi, a ogni levata di braccio di un neofascista, viene evocata, tanto naturalmente quanto abusivamente, nella stessa denominazione del gesto, l’antica civiltà romana. Questo accade perché si tratta della più riuscita tra le invenzioni storiche del regime fascista. Una trovata che, sopravvissuta nella nostra Repubblica, nulla ha di pittoresco o di innocuo.

Andrea Giardina è professore emerito di Storia romana, presso la Scuola Normale Superiore di Pisa.

 

16 marzo 2025, ore 11

Vittorio Lingiardi – L’INCONSCIO

Si può parlare di invenzione dell’inconscio? O l’inconscio è sempre stato lì e bastava scoprirlo? Nel 1895, due medici viennesi, Sigmund Freud e Josef Breuer, negli Studi sull’isteria, danno vita scientifica a questo nuovo costrutto. Pochi anni dopo, Freud lo sviluppa nell’Interpretazione dei sogni e descrive la psicoanalisi come la terza sfida al nostro egocentrismo: dopo la rivoluzione copernicana, per cui non siamo più il centro dell’universo, e quella darwiniana, per cui il nostro regno è quello degli animali, la rivoluzione psicoanalitica ci insegna che non siamo padroni a casa nostra.

Vittorio Lingiardi, psichiatra e psicoanalista, è professore di Psicologia dinamica all’Università di Roma “La Sapienza”.

 

30 marzo 2025, ore 11

Pietro Martin – LA BOMBA ATOMICA

Einstein, padre della relatività e pioniere della quantistica. Sacharov, il più giovane membro dell’Accademia Sovietica delle Scienze, autore di ricerche fondamentali su materia e antimateria.  Fisici, paladini dei diritti umani, alfieri della pace, premi Nobel; Einstein per la fisica, Sacharov per la pace. E attori primi nell’invenzione delle bombe atomiche: emblemi di quell’irrisolta contraddizione che ha creato quel «frutto terribile d’elettrica bellezza», come definito da Pablo Neruda.

Piero Martin è professore ordinario di Fisica sperimentale all’Università di Padova.

 

13 aprile 2025, ore 11

Barbara Caputo – L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE

Ciò che oggi chiamiamo intelligenza artificiale nasce negli anni Cinquanta da studi di matematica informatica che cercano di automatizzare piccolissime parti del pensiero cognitivo e cresce nei decenni successivi grazie a una combinazione di menti brillanti e di straordinarie coincidenze. E oggi a che punto siamo?

Barbara Caputo, ingegnera, è professoressa al Politecnico di Torino, dove dirige l’Hub sull’Intelligenza artificiale dell’ateneo.

 

[Proposte di lettura]
Salute mentale

 Valentina Furlanetto

Cento giorno che non torno
Storie di pazzia, di ribellione e di libertà

«Mi sembra di vederli questi ragazzi, Franco che passeggia con i romanzi e i libri di scuola sottobraccio per le calli di Venezia, e Rosa che cammina sul ciglio della strada tornando dalla fabbrica, entrambi con i pensieri che si hanno a quell’età: un amore, le amicizie, il futuro.
Cent’anni dopo la nascita di Basaglia cerco di dipanare il groviglio di fili di due vite parallele, in cui si intrecciano storie di guerra, sofferenza, malattia mentale, speranza.»

 

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Antonio Semerari

La relazione terapeutica
Storia, teoria e problemi

Cosa accade nella relazione tra paziente e psicoterapeuta? Con quali concetti e con quali categorie possiamo descrivere adeguatamente gli eventi interpersonali che si sviluppano nella stanza della psicoterapia? In che misura  la relazione contribuisce alla cura e alla guarigione? Cosa deve fare il terapeuta per far sì che la relazione contribuisca alla cura e non diventi un ostacolo al trattamento o un fattore dannoso per il paziente?

 

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Gustavo Pietropolli Charmet

L’insostenibile bisogno di ammirazione

Pietropolli Charmet analizza il passaggio da Edipo a Narciso nell’universo degli adolescenti. Sono pagine che non colpevolizzano nessuno: mostrano i problemi che come adulti, genitori ed educatori oggi dobbiamo affrontare.

Marco Belpoliti, “la Repubblica”

 

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Jeremy D. Safran – J. Christopher Muran

Teoria e pratica dell’alleanza terapeutica
nuova edizione

Attraverso l’esemplificazione di casi clinici e trascrizioni di sedute, gli autori indagano il concetto di alleanza terapeutica, sia nei suoi aspetti teorici che in quelli pratico-operativi. Fondato sugli sviluppi della psicoterapia relazionale, il libro formula chiari principi di intervento riservando un’attenzione particolare ai processi interni del terapeuta e al ruolo che questi svolgono nel ricomporre i momenti di crisi dell’alleanza.

 

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Sophie Lambda

L’amore non basta! Come sono sopravvissuta a un manipolatore

L’amore può declinarsi in molti modi. Alcuni possono rivelarsi distruttivi: per esempio se la persona che amiamo è un narcisista manipolatore che, giorno dopo giorno, rende la nostra vita un vero inferno.

 

 

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I Disturbi di Personalità. Modelli e trattamento

a cura di Giancarlo Dimaggio e Antonio Semerari

Un contributo alla riflessione sulla clinica dei Disturbi della Personalità elaborato dal Terzo Centro di Psicoterapia Cognitiva di Roma. Il volume, diviso in due parti, presenta, nella prima, i Disturbi di Personalità scomposti nelle loro componenti fondamentali e i modelli che spiegano come tali componenti, interagendo fra loro, mantengano la patologia. Nella seconda, formula un modello di trattamento in grado di interrompere questi circuiti disfunzionali.

 

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Emma

Bastava chiedere! 10 storie di femminismo quotidiano

Conosci la scena: sei tornata dal lavoro, hai fatto la spesa, stai preparando la cena e nel frattempo pensi a quando pagare l’affitto / chiamare l’idraulico / prendere la pillola / finire quella mail di lavoro / controllare che i tuoi figli abbiano fatto i compiti / caricare la lavatrice. Tutto questo mentre il tuo compagno ti chiede se per caso sai dove sono finite le sue scarpe. Storie esilaranti e tremendamente serie. Un fumetto femminista che ogni donna (e ogni uomo) dovrebbe leggere.

 

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Curare i casi complessi

a cura di Antonino Carcione, Giuseppe Nicolò e Antonio Semerari 

Nell’attività clinica è in pratica impossibile incontrare un paziente con un disturbo di personalità che non sia diagnosticabile almeno per un altro disturbo di personalità e altri disturbi psichiatrici. Già questo dato rende insostenibile l’attuale nosografia categoriale che sopravvive a se stessa per mancanza di alternative e per l’assenza di linee terapeutiche che prescindano dalle categorie. In questo libro gli autori del Terzo Centro propongono un modello integrato di terapia che va al di là delle diagnosi categoriali e punta al trattamento dei fattori generali della patologia della personalità. In questo contesto particolare enfasi viene posta sullo sviluppo delle funzioni metacognitive e sull’integrazione di procedure e tecniche di psicoterapie diverse.

 

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Antonio Semerari

Storia, teorie e tecniche della psicoterapia cognitiva

Un’introduzione organica e completa alla psicoterapia cognitiva. I più recenti modelli cognitivi della valutazione e dell’intervento psicoterapico sono fatti oggetto di un’accurata trattazione, che si caratterizza per il frequente ricorso ad esempi concreti, tratti da trascrizioni integrali di sedute. Questa vivida presentazione della dimensione pratico-operativa della psicoterapia cognitiva acquata poi respiro sullo sfondo di un’originale ricostruzione storica dell’influenza delle scienze della mente sulle teorie del cognitivismo clinico, da quelle dei pionieri Beck ed Ellis, fino al più recente approccio ‘metacognitivo’, di cui lo stesso autore è uno dei più autorevoli esponenti.

 

Plants are us

Gregory Conti on Phytopolis, by Stefano Mancuso

In this latest book by Italy’s best-known botanist, Stefano Mancuso speaks to his readers where the vast majority of them live, in cities. More and more, and the summer of 2024 is only the most recent and to date most extreme example, that means cities that are so overheated they are at risk of becoming unlivable. Right now, 55% of the world’s population lives in cities; by 2070 70% of us will live there, and as I’m sure you have noticed, our cities are getting hotter. Now, 14% of the urban population experiences intense summer heat. By 2050 the share of the overheated urban population is predicted to reach 45%. Put another way, by 2080, as we are now trending, your city will have the climate of a city almost 500 miles to the south.

So there is no doubt, overheated cities are a serious problem. But I don’t want to give you the wrong impression. Actually, two wrong impressions. Though it is rich in scientific references and information, Phytopolis, like all of Mancuso’s books, is much more than that. More important, the optimism expressed in the subtitle, The Living City, is something Mancuso takes, and wants his readers to take, to heart. Phytopolis describes and explains the problem of urban warming, but it also suggests and describes solutions, some of which have already been tried and are working.

If you know some of Mancuso’s previous books, you will not be surprised that the biggest contribution to solving urban warming will come from plants, particularly trees. From the prologue:

The cities of the future, whether constructed ex novo or renewed, will have to bring nature back inside our new habitat, transforming cities into phytopolises (phyto, or plant + polis, or city), living cities in which the relationship between plants and animals approaches the relationship that we find in nature: 86.7 percent plants and 0.3 percent animals (humans included). This would involve dedicating a large part of the surface area of a city to plants, which is the exact opposite of what happens today. I can’t think of anything more important than this for the future of humanity: recalibrating our relationships with the other living beings, first among them our relationship with plants.

Mancuso cites the examples of Paris, Berlin and especially Seoul, with its more than 16 million new trees, as cities that have already put into place programs to bring nature back into the city. In chapter nine of the book, “Treeways,” he tells of the Brazilian city of Curitiba, population 2 million, which in just a few years has increased its green space from 10.7 square feet to 592 square feet per person by planting millions of trees and creating dozens of parks, but also by turning its main traffic street into a treeway, where cars have been replaced by bicycles and pedestrians, and by adding an efficient rapid transit system.

The real beauty of Phytopolis, however, is much broader and more profound than these encouraging and useful examples. This short and engaging book is most significant for its presentation of how we got to where we are today. Our largely nature-free cities, Mancuso explains, have come about because humans have modeled cities on our own bodies and without reference to or understanding of the living beings that have been the most successful species in adapting to their environment: plants. In chapters that provide a basic overview of the human-based models of urban planning, from the Renaissance to Le Corbusier and Robert Moses, Mancuso offers us a new understanding of our relationship with nature, which we are part of and not separate from and superior to. If we want to make living cities, Mancuso suggests, we must reach a new understanding of how cities, like all living beings, evolve, and how we can learn from plants in adapting to and modifying our environment to ensure our survival and our happiness.

In conclusion, I should note that the publication date chosen by Mancuso’s American publisher, Other Press, is no accident. Like his three previous books published by OP, Phytopolis will be coming out on Earth Day and I can’t think of any better way to celebrate than by reading it, unless perhaps you want to start by reading the others, all published by Other Press and translated by Gregory Conti.

 

 

Gregory Conti – Born and raised in Pittsburgh, he moved to Perugia in 1985. Since then he has taught at the University of Siena (Arezzo), the University of Perugia, Rutgers University, and the University of Rochester (Arezzo). His published translations include works by Giuseppe Berto, Rosetta Loy, Emilio Lussu, Paolo Rumiz, and Stefano Mancuso. He is currently working on a collection of short stories by Leonardo Sciascia and The Jews in Italy by Anna Foa.