Salvo Palazzolo racconta “I fratelli Graviano”

Le stragi del 1992 hanno segnato un indelebile spartiacque nella storia del nostro Paese. Tra i protagonisti di quei fatti drammatici c’erano Giuseppe e Filippo Graviano, uomini di fiducia del boss Riina che mai si sono dissociati dall’organizzazione mafiosa.

In questo straordinario libro-inchiesta per la prima volta si ricostruisce la loro storia e si cerca di fare chiarezza su alcuni dei misteri ancora irrisolti di quella stagione.

Salvo Palazzolo racconta I fratelli Graviano.

Il libro:

“Giocare a calcetto coi maschi è la prova regina della virilità”

Bruno Ventavoli | Tuttolibri | 26 febbraio 2022

«Non sempre mi sono chiamato Ale. Prima mi chiamavano Lisa». Ma qualcuno, come il dentista, sbaglia ancora i nome. E poi, scusandosi per il lapsus, aggiunge la domandina indiscreta su «che cosa c’è là sotto». Perché la Natura costruisce corpi con indubitabili attributi sessuali in corrispondenza del bacino. Mentre lo spirito (se vogliamo essere hegeliani) o la provvidenza (se vogliamo credere in qualche divinità burlona) si diverte a sparigliare le cose. E non sempre l’identità sessuale s’accorda con l’involucro di carne e ossa. Questo racconta Alec Trenta con Barba, vaporosa autofiction a fumetti di un* ragazz* nat* due volte.

Lisa non si trovava nei panni della femminuccia. Voleva giocare a pallone con i maschietti. Vestirsi come loro. Comportarsi come loro. E per impadronirsi del loro status rubava addirittura le loro biglie, temperini, gomme.

All’inizio la confusione è grande. Se «le» piacciono le ragazze è una lesbica? No, troppo semplice. Serve un’operazione? Forse, però Lisa ha paura del bisturi. Il problema è più profondo: il senso di vuoto interiore. Prova a riempirlo come un kebab di ipotesi, esperimenti, sfoghi. Ma il maledetto vuoto resta. Finché non decide di intraprendere un percorso di «affermazione di genere». Perché ha semplicemente capito di essere «transgender».

Incontra lo psicologo, l’endocrinologo, l’avvocato. La mamma e il babbo sono due compagni comprensivi di questo viaggio attraverso la medicina, la burocrazia, il consenso sociale. A poco poco la metamorfosi comincia. Crescono gli agognati peli, che sono il sigillo esteriore di un’avvenuta vittoria interiore. Qualcuno comincia a scambiarlo per un uomo. Addirittura può giocare a calcetto con gli altri maschi. La prova regina della virilità. Naturalmente quando ha sui piedi la palla per segnare il primo gol maschio, sparacchia maldestramente sulla traversa. Perché continua ad avere i «piedi a banana». E anche, soprattutto, perché quella suddivisione del mondo in maschio e femmina, azzurro e rosa, calcio e bambole, è davvero una tassonomia fallata, troppo semplicistica per accogliere la ricchissima fluidità della vita.

Barba è la storia di una transizione riuscita. Di un’identità conquistata. Di una rinascita. Il segno molto semplice ben s’accorda con un percorso tutto sommato facile. Ben diverso dal romanzo grafico di un’altra adolescenza «trans», quella di Fumettibrutti, che raccontava il passaggio inverso, dal maschile al femminile, con dettagli urticanti. Lo sfruttamento anche violento che i maschi facevano del suo corpo androgino, la dolorosa operazione chirurgica, lo spaesamento amoroso. Tutto tragico e grottesco al tempo stesso. Trenta, che tra l’altro rende omaggio a Fumettibrutti, sceglie una via narrativa più dolce. Sottolinea più la comprensione e l’aiuto che l’ostilità, la complicità più che l’emarginazione, il sorriso più che il bullismo. I genitori sono dalla sua parte, gli amici, e persino alcune ragazze che finalmente può amare da maschio. In fondo al libro c’è un numero di telefono (vero) cui tutti quelli che hanno dubbio problemi di genere possono rivolgersi. Barba, caso mai ce ne fosse bisogno, è la dimostrazione della vitalità che sta attraversando il nostro fumetto. Oltre ad essere strumento di attrazione alla lettura per i giovani nelle forme più popolari, sta diventando sempre più un linguaggio potente, ricco, variegato per raccontare il mondo fluido delle generazioni millennials. E lì dentro, in quella fusione nucleare di parole e disegni, che sta accadendo il meglio della narrativa giovane. Padri (nonni) se volete capire figli (nipoti) lasciate perdere Edipo o Turgenev, andate in fumetteria.

Questioni di genere

Chiara Bottici

Manifesto anarca-femminista

«O tutte, o nessuno di noi sarà libero». Questo il motto dell’anarca-femminismo. Questa nuova e rivoluzionaria visione vuol dire la liberazione di ogni creatura vivente dallo sfruttamento capitalista e dalla politica androcentrica di dominazione.

 

 

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Florence Rochefort

Femminismi
Uno sguardo globale

Dall’Europa all’America Latina, dall’Asia all’Africa, una mappa della storia dei movimenti femministi che negli ultimi duecento anni hanno lottato per la libertà delle donne.

 

 

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Judith Butler

Questione di genere
Il femminismo e la sovversione dell’identità

Il libro che ha segnato un punto di svolta del femminismo internazionale e che è divenuto un classico del pensiero di genere. Judith Butler argomenta perché il corpo sessuato non è un dato biologico ma una costruzione culturale.

 

 

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Cinzia Arruzza – Tithi Bhattacharya – Nancy Fraser

Femminismo per il 99%
Un manifesto

Abbiamo bisogno di un femminismo che dia la priorità alle vite delle persone. Oggi che il sistema di valori liberisti è in crisi e stiamo vivendo una nuova ondata femminista internazionale, abbiamo lo spazio per creare un altro femminismo: anticapitalista, antirazzista ed ecosocialista.

 

 

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Paola Columba

Il femminismo è superato
Falso!

Dalle battaglie delle femministe ‘storiche’ alle ragazze della youtube generation il punto resta la difesa dei diritti delle donne. Perché vanno difesi ogni giorno e di nuovo conquistati. Non possono mai essere dati per scontati. Le donne lo sanno. Lo sapevano le ragazze di ieri, devono saperlo le ragazze di oggi.

Festival Internazionale dell’Economia

 

FESTIVAL INTERNAZIONALE DELL’ECONOMIA

A Torino dal 31 maggio al 4 giugno 2022

 

Prende il via il Festival Internazionale dell’Economia, diretto da Tito Boeri, progettato e organizzato dagli Editori Laterza, con la collaborazione della Fondazione Collegio Carlo Alberto.

L’evento, che si terrà a Torino da martedì 31 maggio a sabato 4 giugno 2022 in alcune delle più belle sale della città, nasce da un’iniziativa pubblica promossa da “La Stampa” (che sarà Media Partner) e che ha visto protagoniste primarie istituzioni del territorio: Regione Piemonte, Comune di Torino, Compagnia di San Paolo, Fondazione CRT, Camera di commercio di Torino, Unioncamere Piemonte, Università degli Studi di Torino, Politecnico di Torino, coordinate dalla Fondazione Collegio Carlo Alberto.

 

Il Festival Internazionale dell’Economia si gioverà di un comitato editoriale di altissimo profilo, coordinato da Innocenzo Cipolletta di cui fanno parte il Premio Nobel per l’economia Michael Spence, Francesca Trivellato (Institute of Advanced Study a Princeton), Maria Laura Di Tommaso (Università di Torino), Stefano Sacchi (Politecnico di Torino), Pietro Garibaldi (Torino Local Committee – TOLC) e Giorgio Barba Navaretti (Fondazione Collegio Carlo Alberto) e Giuseppe Laterza.

La manifestazione avrà le caratteristiche che l’hanno resa nota a livello nazionale e internazionale: unire la ricerca scientifica più avanzata su un tema di grande rilievo pubblico con la grande capacità divulgativa, il pluralismo delle idee, l’assoluta autonomia da qualsiasi condizionamento politico ed economico.

Il premio Nobel Michael Spence ha definito il Festival “una gemma per il pubblico internazionale di cui nessun ricercatore al mondo può declinare l’invito e un’occasione preziosa per gli stessi economisti di avere in pochi giorni una rappresentazione di sintesi delle ricerche più rilevanti, apprese attraverso la viva voce dei colleghi. Mentre per il pubblico generale il Festival è un’occasione straordinaria per connettere le teorie economiche alla vita di ogni giorno.”

Il tema di quest’anno, Merito, diversità e giustizia sociale, rimanda alle questioni centrali del dibattito pubblico degli ultimi anni, in particolare alla lotta alle diseguaglianze, questione che richiede risposte urgenti e innovative.

“La pandemia – come spiega il direttore scientifico Tito Boeri – ci sta restituendo un mondo più diseguale e soprattutto diversamente disuguale. Nuovi tipi di disuguaglianze si sono sovrapposti a quelle già esistenti. La nuova crisi che si prospetta con l’invasione russa dell’Ucraina e le spinte che questa esercita sull’inflazione rischiano di esacerbare ulteriormente i divari di reddito cui si sono aggiunti i divari nello stato di salute e nelle condizioni abitative. Le disuguaglianze di genere si sono particolarmente acuite dato che la crisi ha falcidiato il lavoro delle donne e fatto gravare su di loro in modo sproporzionato responsabilità genitoriali con figli spesso costretti a casa dalla chiusura delle scuole. Il festival dedicherà quest’anno un’attenzione particolare ai divari di genere con la presenza delle ricercatrici e dei ricercatori che hanno maggiormente contribuito alla letteratura di gender economics a livello internazionale.”

 

Il Festival si articolerà in una serie di formati diversi tra loro, anche per rispondere alle esigenze di un pubblico plurale. Numerose le lezioni magistrali che saranno il cuore del Festival e che saranno tenute in maggioranza da relatori stranieri. A queste si affiancheranno i dialoghi dove vedremo discutere persone di opinioni e competenze diverse e le parole chiave che avranno un carattere più schiettamente divulgativo. Ci saranno anche nuovi formati come ad esempio storia delle idee. Nel programma centrale del Festival – che conta più di 70 eventi – interverranno più di 100 nomi tra relatori e relatrici, tra cui diversi premi Nobel come Jean Tirole e Christopher Pissarides. “Tra i relatori – sottolinea Tito Boeri – le tre persone che hanno maggiormente contribuito allo studio della discriminazione di genere: Marianne Bertrand, Claudia Goldin e Shelly Lundberg. Il 42% dei relatori saranno donne, nonostante meno del 20% degli economisti sia di sesso femminile.”

 

Torino ha una realtà straordinaria come il Circolo dei lettori e per questo sono state potenziate le presentazioni di libri, prevedendo incontri anche su testi non ancora tradotti in italiano, come quello di Olivier Blanchard sul debito e di Adrian Wooldridge sul merito. Molte le lecture di taglio storico nella splendida cornice dell’Accademia delle Scienze. Tra gli storici e le storiche hanno già dato conferma Alessandro Barbero, Eva Cantarella, Simona Colarizi, Barry Eichengreen, Joel Mokyr, Gianni Toniolo. Approfondiremo la storia delle idee che hanno influenzato il pensiero economico, ad esempio quella di giustizia sociale con Thomas Piketty o di mobilità sociale con Daron Acemoglu. La stragrande maggioranza degli incontri sarà in presenza a Torino. Agli economisti si affiancheranno come sempre studiose e studiosi di alto prestigio di altre discipline, come il giurista Cass Sunstein o il filosofo di Harvard Michael Sandel, oggi considerato anche il più popolare divulgatore di filosofia e autore di un brillante saggio sul merito che ha provocato una grande discussione internazionale. Ci chiederemo ad esempio come vengono scelti i premi Nobel e lo faremo con chi per 15 anni è stato nel Comitato che li ha nominati. Ospiteremo personalità simbolo della lotta alla discriminazione: tra queste siamo onorati di avere al Festival Liliana Segre.

Il calendario degli incontri del Festival sarà arricchito dal Programma Partecipato: eventi organizzati da istituzioni e associazioni, anche locali. La candidatura degli eventi dovrà essere presentata entro il 21 marzo con un modulo apposito che è scaricabile dai siti web di Laterza e della Fondazione Collegio Carlo Alberto. Nel Festival come sempre ci saranno anche incursioni nel mondo del cinema, della musica e dell’arte, con presenze significative che animeranno vari spazi della città. A questo proposito è stata avviata una collaborazione con il Museo del Cinema per la proiezione di film legati al tema del festival e con il Museo del Risparmio.

 

Il programma di attività non coinvolgerà solo Torino. In avvicinamento al Festival sono previsti incontri in altri luoghi e città del Piemonte che via via verranno annunciati.

Una presenza significativa al festival, come tradizione, sarà quella delle scuole, con il concorso EconoMia che riunisce gli studenti delle secondarie superiori di tutta Italia e questa volta anche con l’Eco-quiz somministrato nelle scuole medie inferiori.

Infine, il logo del Festival, un albero che rappresenta anche il futuro green dell’economia: un sistema attento all’ambiente che alimenta tutte le forme di vita in un equilibrio dinamico, rispettoso del pianeta e delle sue non illimitate risorse.

 

Il Festival è progettato e organizzato dagli Editori Laterza con la direzione scientifica di Tito Boeri ed è promosso dal TOLC, Torino Local Committee, che riunisce Regione Piemonte, Comune di Torino, Compagnia di San Paolo, Fondazione CRT, Camera di commercio, industria e artigianato e agricoltura di Torino, Unioncamere Piemonte, Università degli Studi di Torino, Politecnico di Torino, coordinati dalla Fondazione Collegio Carlo Alberto.

 

Qui il BANDO PARTECIPATO. La proposta di evento dovrà essere presentata entro il 21 marzo 2022.

Qui la conferenza stampa al Circolo dei Lettori di Torino (25 febbraio 2022)

 

 

Il pensiero lungo di Franco Cassano

Questo libro è un grande regalo. È l’ultimo scritto di Franco, Franco Cassano, scomparso nel febbraio 2021, che Luciana De Fazio, sua moglie e compagna di vita, ci ha generosamente offerto per la pubblicazione ben sapendo quanto ciò sarebbe stato accolto con entusiasmo in casa editrice. Perché con Franco oltre a un intenso e rilevante rapporto professionale c’era anche una relazione affettiva e intellettuale: che prevedeva sia le sue chiassose irruzioni nella redazione di Bari o le cene in cui si dichiarava eternamente a dieta e cercava invano di evitare gli schizzi di salsa sulla sua maglia; sia un intenso scambio di idee e riflessioni sul suo lavoro, sugli scenari politici e sociali, sul nodo di pensieri che stava affrontando. Con una sensibilità e una capacità di ascolto che erano parte del suo carattere e, insieme, del suo stile di ricerca.

Questo libro non è un “testamento spirituale”, né una “ultima lezione”. È molto di più: è il desiderio di Cassano, che sente vicina la fine, di esprimere un’interpretazione “autentica” del proprio percorso, mantenendo vivo il senso di quanto sia impossibile l’autocertificazione della storia intellettuale di un autore e di quanto sia ovvio che i suoi lettori lo interpretino e lo fraintendano. Con una consapevolezza nuova, alle soglie del buio, della auspicabilità di questo fraintendimento che tradisce una verità comunque fragile e contraddittoria, ma ne sottrae i tratti all’oblio:

L’interpretazione, quando è seria e impegnata, è un modo di rivivere quello che l’altro ha detto, una “fedeltà infedele” che permette agli uomini di comunicare pur rimanendo diversi.

L’incontro di Cassano con la casa editrice, al di là dei mille pregressi punti di contatto con la redazione barese di Vito Laterza, ha una data e perfino un’ora precisa: avviene nella nostra Libreria il 7 dicembre 1993, alle 18.30. Occasione: la presentazione, con Arcangelo Leone de Castris e Giuseppe Cotturri, del suo libro Partita doppia. Appunti per una felicità terrestre, edito quell’anno dal Mulino. Forse più che una presentazione fu un pacifico agguato. In particolare mia madre Giovanna, allora alla guida della Libreria, colpita dallo straordinario successo di pubblico nella presentazione di Approssimazione. Esercizi di esperienza dell’altro (il Mulino, 1989), mi aveva ripetutamente invitato ad avvicinare questo autore cinquantenne, brillante, fuori dai ranghi e dalle convenzioni, che sembrava poter dire e dare molto in quello che era un tempo complicato. Per l’epocale caduta del Muro di Berlino nel 1989 e per la dissoluzione dell’URSS nel 1991 che a molti sembrava promettere una prospettiva di mondializzazione e progresso felice ma di fatto aveva rotto un equilibrio, politico ed economico, in assenza di un’alternativa solida. Ma anche per i venti di guerra che per un decennio avrebbero scosso i territori della ex Iugoslavia, riportando alla luce antichi odi etnici e religiosi, che si sarebbero rivelati assai più che un residuale retaggio del passato. E poi per quello che era sotto i nostri occhi: il drammatico approdo della nave Vlora nel porto di Bari con il carico di dolore e speranza di ventimila albanesi nell’agosto 1991; il terribile e inaspettato rogo del Teatro Petruzzelli nell’ottobre dello stesso anno. E infine per quello che accadde tra il 1992 e il 1993 su scala nazionale ed europea: l’esplosione di Tangentopoli al Pio Albergo Trivulzio di Milano; la soppressione dell’intervento straordinario nel Mezzogiorno e la successiva crisi del sistema bancario meridionale; l’offensiva mafiosa in Sicilia con i mortali attentati a Falcone e Borsellino; la sottoscrizione del trattato di Maastricht che rilanciava il progetto europeo ma comportava l’adozione dei famigerati parametri di convergenza per l’accesso alla Unione economica e monetaria.

Da quell’incontro e in quel contesto è nato, ai primi del 1996, Il pensiero meridiano. Un’opera che ha avuto un successo straordinario ed esercitato una forte influenza, divenendo l’emblema della voglia di riscatto non solo del Sud d’Italia, ma di tutti i Sud.

Il padre del pensiero meridiano ha amato e odiato questo figlio.

Lo ha amato perché, tra mille travisamenti, ha acceso un dibattito nel Mezzogiorno in un clima politico che vedeva incrociarsi i tentativi di costruire una sinistra dopo lo scioglimento del Partito comunista italiano, la discesa in campo di Silvio Berlusconi, l’impennata della Lega Nord e della “questione settentrionale”. Ne è stato fatto – per lo più in buona fede – il manifesto di un rivendicazionismo meridionale, un appello alla “decrescita felice”, l’onirica immagine di un grande abbraccio dei popoli del Mediterraneo o della sconfinata bellezza dei Sud: tutte letture distorsive, espressione, però, del desiderio di rompere la cappa di silenzio che sul Mezzogiorno e sui (e tra i) meridionali era calata. In realtà, il nucleo forte dell’opera era nell’invito a ripensare un autonomo progetto di sviluppo per i Sud senza piegarsi al solo confronto con il modello dei Nord.

Il primo passaggio essenziale del libro – scrive Cassano nella prefazione alla edizione 2005 – sta nella netta e radicale rivendicazione di autonomia del Sud. Come recitava la quarta di copertina della prima edizione, il cuore del progetto è quello di “restituire al Sud l’antica dignità di soggetto del pensiero, interrompere una lunga sequenza in cui esso è stato pensato solo da altri”. Il Sud non è un non-ancora, non esiste solo nella prospettiva di diventare altro, di fuggire inorridito da sé per imitare il Nord venti o cento anni dopo, e quindi probabilmente mai. Il primo passo dell’autonomia sta proprio qui, nella comprensione che il futuro può non essere un inseguimento eternamente incompiuto ed eternamente fallimentare.

Era anche una visione ottimistica del mondo dopo la fine del bipolarismo: un mondo in cui sembrava che le istituzioni sovrannazionali – e non solo il capitalismo senza patria della globalizzazione – potessero prendere slancio e in cui pareva possibile aprire un dialogo di pace e comune progresso tra le sponde del Mediterraneo. Un tentativo di aprire una linea di ricerca – come ha scritto Franco Chiarello su “La critica sociologica” – per “modernizzare la modernità”.

Lo ha odiato perché gli è rimasto abbarbicato addosso anche quando la sua riflessione era andata avanti e oltre e, pur restando vitale il messaggio di fondo, troppe cose erano cambiate per ripeterlo ritualmente e senza distinzioni. Sì, perché Cassano aveva ben chiaro che il trauma delle Torri Gemelle, dell’11 settembre 2001, aveva avviato una spirale ritorsiva di cui era – e resta difficile ancora oggi – vedere gli esiti; che la crisi finanziaria esplosa nel 2007 aveva mostrato il volto cattivo della globalizzazione come motore di disuguaglianze, impoverimento e paura anche nei paesi ricchi; che la deludente esperienza delle “primavere arabe” aveva mostrato i limiti dell’idea di una meccanica esportazione della democrazia senza contraccolpi e contraddizioni. Tutti temi, questi, che – insieme alla riflessione sullo scenario politico italiano – hanno ispirato altri due libri Laterza: L’umiltà del male (2011) e Senza il vento della storia. La sinistra nell’era del cambiamento (2014), nei quali si è interrogato sui fenomeni dei populismi insorgenti, sui nuovi rancori razziali e territoriali, sulla disarticolazione del mondo del lavoro, sul declino della classe operaia come soggetto politico, sulla crisi della prospettiva internazionalista delle sinistre europee. Questioni che ricorrono anche nelle pagine della Contraddizione dentro.

[…] Giunto al termine del suo percorso Franco ha voluto volare su un piano diverso: per disegnare quello che a suo avviso è il campo di gioco del prossimo futuro – ne abbiamo fatto cenno – ma anche per tornare a riproporre i princìpi cardine del suo modo di vedere, affrontare e studiare la realtà. Cassano insiste sul motivo della contraddizione come motore di conoscenza e di consapevolezza della fragilità e precarietà umana.

A mio parere, è una rinnovata proposizione della linea e della metodologia fondate in Approssimazione e in Partita doppia.

Noi tenteremo di rielaborare – scriveva in Partita doppia – un’esperienza sostanzialmente costante: la scoperta del doppio lato delle cose, dell’ambivalenza del mondo, dell’impossibilità di ricondurre le azioni e gli atteggiamenti dell’uomo nelle maglie di una contabilità semplice. Ma l’ambivalenza è molto discreta e non ama rivelarsi agli uomini che pensano che sia facile aggirarla o truccano i conti; accade così che essa spesso lavori alle loro spalle, nell’angolo buio dove la vista non arriva.

Questo gioco sottile, sul filo dell’ambivalenza e della contraddizione, Cassano non l’ha mai giocato per sospendere pilatescamente il giudizio o per mimetizzarsi nel relativismo della moltiplicazione dei punti di vista. Al contrario: questi esercizi di pensiero hanno sempre prodotto un invito alla “capacità, anche unilaterale, a obbligarsi” nelle relazioni umane, in quelle sociali, in quelle tra popoli, e un acuto senso del fatto che “il vantaggio dell’uno è danno all’altro” e la mediazione è sempre rischiosa e difficile. Lo stesso esercizio della critica include un elemento di distruttività che produce la perdita delle certezze di tutte le ortodossie e di tutte le semplificazioni; ma non per questo va abbandonato per riposare su una consolatoria verità certificata solo dalla miopia di un punto di vista unilaterale o di un passato che è irrimediabilmente passato.

La coscienza infelice – scrive l’autore alla fine di questo libro – non è uno stadio da superare, ma una condizione permanente di tensione, è la consapevolezza che l’unico modo per andare avanti è avere la contraddizione dentro senza farsene travolgere.

Il rituale di queste occasioni prevede che io concluda dicendo che Franco Cassano ci mancherà. Ciò è certo vero sotto il profilo personale. Ma io voglio scommettere che per altri aspetti non ci mancherà. Il che si avvererà se sapremo fare tesoro di quanto ci ha insegnato e soprattutto se le tante direzioni di ricerca che ha aperto e coltivato con passione e generosità troveranno alimento per essere continuate. Ne abbiamo davvero tutti un grande bisogno.

Ottobre 2021

Alessandro Laterza

 

           

 

Storia del corpo: le Lezioni di Storia a Udine

LEZIONI DI STORIA

STORIA DEL CORPO

UDINE | Teatro Nuovo Giovanni da Udine

Salvo rare eccezioni il corpo è stato a lungo tralasciato dalla storia e dagli storici, tanto che per un lunghissimo periodo la storia può essere detta “disincarnata”. (Le Goff)

Sia la tradizione classica che la componente giudaico cristiana del nostro patrimonio culturale hanno elevato la mente e screditato il corpo. Questo dualismo ha plasmato le consuetudini linguistiche, l’etica e il sistema di valori: psiche e soma, dominante e dominato, uomo e donna.

Solo a partire dagli anni trenta del ‘900, quando storia, sociologia, antropologia e psicanalisi si intrecciano, prenderà forma un nuovo metodo di ricerca volto a dare una storia al corpo e Freud ci dimostrerà che gli atteggiamenti nei confronti del Mondo in generale, non sono altro che proiezioni con cui gli individui gestiscono le proprie funzioni corporee.

 

Il 27 febbraio 2022, alle ore 11, presso il Teatro Nuovo Giovanni da Udine, Laura Pepe ha inaugurato il nuovo ciclo di Lezioni di Storia intitolato ‘Storia del corpo’, con la lezione ‘Il corpo dell’eroe’.

Le lezioni proseguiranno il 6 marzo 2022 con la lezione di Maurizio Bettini, ‘Il corpo divinizzato’ per poi continuare con la lezione di Maria Giuseppina Muzzarelli il 10 aprile, ‘Il corpo umiliato’, e concludersi l’8 maggio con ‘Il corpo da mostrare’ di Alberto Mario Banti.

Il ciclo Lezioni di Storia ‘Storia del Corpo’ è ideato dagli Editori Laterza e organizzato in collaborazione con il Teatro Nuovo Giovanni da Udine e con la media partnership del “Messaggero Veneto”.

 

Info ingressi:

Posto unico euro 8

Ridotto scuole euro 5 (prenotazione obbligatoria: ufficioscuola@teatroudine.it)

Abbonamento alle quattro lezioni euro 29

 

La guerra dei sessi: le Lezioni di Storia a Brescia

Lezioni di Storia

LA GUERRA DEI SESSI

Nel ciclo La guerra dei sessi si racconterà il conflitto tra donne e uomini nel corso della storia dell’umanità, nelle sue tante forme: dalla famiglia alla politica, dall’economia alla letteratura, dall’arte allo spettacolo. Storie straordinarie e controverse, dalle più note a quelle sconosciute, dimostreranno soprattutto la forza, il talento, l’astuzia e l’immaginazione di alcune grandi donne che hanno combattuto le disuguaglianze di genere nei vari campi, allontanandosi dagli stereotipi sociali delle diverse epoche.

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PROGRAMMA

Sabato 26 febbraio ore 11.00
Costantino D’Orazio
Violenza familiare: Artemisia, Agostino e Orazio

Il talento di Artemisia Gentileschi è spesso oscurato dalla fama del processo pubblico seguito alla violenza subita da ragazza ad opera di un amico di famiglia, il paesaggista Agostino Tassi. Una
vicenda ancora piena di nodi irrisolti, legati soprattutto al ruolo di suo padre, il pittore Orazio Gentileschi.

Costantino D’Orazio è storico dell’arte presso la Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali.

Sabato 5 marzo ore 11.00
Maria Giuseppina Muzzarelli
Venia, Venus, Venenum: storie di avvelenatrici

A fine Settecento a Palermo si celebra il processo contro Giovanna Bonanno, una vedova accusata di vivere vendendo veleno alle malmaritate, perché potessero somministrarlo agli uomini attraverso gustose pietanze. Ma la storia delle avvelenatrici inizia molto prima…

Maria Giuseppina Muzzarelli insegna Storia medievale, Storia delle città e Storia e patrimonio culturale della moda all’Università di Bologna.

Sabato 19 marzo ore 11.00
Fernanda Alfieri
Amori impensabili: donne che sposano altre donne

Un giorno di aprile dell’anno 1725, Giovanna Maria Wincklerin si presenta al tribunale romano del Sant’Uffizio per autodenunciarsi. Dice di essere figlia del Re di Polonia e di avere una moglie, lasciata a Vienna. Come era potuto accadere che le due si fossero sposate? E come era possibile che una donna ne amasse un’altra? Dietro gli interrogativi delle autorità c’è un mondo di credenze antiche e ancora attuali sulla sessualità femminile, sull’identità e sul desiderio.

Fernanda Alfieri è ricercatrice di Storia moderna all’Università di Bologna.

Sabato 2 aprile ore 11.00
Valeria Palumbo
Penne come armi: Virginia Woolf e le altre

Era stato loro concesso di leggere e addirittura scrivere romanzi. E ne hanno subito approfittato: Virginia Woolf scardina i principi del mondo e dello sguardo maschile, ma non è la sola intellettuale, tra la Prima e la Seconda guerra mondiale, a svelare i meccanismi del dominio degli uomini. Né l’unica a pagare per averlo sfidato.

Valeria Palumbo è storica e giornalista.

Con la partecipazione dell’attrice Elena Vanni

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INFORMAZIONI

BIGLIETTI  8,00 euro

Biglietto studenti 50% sul prezzo intero
Riservato agli studenti delle Scuole primarie, Scuole secondarie di primo e secondo grado, Università e Istituti equiparati, Conservatori. Il Biglietto studenti è acquistabile solo in Biglietteria, previa presentazione della International Student Card in corso di validità, o del libretto universitario o di altro documento su carta intestata comprovante l’iscrizione scolastica per l’anno in corso.

Modalità di acquisto: in vendita online e alla Biglietteria del Teatro Grande (aperta dal martedì al venerdì dalle 13.30 alle 19.00; il sabato dalle 15.30 alle 19.00).

Per informazioni:
0302979333
biglietteria@teatrogrande.it

Vincenzo Paglia racconta “La forza della fragilità”

La recente emergenza planetaria ha messo tutti noi di fronte a una verità ovvia, ma che evidentemente preferivamo ignorare: nonostante il progresso e i risultati straordinari della scienza e della tecnologia, rimaniamo esseri fragili. Anche nei paesi più ricchi può manifestarsi l’imprevisto assoluto di una vulnerabilità che si carica di sofferenza. Riconoscere la nostra comune fragilità appare una straordinaria opportunità per ricomprendere la nostra comune umanità.

È nell’alleanza dei fragili la via per un umanesimo universale.

Vincenzo Paglia racconta in questo video il suo ultimo libro, La forza della fragilità.

Il libro:

Nel diario di Mario Lodi l’esperienza si fa conoscenza

Pagine che ripercorrono il lavoro di maestro elementare tra il ’51 e il ’62

Vanessa Roghi | il manifesto | 12 gennaio 2022

C’è una scena del film di Vittorio De Sica Miracolo a Milano (1951) nella quale un raggio di sole appare, inatteso, a illuminare la desolata distesa dove vivono i poveri, nella periferia della grande città. A questa visione tutti corrono a scaldarsi, e si accalcano in questo piccolo spazio che si sposta però, perché le nuvole veloci impediscono al sole di dare calore a lungo ai corpi infreddoliti. Piace pensare che Mario Lodi abbia avuto in mente questa sequenza quando, qualche anno dopo, ha iniziato a scrivere il suo diario scolastico C’è speranza se questo accade al Vho – che torna domani in libreria per Laterza, pp. 336, euro 19 – dove possiamo leggere: «Nel nostro cortile c’è pochissimo sole e noi bambini, durante la ricreazione, andiamo là a scaldarci. Oggi alle ore 11,15, cioè quando ce n’è di più, Stefana, Luciano e Claudio l’hanno misurato: la striscia era triangolare, lunga m 9,40 e alta cm 58. Trovate l’area della striscia di sole che abbiamo per scaldarci (Inventato da noi ragazzi)».

Se per Totò di Zavattini la striscia di sole è occasione per immaginare un modo diverso di vivere insieme, per Mario Lodi diventa spunto per trasformare l’esperienza in conoscenza, mettendo in pratica una nuova didattica che Lodi ha conosciuto grazie all’incontro con i maestri e le maestre della Cooperativa della tipografia a scuola (poi Movimento cli cooperazione educativa) che nasce nel 1951. Lodi, questa didattica, la racconta nel suo diario che va dal 1951 al 1962, attraverso episodi minuti, che lasciano sconcertato chi nel lavoro scolastico cerca innanzitutto dichiarazioni di principio e ricette: il suo è il resoconto di un’ordinaria amministrazione che diventa però eccezionale se messa a confronto con la classe accanto alla sua, dove sopravvive la scuola «che si è sempre fatta così».

Un episodio lo racconta bene: accade quando la maestra A. entra nell’aula di Lodi con un foglio che tiene con due dita «come se fosse una cosa schifosa». La maestra spiega che è stata lei stessa a incoraggiare i bambini a fare quello che volevano, a colori o anche con la matita nera. «Ho fatto bene, no? E guarda qui cosa ha fatto». Lodi guarda il disegno: il foglio è riempito da segni decisi che sono il mare, e una barchetta, e un pupazzetto dritto e un pupazzo più grosso e inclinato, dentro il mare con un’altra figura tutta nera e una bella pera. La maestra è sconcertata: «questa barca è la caravella di Colombo (stamattina ho parlato della scoperta dell’America), il pupazzo piccolo è Cristoforo Colombo vivo, quello grosso nel mare è Colombo morto, questa figura nera è il pescecane e questa la pera di cui avete conversato oggi». La maestra si chiede: «È possibile che un bambino intelligente come questo mi metta la pera nella storia di Cristoforo Colombo? Allora son io che ho sbagliato a spiegare».

Lodi prova a condividere con la collega quello che sa sulla psicologia dei bambini e sul disegno infantile. In questo caso il bambino ha insegnato alla maestra, che non intende tenerne conto però, «che vi sono leggi che non si possono eludere, che una pera per lui è cosa ben più importante e concreta di un’immaginaria caravella, che ben più pauroso è il pesce nero dell’incomprensibile immensità dell’oceano; che non si può dirgli: tanti anni fa è avvenuto questo, ora Colombo è morto, quando non ha ancora il senso della stagione». Così facendo Lodi propone una lezione di metodo sulla creatività infantile e allo stesso tempo sulla didattica della storia che deve entrare in classe quando un ragazzo scopre che in qualche modo lo riguarda. Nel suo caso questo accade quando un bambino capisce che a Vho i Longobardi hanno costruito una chiesa e un monastero, un fatto concreto, reale, che spinge a disegnare la mappa del paese e riempirla di storie e di storia.

Questo metodo mette insieme quello degli insegnanti dell’Mce, con quello della co-ricerca che parallelamente Lodi porta avanti secondo la linea proposta da Gianni Bosio. Le pagine dì Lodi, infatti, saranno pubblicate da Bosio nelle Edizioni Avanti! nel 1963. Questa collocazione editoriale è molto importante per capire che cosa il libro rappresenti non solo per la storia della scuola ma anche per la storia culturale italiana nel suo complesso.

Lodi è, senza dubbio, il primo intellettuale italiano a ragionare in senso critico sulla modalità di svolgere un lavoro politico coi bambini facendo con loro esattamente quello che Gianni Bosio propone nell’Introduzione al catalogo delle edizioni Avanti nel 1957: stimolare la produzione libera di testi. L’intellettuale rovescia la sua posizione e si pone in ascolto, non dà la voce, ma la accoglie. Lodi compie il gesto più radicale quando, sollecitato dalla riflessione dell’Mce, applica questo metodo all’infanzia.

Messo in ombra dal grande successo che avrà, dieci anni dopo Il paese sbagliato, C’è speranza se questo accade al Vho rimane, senza dubbio, il libro più bello di Lodi: l’incertezza del giovane maestro, i dubbi, il confronto con i colleghi restituiscono il senso di un progetto pedagogico ancora oggi valido come allora perché parte dal bambino nella sua realtà che cambia per definizione nel tempo e per questo non può mai invecchiare.

 

Il libro: