“Adriatico amarissimo”, di Raoul Pupo

Le terre dell’Adriatico orientale sono state uno dei laboratori della violenza politica del ʼ900: scontri di piazza, incendi, ribellioni militari come quella di D’Annunzio, squadrismo, conati rivoluzionari, stato di polizia, persecuzione delle minoranze, terrorismo, condanne del tribunale speciale fascista, pogrom antiebraici, lotta partigiana, guerra ai civili, stragi, deportazioni, fabbriche della morte come la Risiera di San Sabba, foibe, sradicamento di intere comunità nazionali.

Queste esplosioni di violenza sono state spesso studiate con un’ottica parziale, e quasi sempre all’interno di una storia nazionale ben definita – prevalentemente quella italiana o quella jugoslava (slovena e croata) –, scelta questa che non può che originare incomprensioni e deformazioni interpretative. Infatti, è solo applicando contemporaneamente punti di vista diversi che si può sperare di comprendere le dinamiche di un territorio plurale come quello dell’Adriatico orientale, che nel corso del ʼ900 oscillò fra diverse appartenenze statuali. Inoltre, le versioni offerte dalle singole storiografie nazionali non fanno che rafforzare le memorie già a suo tempo divise e rimaste tali generazione dopo generazione.

Sono maturi i tempi per tentare di ricostruire una panoramica complessiva delle logiche della violenza che hanno avvelenato – non solo al confine orientale – l’intero Novecento.

Luca Ralli ha illustrato per noi Adriatico amarissimo, il nuovo libro di Raoul Pupo.

 

 

Il libro:

“Il lungo inverno del 1933”, di Paul Jankowski

Nell’inverno del 1933, in soli sei mesi il mondo cambiò improvvisamente rotta e si avviò sui sentieri che avrebbero portato alla Seconda guerra mondiale.

Le tappe di questa escalation sono drammatiche: Hitler al potere in Germania, il Giappone all’invasione della Cina, Mussolini e l’Italia alla conquista dell’impero. Ovunque, la triade demoniaca di nazionalismo, autoritarismo e malcontento sociale travolge la democrazia.

Un racconto appassionante che è anche un ammonimento per i nostri tempi.

Luca Ralli ha illustrato per noi Il lungo inverno del 1933, di Paul Jankowski.

 

Il libro:

“Leggere gli uomini”, di Sandra Petrignani

Per secoli, solo gli scrittori maschi hanno potuto disporre di una stanza tutta per sé, di uno ‘studio’ inaccessibile dove indisturbati hanno composto capolavori. E quando ne uscivano, avevano il mondo intero per fare esperienza di cose e persone. Al sesso femminile raramente è stato concesso un analogo privilegio.

Il sesso femminile per molto tempo non ha potuto scriverli quei libri meravigliosi: soltanto leggerli. Così intere generazioni di donne hanno esplorato le geografie dell’animo umano, scoperto l’amore, l’amicizia e la propria identità sulle opere scritte dagli uomini. Rispecchiandosi a volte perfettamente, a volte con difficoltà, a volte per niente.

Fra esercizi di ammirazione e scatti di rabbia, attraverso memorabili citazioni, Sandra Petrignani ci porta dentro tante pagine indimenticabili, da Dumas a Roth, da Pavese a Proust, da Calvino a Tolstoj, da Gary a Dostoevskij, da Moravia a Mann, da Manganelli a Kundera, da Malerba a Čechov, da Nabokov a Chatwin, da Tabucchi a Kafka e a mille altri. Fino ad alcuni grandi di oggi, Modiano, McEwan, Carrère…

Cercando davvero di capirli i maschi, nella scrittura e nella vita, nel coraggio e nella fragilità, nel bisogno di nascondersi e di negarsi, nelle ossessioni di cui sono preda. Una scorribanda molto personale e appassionata che ci fa scoprire, come insegna Virginia Woolf, quanto «nella vita come nell’arte i valori delle donne non sono i valori degli uomini» e che esiste, probabilmente, un modo femminile di essere lettore.

Luca Ralli ha illustrato per noi Leggere gli uomini, il nuovo libro di Sandra Petrignani.

 

Il libro:

 

Postdemocrazia: Colin Crouch per Bookcity Milano

Se la postdemocrazia ci ha condotto fin qui, gestirla non è più sufficiente: occorre combatterla. Non soltanto, infatti, quelle che erano le principali nuove armi di cui la società civile dispone – le armi offerte dalla tecnologia dell’informazione – le si stanno rivoltando contro, ma nelle democrazie consolidate di tutto il mondo siamo di fronte a una messa in discussione profonda dell’ordine costituzionale e a un risveglio xenofobo. Queste sfide, sebbene non estreme come quelle portate dal fascismo e dal nazismo tra le due guerre mondiali, sono di segno politico analogo. È arrivato il momento di difendere le nostre democrazie.

Un intervento di Colin Crouch a Bookcity Milano introdotto da Oliviero Ponte Di Pino.

 

Il libro:

Mystery Train al Teatro Petruzzelli: informazioni importanti

 

Come annunciato, lo speciale Lezioni di Storia Mystery train del 29 dicembre 2021 presso il Teatro Petruzzelli di Bari è stato annullato per improvvisa indisponibilità di parte del cast.

Queste le indicazioni aggiornate per richiedere il rimborso:

➡️ BIGLIETTI SINGOLI (RIMBORSO ECONOMICO)

ON LINE SU VIVATICKET dal 29 dicembre 2021 al 10 gennaio 2022. Questo il link per la richiesta.

in alternativa

AL BOTTEGHINO DEL TEATRO PETRUZZELLI dal 7 al 15 gennaio 2022.

➡️ Per gli abbonati al Ciclo “LEZIONI DI STORIA – LE OPERE DELL’UOMO” (VOUCHER)

SOLO AL BOTTEGHINO, dal 7 gennaio al 28 febbraio 2022, è possibile ottenere un VOUCHER, di valore pari al rateo abbonamento di un evento, spendibile per qualsiasi spettacolo in cartellone al Petruzzelli.

Nuove edizioni 2021

Renata Ago – Vittorio Vidotto
Storia moderna
nuova edizione

Dalle scoperte geografiche e dall’espansione economica del Cinquecento all’età napoleonica: è la periodizzazione di questo volume pensato esplicitamente per la didattica universitaria ma con tutte le possibilità di essere apprezzato anche dal pubblico di libreria. Una trattazione classica della storia moderna arricchita dai risultati più innovativi della ricerca storiografica nel settore della storia sociale e culturale.

 

 

Alberto A. Sobrero – Annarita Miglietta
Introduzione alla linguistica italiana
nuova edizione

Italiano standard e varietà dell’italiano, varietà regionali, varietà sociali, varietà di scritto, di parlato e trasmesso, registri e lingue speciali, lingue degli immigrati nel repertorio linguistico italiano: uno strumento didattico accessibile e di grande qualità scientifica riproposto in una edizione aggiornata e arricchita.

 

 

 

La nuova costituzione economica
a cura di Sabino Cassese 
nuova edizione

Gli Stati sono sostituiti, nella disciplina dell’economia, da istituzioni sovranazionali; l’ordinamento nazionale è parte di quello europeo, al quale deve adeguarsi; il diritto europeo finisce per stabilire le teste di capitolo del diritto pubblico dell’economia: sono solo alcuni degli importanti mutamenti con cui si è chiuso il secolo XX. Le tre crisi del primo ventennio del nuovo millennio portano nuovamente in rilievo lo Stato finanziatore, regolatore e imprenditore. L’Unione europea, a sua volta, ne condiziona e finanzia le iniziative. I capitoli di questo volume forniscono una attenta analisi dei rapporti attuali Stato-economia e seguono le trasformazioni e le prospettive aperte dalle politiche dell’Europa unita. Questa sesta edizione, diretta e coordinata da Sabino Cassese, è il frutto di una completa revisione del precedente fortunato manuale.

 

 

Fulvio Maria Palombino
Introduzione al diritto internazionale
nuova edizione

Una introduzione chiara, agile e originale alle categorie e agli istituti fondamentali del diritto internazionale in edizione riveduta e aggiornata.
A distanza di più di un anno dall’uscita della Introduzione al diritto internazionale, questa seconda edizione riveduta e aggiornata intende rispondere a una duplice esigenza: la prima è quella di considerare le principali novità della prassi internazionale, con particolare attenzione alle vicende riguardanti l’Italia; la seconda, invece, può dirsi ‘fisiologica’, riflettendo la necessità di rivedere parzialmente il contenuto del volume tenendo conto dei numerosi spunti di riflessione emersi nel dialogo costante con docenti e studenti.

“Il buon tedesco”, di Carlo Greppi

Il capitano Jacobs è un buon soldato, rispettoso delle gerarchie, onesto. Improvvisamente nel 1944, assieme al suo attendente, decide di passare, armi in pugno, dalla parte dei partigiani. Sceglie di combattere contro i propri camerati. Perché lo fa? Inseguendo la parabola di quest’uomo viene alla luce una grande storia dimenticata: furono centinaia i tedeschi e gli austriaci a percorrere lo stesso cammino. Un piccolo esercito senza patria e bandiera, una pagina unica nella storia d’Italia.

Luca Ralli ha illustrato per noi la storia de Il buon tedesco, il nuovo libro di Carlo Greppi.

 

Il libro:

La legge della fiducia

Gli uomini sono tutti ‘rei’, ovvero malvagi e dediti alla sopraffazione e al proprio interesse? È sempre e comunque indispensabile pensare al diritto come strumento di coercizione e di pena per reprimere queste tendenze innate? Oppure il diritto mette necessariamente in gioco anche le nostre risorse relazionali: la solidarietà e la cooperazione, in altre parole la fiducia reciproca?

Riscoprire lo spazio della fiducia nel diritto non è solo un modo per mettere in primo piano la responsabilità di chi agisce e di chi fa cultura giuridica, ma è anche l’unica via per riportare al centro del nostro discorso giuridico le qualità migliori di cui siamo in possesso.

Martedì 14 dicembre 2021 Tommaso Greco ha presentato La legge della fiducia alla Sala stampa della Camera dei Deputati.

Insieme all’autore sono intervenuti Francesco Berti, Antonella Sciarrone Alibrandi, Marco Damilano, Giuseppe Conte, Enrico Letta.

Qui la registrazione dell’incontro.

Il libro:

 

 

La fine del merito

Il saggio di Marco Santambrogio recupera un concetto diventato tabù dopo la rivolta contro le élite

Giancarlo Bosetti | Robinson | 6 novembre 2021

La caccia al tesoro intellettuale della spiegazione della vittoria di Trump nel 2016 ha finito per mettere sotto accusa la “meritocrazia”. Diluviano libri e articoli contro. Persino Squid Games, la serie di Netflix sulla gara dei 456 disperati, che si lasciano ammazzare per il miraggio di un bottino che li liberi dai debiti, viene ora interpretata come metafora delle iniquità di una competizione sociale a carte truccate. Nel linguaggio corrente sta diventando un insulto alla povera gente. Se quella stessa parola – e sottolineo “se” – rappresenta l’anima della società americana, allora Dio ne scampi dal metterla in pratica. Imbocchiamo qui la strada di un paradosso nel quale sarà bene districarsi senza perdere di vista l’importanza delle critiche che, insieme a quell’idea, sono state rivolte alla società americana e a tante situazioni simili: Brexit e altri populismi. Se per meritocrazia intendiamo che i posti assegnati per concorso devono andare al più bravo e titolato dei candidati, faremo bene a presidiare il senso di giustizia, che qui va d’accordo con il senso comune: no al raccomandato e no ai concorsi truccati. Ma quel concetto ha anche, e soprattutto, quell’altro significato, fin da quando la parola fu inventata dal suo autore, Michel Young, nel 1958, in un’opera geniale, The Rise of Meritocracy (L’avvento della meritocrazia), metà satirica e metà no.

Young era un laburista e aveva lavorato al programma con cui Attlee batté Churchill alla fine della guerra e in particolare alla riforma della scuola, che voleva introdurre mobilità sociale e correggere fin dalle elementari il classismo del sistema inglese, introducendo una valutazione, appunto meritocratica, ché alla fine delle elementari aprisse la via alle carriere sulla base del talento, ovvero del quoziente di intelligenza. Era un criterio largamente prevalente nelle convinzioni scientifiche del tempo anche per la selezione delle università americane. Negli anni successivi però Young fu come perseguitato da un incubo, relativo alla sua stessa riforma, che prese la forma di quel famoso libro, nel quale la “meritocrazia” finisce per partorire un mostro, un mondo in cui le posizioni elevate diventano ereditarie, una selezione darwiniana, eugenetica, razzista, con l’aggiunta di matrimoni in base al QI: tutti “i migliori” sopra tutti “gli scartati” sotto.

Il risultato è una società che, sessant’anni dopo, cade nella rivolta cieca, nell’anarchia, nella violenza. Young dedicò per questo il resto della sua vita a correggere i programmi viziati dal peccato originale del QI. E negli anni Novanta sconsigliò a Blair di usare quella parola.

Una accurata storia di questo paradosso si trova ora nel libro, in (parziale) controtendenza, di Marco Santambrogio, filosofo analitico e del linguaggio (Il complotto contro il merito, Laterza). Dopo Trump, le pagine di Young offrivano qualche utile spiegazione alle follie degli elettori: evidenti le somiglianze tra quella distopia e l’America in preda ai fumi della rivolta dei “perdenti”. Cominciava Anthony Appiah, nel 2018, con un brillante saggio dedicato proprio a Young, sul Guardian: “Contro la meritocrazia: l’idea di una società che premia il talento ha creato nuove élite di privilegiati”. La critica mordeva la campagna elettorale di Hillary Clinton e la sua infausta battuta sui deplorables, che incendiava il risentimento dal basso contro l’élite. Proseguiva e allargava l’opera Daniel Markovits, con The Meritocracy Trap (Penguin), una trappola che è il mito fondativo del sogno americano e che invece «nutre l’ineguaglianza, distrugge il ceto medio e divora l’élite». Markovits spiega crudamente ai suoi studenti di Yale che per arrivare fino a lì hanno goduto del beneficio di un investimento famigliare di diversi milioni, inaccessibile non solo ai poveri, ma anche al ceto medio. A Young dà ulteriore credito Michael Sandel, il bestselling di Harvard, con La tirannia del merito. Perché viviamo in una società di vincitori e perdenti (Feltrinelli). L’incubo si è avverato, prima del previsto 2033: i vincitori si ritengono tali non più per diritto di nascita, ma per i propri meriti e sviluppano perciò arroganza nei confronti dei perdenti, i quali sono non solo sconfitti, ma anche umiliati dall’idea di esserselo meritati.

Santambrogio, con gli strumenti della logica, riprende nelle sue mani la discussione a cominciare dal principio aristotelico – «giustizia è dare a ciascuno ciò che merita» – per evitare che il principio ragionevole, e a portata del senso comune di cui dicevamo all’inizio, non vada perso. Buttiamo insomma, propone, l’acqua sporca ma non il bambi no, facendo chiarezza sulla omonimia pericolosa tra la visione angosciosa di Young e un modello virtuoso di ideale meritocratico: quello di una società che apre le camere ai talenti, che offre pari opportunità a prescindere dalle differenze e assegna i posti in base al merito.

A ben vedere allora, la società americana non è una meritocrazia, ma una meritocrazia fallita. Una utopia capovolta, come Bobbio diceva di quella comunista? Rispetto a una tradizione liberale che ha messo da parte il merito nel senso morale (l’impegno, la dedizione, le qualità umane) per preferirgli il valore economico o i titoli acquisiti con il curriculum, Santambrogio vuole aggiornare la considerazione del merito e insieme contrastare le sproporzionate differenze economiche che sono associate alla selezione. Sulle ricchezze dovrà allora agire la redistribuzione attraverso il fisco, antica scoperta socialdemocratica.

Ma la società dovrà assegnare al merito insieme alla ricompensa economica, da calibrare meglio che in Squid Games, anche l’onore che tocca non solo a chi ha i titoli, come il celebrato chirurgo, ma anche – e spesso di più – ai bravi e coraggiosi infermieri in corsia, uomini e più spesso donne.

Il libro: