Legenda. Libri per leggere il presente

Legenda è una piccola rassegna stampa, uno sguardo rapido ai fatti che hanno scandito la settimana, ma anche un invito a leggere il presente togliendo il piede dall’acceleratore.
Legenda è un tentativo di legare il mondo che corre alle parole che aiutano a capirlo.

Questa settimana parliamo del caso brevetti, di femminicidi, del caso “Ungheria”, dei dati Istat sulla speranza di vita e – com’è giusto, nella settimana del primo maggio – di lavoro.

 

→ Caso brevetti. Gli Stati Uniti hanno dichiarato di essere favorevoli alla sospensione dei diritti di proprietà intellettuale per i vaccini anti Covid. Come ha affermato la rappresentante Usa per il commercio Katherine Tai, “si tratta di una crisi sanitaria mondiale e le circostanze straordinarie della pandemia invocano misure straordinarie”.

Come ricostruisce Angelo Romano su Valigia Blu, «ora toccherà convincere gli altri paesi. La proposta degli Stati Uniti è stata immediatamente raccolta dalla Nuova Zelanda, in precedenza riluttante a sospendere la proprietà intellettuale sui vaccini. […] Anche il presidente francese Emmanuel Macron ha cambiato posizione e si è detto “assolutamente favorevole”, mentre il presidente del Consiglio italiano Mario Draghi ha dichiarato: “I vaccini sono un bene comune globale. È prioritario aumentare la loro produzione, garantendone la sicurezza, e abbattere gli ostacoli che limitano le campagne vaccinali”. Resta da vincere la contrarietà dell’Unione europea, del Regno Unito e di altri paesi come Germania, Canada, Australia e Svizzera».

La questione ha un precedente importante. Negli anni Novanta l’AIDS metteva a rischio la sopravvivenza di un intero continente nell’indifferenza delle maggiori istituzioni internazionali. Se infatti già nel 1996 degli efficaci retrovirali erano stati messi in commercio in molte regioni del mondo, all’Africa le terapie erano negate, sebbene in quell’area i malati si contassero a milioni. Perché questo doppio standard? Si dubitava della capacità degli africani di assumere regolarmente le medicine, le fragili sanità pubbliche africane erano considerate inefficienti, i farmaci – che in Occidente salvavano vite – apparivano un lusso (senza però che i corrispettivi farmaci generici, a basso costo, fossero presi in considerazione).

Come ricostruisce però Paolo M. Alfieri sull’Avvenire, la svolta arrivò nel 1997, con la promulgazione, per mano di Nelson Mandela, del Medical Act, «che superando i brevetti autorizzava di fatto la produzione locali di farmaci antiretrovirali generici a basso costo o l’importazione degli stessi dagli altri Paesi. L’anno successivo, però, un’azione legale portata avanti da 39 case farmaceutiche […] bloccò l’applicazione della legge». Il processo contro il Medical Act si aprì nel 2001: Mandela era riuscito a portare dalla sua l’opinione pubblica, e anche a causa delle pressioni internazionali le case farmaceutiche coinvolte si trovarono costrette a ritirarsi dal processo.

 

         

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→ Femminicidi. Nei primi quattro mesi dell’anno sono state uccise 38 donne (l’ultima il 7 maggio, a Torino): due femminicidi a settimana, in media, quasi tutti per mano di mariti ed ex, compagni e fidanzati, familiari, conoscenti.

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→ Caso “Ungheria”. «La notizia dell’esistenza della presunta loggia segreta denominata “Ungheria”, composta da magistrati, alti funzionari di stato e avvocati e nata per condizionare inchieste giudiziarie e nomine, nasce dalla rivelazione del segreto d’ufficio compiuta da un magistrato milanese, Paolo Storari», scrive Giulia Merlo su Domani. «È lui, che ha sostenuto di aver agito in “autotutela” perché preoccupato dall’«inerzia» della procura di Milano, a consegnare al togato del Consiglio superiore della magistratura Piercamillo Davigo i verbali segreti resi dall’ex legale di Eni, Piero Amara, in cui racconta della loggia. Questa consegna, avvenuta tra il marzo e l’aprile 2020 nella casa milanese di Davigo, ha generato un inestricabile cortocircuito tra procure. Da che nessun fascicolo era stato aperto, ora le indagini sono parcellizzate in quattro diversi uffici, che ora indagano gli uni sugli altri».

 

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→ Indicatori demografici e speranza di vita. Secondo un report pubblicato in settimana dall’Istat, la popolazione in Italia continua a diminuire: al primo gennaio 2021 i residenti sono 59 milioni 259mila, 384mila in meno su base annua.

L’età media appare in rialzo (46 anni) mentre in decisa contrazione appare la sopravvivenza media: «la speranza di vita alla nascita, senza distinzione di genere, scende a 82 anni, ben 1,2 anni sotto il livello del 2019. Per osservare un valore analogo occorre risalire al 2012. Gli uomini sono più penalizzati: la loro speranza di vita alla nascita scende a 79,7 anni, ossia 1,4 anni in meno dell’anno precedente, mentre per le donne si attesta a 84,4 anni, un anno di sopravvivenza in meno».

Si registra anche un numero di nascite pari a 404mila («nel volgere di 12 anni si è passati da un picco relativo di 577mila nati agli attuali 404mila, ben il 30% in meno»), mentre i decessi raggiungono il livello eccezionale di 746mila. Si registrano, in pratica, 7 neonati e 13 decessi per mille abitanti. Frenano i flussi migratori con l’estero: il saldo è di +79 mila, la metà del 2019.

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→ Speciale Primo Maggio. Parliamo di lavoro: ecco le nostre proposte.

 

           

Alessandro Barbero racconta Napoleone

“Napoleone ha incarnato la Rivoluzione e i suoi valori – la libertà, l’uguaglianza, la laicità, la repubblica – eppure l’ha tradita. Ed è stato odiato proprio perché emblema di una rivoluzione sovversiva e sanguinaria, oppure è stato odiato come traditore di quella rivoluzione.”

Alessandro Barbero racconta Napoleone, in questa lezione al Teatro verdi di Trieste e nel suo libro La battaglia.

 

La battaglia, i rumori, i colori, il fumo, la paura, la mischia: appena aperte, le pagine di questo libro ci portano sul campo di Waterloo. Ora viviamo come soldati francesi, ora come inglesi o come prussiani, ora studiamo le mappe o ascoltiamo il racconto di compagni e nemici.

Uno straordinario libro scritto da uno degli intellettuali più interessanti d’Italia. Barbero, storico e romanziere, scrive romanzi che sono anche saggi storici.

Franco Cardini

Sul campo di battaglia, in mezzo alle truppe: anche se la narrazione è dettagliata e i personaggi numerosi, non ci si stanca di leggere Barbero, che sa molto raccontare.

Aurelio Lepre

La prosa di Barbero avvince il lettore.

Lucio Villari

Una ricostruzione magistrale. Il rigore e il talento di Alessandro Barbero fanno di La battaglia un libro unico, che ci porta, come in un film, nel cuore dell’ultima battaglia di Napoleone.

“Il Venerdì di Repubblica”
 

Napoleone, di Georges Lefebvre

«La storiografia moderna, intesa come scienza della storia, è nata nel clima della Rivoluzione francese (che fu anche una rivoluzione culturale) e della profonda inquietudine intellettuale provocata in Europa da Napoleone e dalla sua epopea.

Non è dunque eccessivo dire che ancora oggi la storiografia risente di quell’evento epocale e di quel mito. Le idee e le emozioni degli storici partecipano sempre, nei modi più vari, della costante riflessione su un tempo che va dal 1789 al 1821.

Ne è testimonianza anche il Napoleone del grande storico Georges Lefebvre, che lo pubblicò nel 1953 a coronamento delle sue fondamentali ricerche sulla Francia rivoluzionaria. Ne è dunque il seguito, intellettualmente e storiograficamente, problematico. Di fronte all’attuale rifiorire di libri e biografie dedicati, spesso con approssimazione giornalistica, a Napoleone, l’opera di Lefebvre rimane come un classico insuperato e come un godibile libro di lettura sulla figura storica più nota e controversa dell’età moderna».

Lucio Villari

I 500 giorni più folli di Napoleone Bonaparte

Corrado Augias, la Repubblica, 8 aprile 2016

La sera d’inverno in cui Napoleone Bonaparte lascia il suo minuscolo regno all’isola d’Elba per la più ardita, e insensata, delle sue avventure, sul suo scrittoio rimane aperto un libro: Storia del regno dell’imperatore Carlo V; è l’uomo che aveva costruito un impero grande come due continenti e che, sentendosi vecchio, aveva trovato rifugio in un convento. Una frase avrebbe attirato l’attenzione di chi vi avesse gettato un’occhiata: «Discendere volontariamente dalla condizione più elevata ad una subordinata, abbandonare il possesso dell’autorità per vivere felici, sembrano sforzi troppo grandi per l’animo di un mortale». Infatti Carlo V vi riuscì, Napoleone no – anche se entrambi finirono i loro giorni in un’età precocissima: Carlo a 58 anni, il Corso a 52.

Il saggio-racconto di Luigi Mascilli Migliorini (Storia moderna all’Orientale di Napoli) analizza proprio questo arduo passaggio: in che modo e attraverso quali vicende – come sempre leggendarie – Napoleone Bonaparte scelse di terminare il suo ciclo politico e militare. Titolo: 500 giorni. Napoleone dall’Elba a Sant’Elena (Laterza).

Dopo il disastro della campagna di Russia (1812), la sconfitta di Lipsia (ottobre 1813), il crollo dell’impero, Napoleone aveva tutti contro: Russia, Prussia, Austria, Svezia, Gran Bretagna. Il suo ciclo è finito; all’interno della stessa Francia s’è dissolta la compattezza che ne aveva accompagnato l’ascesa: le istituzioni si ribellano, i marescialli imperiali tradiscono, i nobili da lui creati gli volgono le spalle, perfino Gioacchino Murat passa al nemico per mantenere il regno di Napoli. Gli eserciti della coalizione invadono la Francia, il 31 marzo (1814) entrano a Parigi. Dopo un’ultima strenua (e, pare, geniale) resistenza, si ritira a Fontainebleau, chiede la pace, abdica, si congeda commosso dalla Guardia imperiale, parte in carrozza per l’esilio dell’Elba. Lungo il percorso s’imbatte in accoglienze contrastanti. C’è chi, riconosciutolo, grida Vive l’Empereur!, chi scaglia ingiurie e qualche sassata. L’ultimo tratto lo farà rivestito di un’uniforme austriaca per sfuggire alle manifestazioni più ostili. Circostanza che a noi italiani ricorda un’altra fuga dissimulata sotto un’uniforme straniera. Il 3 maggio (1814) sbarca a Portoferraio; nello stesso momento Luigi XVIII di Borbone fa il suo ingresso a Parigi, riprende possesso del trono. Appena la notizia della fuga è nota, nel continente si diffonde grande inquietudine. Le diplomazie europee si mettono al lavoro per preparare un Congresso che ristabilisca l’ordine dopo una bufera durata quasi vent’anni. I delegati si riuniranno a Vienna in autunno, la seduta inaugurale avverrà il 5 novembre.

Si può immaginare con quale animo dopo vent’anni di gloria chiusi da sconfitte, tradimenti, angustie anche private, il Grande Corso metta piede in quella caricatura di regno. La sua residenza (Palazzina dei Mulini) è poco più di un casale, la fa restaurare nel tentativo di nobilitarla. Riceve la borghesia isolana, progetta qualche modesto lavoro pubblico, studia perfino i cerimoniali di corte, su scala ovviamente minima. Offre l’apparenza di un pacato ritiro dal mondo, ma in realtà non si rassegna, progetta, riceve misteriosi emissari, smania. Solo la contessa polacca Maria Walewska, la più tenera delle sue amanti, gli darà per qualche giorno effimero conforto. Nonostante gli inglesi lo tengano d’occhio riesce a far allestire un brigantino che, scortato da una minuscola flottiglia, la sera del 26 febbraio 1815 lascia l’isola e fa vela su Golfe Juan in Provenza da dove lancia un altro dei suoi veementi proclami: «L’aquila con i colori nazionali volerà di campanile in campanile fino alle torri di Notre Dame».

A mano a mano che la minuscola armata risale il territorio, nuove truppe s’aggiungono; i reparti inviati a contrastarlo s’ammutinano per unirsi ai “ribelli”, la stessa titolazione dei giornali, sempre più calorosa con il proseguire dell’avanzata, rispecchia – apparentemente – il favore popolare. Si racconta di dame che, appena riconosciutolo, vengono meno dall’emozione. Tappe grandiose anche di 80 chilometri in un giorno lo portano velocemente a Parigi: il 20 marzo s’installa alle Tuileries. Qui comincia la parte più bella e interessante del saggio anche perché si tratta di avvenimenti meno conosciuti che l’autore indaga con gusto e competenza. Napoleone cerca di riorganizzare il “suo” Stato. L’apparente trionfo ora mostra però le sue debolezze, lo storico Edgar Quinet sintetizza: «Napoleone e la Francia si guardarono in faccia e si trovarono cambiati. Fecero fatica a riconoscersi l’un l’altro». Come chiamare Napoleone? non più imperatore non ancora re, usurpatore? Qualche che sia ora deve formare il governo, progettare una costituzione che dia legittimità alla sua inedita veste. L’eterno Fouché, uomo per tutte le stagioni, si fa sotto; vorrebbe gli Esteri, ma sono appannaggio di Talleyrand intrappolato a Vienna come rappresentante di Luigi XVIII; allora ripiega sugli Interni, cioè la polizia. Napoleone lo conosce e ne diffida ma gli consigliano di prenderlo «convinti che la sua nomina rappresenti una possibilità di controllo sul mondo legittimista». Sono giorni in cui, scrive l’autore, «un vasto suggestivo confronto di idee politiche attraversa la Francia». Benjamin Constant mette la sua sapienza politica e giuridica al servizio del Corso nel tentativo di modellargli addosso una costituzione con un ben studiato equilibrio di poteri. Gli obiettano: «È incredibile che Napoleone si limiti facendosi garante dell’equilibrio tra poteri che il costituzionalismo liberale attribuisce al sovrano».

Giuste preoccupazioni che girano però intorno al vero nocciolo del problema. D’accordo la costituzione, ma ciò che veramente egli vuole è la guerra. Scrive Migliorini: «Dopo tante catastrofi militari e i giorni oziosi all’Elba, la guerra tornava ad apparirgli la scelta naturale, quell’universo nel quale muoversi con la disinvoltura che l’aveva accompagnato fin dalla giovinezza». Il cuore politico dei cento giorni è chiuso nel periodo tra aprile e giugno del 1815. Ancora l’autore: «Le esitazioni, gli errori, le ingenuità di quelle settimane ritrovano il senso di un’esplorazione in terra incognita e la forza di una lezione di modernità politica». Anche se a Vienna si lavora alla sua fine, quando si spande la voce delle sue intenzioni, il re di Baviera, al tavolo del Congresso, si lascia andare ad un imbarazzante relâchement des entrailles. Con più sobrietà il re di Prussia a chi grida «Bisogna impiccarlo!», replica: «Certo, ma prima bisogna prenderlo».

Il culmine di questa fase, benissimo raccontata, è la radunata al Campo di Marte dove Napoleone arriva su un lussuoso equipaggio tirato da otto cavalli bianchi, salutato da salve di artiglieria. Dal cocchio scende un sovrano da operetta infagottato, riferiscono i testimoni, in una tunica di taffetà cremisi e oro, un mantello viola ricamato, pantaloni di satin bianco e scarpini anch’essi di satin. Se ne sta lì annoiato e insofferente mentre ascolta la messa, i discorsi, le celebrazioni. Infine può rivolgersi ai suoi soldati e lì, riferiscono sempre i testimoni, ritrova finalmente se stesso: li accende, li commuove, li fa suoi. Poi sarà Waterloo con la sua fatalità, gli equivoci, il cattivo tempo, la disfatta, l’esilio, la lunga agonia di Sant’Elena. Chissà se, almeno a quel punto, il convento dove s’era ritirato Carlo V gli sarà apparso come la soluzione che sarebbe stato meglio scegliere.

 

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Legenda. Libri per leggere il presente

Legenda è una piccola rassegna stampa, uno sguardo rapido ai fatti che hanno scandito la settimana, ma anche un invito a leggere il presente togliendo il piede dall’acceleratore.

Legenda è un tentativo di legare il mondo che corre alle parole che aiutano a capirlo.

Questa settimana parliamo – purtroppo – dell’ultimo naufragio nel Mediterraneo, dell’operazione “Ombre rosse”, della calendarizzazione del Ddl Zan, della “scomparsa” del salario minimo, delle opportunità offerte in “zona gialla” da un tempo libero lento e all’aria aperta.

 

Migranti. Centotrenta persone sono annegate al largo della Libia. «La tragedia poteva essere evitata», affermano le otto ong (Alarmphone, Emergency, Medici Senza Frontiere, Mediterranea, Open Arms, ResQ, Sea-Watch, Sos Méditerranée Italia) che hanno richiesto un incontro urgente con Mario Draghi. «La Ocean Viking – raccontano – ha atteso un intervento delle autorità marittime che coordinasse le operazioni, ma nonostante le autorità italiane, libiche e maltesi fossero tenute costantemente informate, questo coordinamento non c’è stato, o almeno non ha coinvolto l’unica nave di soccorso presente in quel momento». Papa Francesco ha affermato: «È il momento della vergogna».
 

 

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“Ombre rosse”. L’operazione ha portato a sette arresti in Francia: sono ex brigatisti e altri condannati per reati legati agli anni di piombo. Due degli altri tre ricercati si sono costituiti. L’operazione, ha dichiarato Emmanuel Macron, «si colloca strettamente nella logica della dottrina Mitterrand di accordare l’asilo agli ex brigatisti, eccetto ai responsabili di reati di sangue».
«Avrei voglia di essere cinico, per adeguarmi», ha commentato Adriano Sofri sul Foglio. «C’è quell’aneddoto famoso sul novembre del 1947, la destituzione del prefetto di Milano Troilo, che era stato un comandante partigiano, e la ribellione della città. Manifestanti e partigiani occuparono la Prefettura, e da lì Giancarlo Pajetta telefonò a Roma. “Compagno Togliatti – disse fieramente – abbiamo occupato la Prefettura!” “Bravo, e adesso che ve ne fate?”. Mercoledì mattina un’operazione congiunta di polizie e intelligence francesi e italiane – una retata, in ora antelucana, come da regolamento – ha portato all’arresto di “7 ex terroristi” a Parigi. Bravi! E adesso che ve ne fate?».
   

 

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Ddl Zan. Con 13 voti favorevoli e 11 contrari (dalle file del centrodestra), la Commissione Giustizia del Senato ha calendarizzato la discussione del ddl Zan – contro discriminazioni e violenze per orientamento sessuale, genere, identità di genere e abilismo: già approvato alla Camera, il disegno di legge potrà ora essere discusso e messo ai voti anche al Senato.
   

 

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→  Salario minimo. È scomparso dal Pnrr il paragrafo relativo all’introduzione del salario minimo, inizialmente previsto “a garanzia di una retribuzione proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro svolto e idonea ad assicurare un’esistenza libera e dignitosa”. La misura era presente nelle linee guide ed era stata sollecitata dalla Commissione europea. Come Ursula von der Leyden aveva affermato a settembre, durante il discorso sullo Stato dell’Unione, «per troppe persone il lavoro non è più remunerativo: il dumping salariale distrugge la dignità del lavoro, penalizza l’imprenditore che paga salari dignitosi e falsa la concorrenza leale nel mercato unico. Per questo motivo la Commissione presenterà una proposta legislativa per sostenere gli Stati membri nella creazione di un quadro per i salari minimi. Tutti devono poter accedere a salari minimi, che sia attraverso contratti collettivi o salari minimi legali».
   

 

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→  Zona gialla. Dal 26 aprile molte regioni sono di nuovo in zona gialla: l’allentamento delle restrizioni e un clima più mite permettono di tornare a immaginare un approccio lento e gentile al territorio e al tempo libero, in fuga dalla folla e dalla città.

 

Mao Zedong, dalla Lunga Marcia all’egemonia comunista

Una ritirata a piedi fra le montagne innevate e i burrascosi fiumi cinesi, lunga oltre 10.000 chilometri con uomini poco equipaggiati, inseguiti dall’esercito del Kuomintang: al confronto della lunga marcia di Mao, la marcia di Annibale attraverso le Alpi fu solo una gita di piacere.

Dalle ore 8:00 di domenica 2 maggio sarà disponibile sulla piattaforma AuditoriumPlus una lezione fondamentale per conoscere la presa del potere del leader che ha creato la Cina contemporanea: Mao Zedong, dalla lunga marcia all’egemonia comunista, la nuova lezione di storia di Guido Samarani nel ciclo La Presa del Potere, introdotta da Paolo Di Paolo.

Alle ore 19:00 di domenica 2 maggio sarà poi possibile assistere a un dialogo in diretta fra Paolo Di Paolo e Guido Samarani e porre delle domande al relatore sui nostri canali Facebook e Youtube e su quelli dell’Auditorium, oltre che sulla pagina Facebook del Teatro Verdi di Padova.

 

Info e costi

Pay per view: 5 euro per singola lezione, 40 euro per l’intera stagione 2021.

Acquista sulla piattaforma streaming www.auditoriumplus.com  accedendo alla sezione “Masterclass” o cliccando su “Lezioni  di Storia – La presa del potere” nell’home page dove potrai  visualizzare l’elenco delle lezioni.

Per acquistare clicca su una qualsiasi lezione, scegli se acquistare l’intera stagione o una singola lezione, registrati e procedi con il pagamento.

Una volta arrivati sulla schermata di pagamento è sufficiente cliccare sul pulsante giallo “Check out with PayPal” in basso a sinistra, anche se non si ha un account PayPal. A quel punto, nella schermata successiva dovrete cliccare sul pulsante “Paga con carta” e vi verrà data la possibilità di inserire i dati della carta per il pagamento e si completerà l’acquisto

Gli abbonati alle Lezioni di Storia dell’Auditorium Parco della Musica di Roma – stagione 2019-2020 possono contattare il botteghino della Fondazione Musica per Roma per ricevere informazioni relative ai voucher.

>>Qui tutto il programma.

Mariana Mazzucato racconta “Missione economia”

Smettiamo di chiederci quanti soldi abbiamo e cosa possiamo farne e iniziamo invece a domandarci di cosa abbiamo bisogno per soddisfare le nostre esigenze.

È questa la rivoluzione.

È questa la strada maestra per rispondere ai grandi problemi del nostro tempo, dal riscaldamento globale alle pandemie, dallo sviluppo sostenibile alla lotta alle disuguaglianze.

Mariana Mazzucato racconta il suo nuovo libro, Missione economia. Una guida per cambiare il capitalismo.

 

Scopri il libro:

 

 

Paolo Morando racconta “Eugenio Cefis. Una storia italiana di potere e misteri”

“E Cefis sempre lì, ‘grande vecchio’ di tutto, snodo obbligato di ogni groviglio, dall’alto del suo quasi metro e novanta: ben lontano dalle buche in cui puntualmente finivano per inciampare tutti i suoi avversari.”

Eugenio Cefis è stato per anni uno degli uomini più potenti d’Italia. Secondo molti, il più potente: la politica al suo servizio, i rapporti con i servizi segreti, le accuse di progettare disegni eversivi, fondi neri, dossier e intercettazioni telefoniche. Un grande burattinaio della Repubblica, capace di nutrire per oltre mezzo secolo una inarrestabile leggenda nera. Ma che cosa c’è di vero?

Nel suo nuovo libro Eugenio Cefis. Una storia italiana di potere e misteri, grazie a una documentazione inedita e sorprendente, Paolo Morando ce ne offre ora un profilo autentico e senza sconti.

Perché raccontare Eugenio Cefis oggi significa raccontare l’Italia come mai è stato fatto prima.

Scopri il libro:

Interregno: Cultura di massa

Ha ancora senso oggi parlare di ‘cultura di massa e controcultura’?

Quando sono nati questi due termini e cosa hanno significato nella nostra storia? Come si fa cultura oggi e come interviene il web? Ha davvero un effetto ‘democratizzante’ o piuttosto accentra il potere nelle mani di pochi grandi player e ci rende tutti schiavi di algoritmi imperscrutabili e mode spesso poco edificanti?

Parleremo di tutto questo nel prossimo incontro di INTERREGNO. Dialoghi fra generazioni.

Appuntamento mercoledì 28 aprile alle 19.00 sui nostri canali Facebook e Youtube.

Insieme alla giornalista Silvia Boccardi, che modererà l’incontro, avremo con noi lo storico Alberto Mario Banti, Ilde Forgione, creativa del team TikTok delle Gallerie degli Uffizi e Virginia W. Ricci, creative writer.

👉Alberto Mario Banti è professore ordinario di Storia contemporanea all’Università di Pisa. Si è occupato di Storia del Risorgimento italiano, di storia del nazionalismo europeo ottocentesco e di storia della cultura di massa. Tra le sue pubblicazioni più recenti: Il Risorgimento italiano (2020, 13a rist.); Sublime madre nostra (2021, 5a rist.); Wonderland. La cultura di massa da Walt Disney ai Pink Floyd (2020, 2a rist.); La democrazia dei followers. Neoliberismo e cultura di massa (2020).

👉Ilde Forgione, dottoressa di ricerca in Diritto pubblico e dell’economia e già vincitrice di concorso per il Ministero della Cultura, attualmente è assegnista di ricerca nell’Università di Modena e Reggio Emilia. In servizio presso le Gallerie degli Uffizi, è Creativa del team TikTok.​

👉 Virginia W. Ricci, ha diretto per qualche anno l’edizione italiana di Noisey, al momento è freelance e scrive principalmente per la televisione. Continua ad occuparsi di musica, sia organizzando feste che nel suo spazio bisettimanale su Radio Raheem.

Carlo Greppi racconta “25 aprile 1945”

25 aprile 1945, il destino dell’Italia è cambiato per sempre.
Colpi di scena, di mano e d’arma da fuoco: la Storia non è un romanzo ma come un romanzo la si può raccontare, soprattutto se l’intreccio tra i protagonisti avvince come avvince la libertà quando è sul punto di essere riconquistata.

Nel suo 25 aprile 1945, Carlo Greppi ricostruisce cosa avvenne a partire da tre protagonisti di quelle fatidiche ore: Raffaele Cadorna, Ferruccio Parri, Luigi Longo.

Qui Carlo Greppi ospite di una puntata speciale di Quante Storie, Rai 3: I valori del 25 Aprile

Carlo Greppi ricostruisce il giorno della liberazione senza arretrare di un millimetro dal metodo ma utilizzando una struttura nella quale la verità storica risulta quasi maieuticamente estratta dalla narrazione dei luoghi, dei fatti, delle connessioni.
Marco Bracconi, “Robinson – la Repubblica”

Da storico e da narratore, Greppi sceglie tre vite – quelle dei partigiani Cadorna, Parri, Longo – e ce ne mostra, letteralmente, l’intreccio. Ma fa lo sforzo di riguadagnare l’ignoranza delle conclusioni, prova cioè a scrutare le scelte compiute senza sapere cosa sarebbe successo.
Paolo Di Paolo
, “L’Espresso”