Il mondo dopo la fine del mondo streaming

Festival Laterza Agorà
IL MONDO DOPO LA FINE DEL MONDO
Dialoghi sul futuro prossimo

Il Festival in streaming in diretta a porte chiuse dallo studio degli Editori Laterza a Roma, dal Teatro Storchi e dal BPER Banca Forum Monzani a Modena con tutti gli ospiti collegati da remoto. 

In seguito al DPCM del 24 ottobre 2020, Laterza Agorà non potrà accogliere il pubblico dal vivo ma è confermato nella sua modalità streaming, già prevista inizialmente. Da venerdì 30 ottobre a domenica 1 novembre le tre giornate di ragionamento, con grandi nomi della cultura coinvolti nel riflettere su come la pandemia sta cambiando il mondo e su come fare per uscire dalla crisi nel modo migliore, saranno trasmesse sulle pagine Facebook @ertfondazione @editorilaterza @cittadimodena e sui canali Youtube Emilia Romagna Teatro e Editori Laterza, in diretta a porte chiuse dallo studio degli Editori Laterza a Roma, dal Teatro Storchi e dal BPER Banca Forum Monzani a Modena.

Il festival Laterza Agorà è ideato dagli Editori Laterza, prodotto da Emilia Romagna Teatro Fondazione e Comune di Modena, con il supporto di BPER Banca e Enel, main sponsor dell’iniziativa, di TIM, sponsor, e con il contributo della Fondazione di Modena.

Quali lezioni abbiamo appreso dalla pandemia che, da febbraio 2020, ha stravolto le società globali in maniera così significativa? Quali sono le conseguenze che ci trascineremo negli anni e quali le strade da intraprendere per far ripartire le nostre economie?

Questa prima edizione dell’iniziativa avrà per titolo Il mondo dopo la fine del mondo e completerà il progetto editoriale omonimo che si compone di una pluralità di strumenti e momenti comunicativi: podcast, video-dialoghi tra gli autori, un libro e un ebook edito Laterza nelle librerie dal 22 ottobre.

Un Festival innovativo che sperimenta un modo nuovo di diffondere idee. Infatti, Laterza Agorà mette insieme la televisione, il teatro, il web e la discussione pubblica: il tutto a partire da un libro.

Andrea Gerli e Chiara Paduano, giornalisti di Rai News24, condurranno questa staffetta del pensiero. Due attori, Martina Tinnirello e Carmelo Crisafulli, si succederanno con letture e interventi drammaturgici creati per l’occasione. Protagonisti del Festival studiosi, medici, scienziati, economisti e giovani professionisti che illustreranno la loro idea del mondo dopo la fine del mondo.

Programma

Venerdì 30 ottobre

ore 17.00-19.30

“USA, Cina, Europa”

Andrea Boitani, Lucio Caracciolo, Marta Dassù, Enrico Letta, Monica Maggioni, Vittorio Emanuele Parsi, Giulia Pastorella, Federico Rampini, Davide Tentori, Maurizio Viroli.

Sabato 31 ottobre

ore 10.30-13.00

“Diseguaglianze, sostenibilità, salute”

Nicolò Andreula; Fabrizio Barca, Stefano Bonaccini, Colin Crouch, Massimo Florio, Enrico Giovannini, Walter Ricciardi, Linda Laura Sabbadini, Chiara Varazzani.

ore 17.00-19.30

“Scuola, cultura, informazione”

con Andrea Bortolamasi, Paola Cardarelli, Cristina Comencini, Paola Dubini, Paolo Di Paolo, Andrea Gavosto, Imen Jane, Giuseppe Laterza, Claudio Longhi, Giovanna Neri, Gino Roncaglia Francesco Rutelli, Marino Sinibaldi, Andrea Vianello, Giorgio Zanchini.

Domenica 1 novembre

ore 17.00-19.30

“Immaginare il futuro”

Stefano Allievi, Stefano Boeri, Innocenzo Cipolletta, Massimo Gaggi, Stefano Mancuso, Gian Carlo Muzzarelli, Maria Cristina Pisani, Salvatore Rossi, Chiara Saraceno.

Il mondo dopo la fine del mondo.

Il mondo dopo la fine del mondo
Una piccola impresa editoriale, immaginata e realizzata nel pieno dell’emergenza e del ‘distanziamento sociale’

Alcuni dei maggiori intellettuali, scienziati, economisti, giuristi, antropologi, sociologi, giornalisti del nostro tempo rispondono alle domande che la pandemia ci ha prepotentemente posto. E che dobbiamo affrontare, oggi che porgiamo lo sguardo al nostro futuro prossimo

Nel giro di poche settimane, all’inizio dell’anno, le nostre certezze sono andate in frantumi: di fronte a un virus potente e sconosciuto, tutti i più avanzati strumenti di controllo, dalla genetica all’informatica, si sono dimostrati inadeguati e siamo stati costretti, volenti o nolenti, a tornare ad adottare come essenziale una misura inventata molti secoli fa, la quarantena. Mentre epidemiologi, virologi e genetisti si sono trovati a dichiarare la propria parziale impotenza e a chiedere tempo, sono tornati improvvisamente attuali racconti e riflessioni che guardavamo con il sussiego che si riserva ai ruderi del passato. Chi mai avrebbe immaginato che saremmo tornati a sfogliare il Decameron di Boccaccio, I promessi sposi di Manzoni o La peste di Camus non tanto per il piacere della lettura o per ragioni letterarie, ma per cercare in questi testi tracce di esperienze, per conoscere le conseguenze emotive di un fenomeno dimenticato?

Nel momento in cui scriviamo queste righe la pandemia ha già tracciato un grande solco tra un prima e un dopo, ha segnato uno spartiacque tra un mondo che credevamo di controllare e uno nuovo dal profilo molto incerto, ma che sta facendo saltare attraverso l’inappellabile verifica della realtà i nostri paradigmi più ferrei. Siamo tutti chiamati a riflettere su ciò che è stato, sulle cause profonde di quanto stiamo vivendo e sulle conseguenze immediate, economiche, politiche e sociali, così come a porci quesiti nuovi sul futuro che ci aspetta e che dovremo ricostruire.

Un prima e un dopo, dicevamo. Nel «prima», le nostre società facevano mostra di una organizzazione globale molto efficiente rispetto al passato più recente vista la disponibilità di strumenti tecnologici in grado di mettere in connessione su ogni piano il mondo intero. Oggi questa efficienza, questo intreccio pervasivo hanno mostrato l’altra faccia, quella fragile, insostenibile, vulnerabile: un minuscolo organismo infettivo li ha neutralizzati e fatichiamo ad essere resilienti, a resistere, a reagire. Allora le prime domande che vengono alla mente riguardano proprio questo aspetto: cosa ci dice questa vulnerabilità di noi come sistema organizzato? Come abbiamo potuto ignorarla così a lungo? Mentre sceglievamo di privilegiare la produzione di merci e servizi, il nostro essere consumatori, abbiamo dimenticato la nostra debolezza per eccesso di hybris?

Nel «prima», la democrazia appariva il destino dell’umanità, il sistema politico che prima aveva sconfitto il totalitarismo nazista e poi soverchiato in ogni aspetto il socialismo reale. Nel nostro «dopo» tutto questo non appare più così scontato. Da un lato un governo autoritario come quello cinese ha dato prova di una capacità di reazione inimmaginabile, contenendo il contagio e riprendendo l’attività economica e la vita sociale, tanto da poter uscire da questa crisi come un vero e proprio modello vincente e che rischia di esercitare un notevole influsso anche sul mondo «libero». Dall’altro gli strumenti messi in atto per contenere l’epidemia, dalla restrizione delle libertà individuali fino alle pervasive forme di controllo tecnologico, rischiano di minare dall’interno i nostri diritti di cittadinanza.

E anche qui molte sono le domande da porci: storicamente le democrazie si sono sempre dimostrate più resilienti rispetto ai governi autoritari o alle dittature, capaci di affrontare i costi umani della crisi ed elastiche nell’elaborazione delle risposte. Oggi queste caratteristiche sembrano appannate, le reazioni incerte e confuse, la gestione delle diverse esigenze e dei diversi interessi poco trasparente. Come mai? Esiste una crisi della rappresentanza che mina la selezione delle classi dirigenti politiche attraverso le elezioni? Saltata la mediazione dei partiti, la comunicazione diretta tra leader e popolo impedisce un confronto reale? La logica dell’emergenza diventa l’unica via attraverso cui la politica riesce ad imporre decisioni e scelte? E anche se fosse così, come è stato possibile che non ce ne siamo accorti e non sia mai stato possibile introdurre dei correttivi?

Nel «prima» la globalizzazione, la divisione internazionale del lavoro, le delocalizzazioni apparivano una straordinaria opportunità per lo sviluppo del pianeta, per consentire ad enormi masse di persone di sperimentare il privilegio degli standard di vita occidentali, per ridurre le disuguaglianze tra Nord e Sud del pianeta. Nel «dopo», risorgono, ovunque e senza provocare scandalo, confini e frontiere, si esigono controlli e limitazioni alla libertà di circolazione di merci e persone, mentre monta una crescente irritazione per la dipendenza di ogni nazione da linee di approvvigionamento che non possono essere controllate. Ma non era possibile prevederlo? Perché per anni abbiamo sentito cantare le lodi delle «magnifiche sorti e progressive» di questi fenomeni senza che se ne mettessero in luce anche i rischi?

Nel «prima» il capitalismo aveva unificato tutto il pianeta sotto il proprio dominio. La logica di mercato si era imposta, alla prova dei fatti, come legge universale cui tutti i popoli e tutte le culture si erano adeguati. Nel «dopo», riemergono con forza tratti e identità antichissimi che producono distinzioni e fratture: dalla Cina «confuciana», in cui l’individuo esiste solo in funzione della comunità, all’Europa latina, dove la difesa organicistica della società nel suo complesso prevale immediatamente sugli immediati interessi economici, fino al mondo anglosassone, dove la prima reazione è quella del business as usual.

È allora ipotizzabile che, finita l’emergenza epidemica, tutto riprenda come se niente fosse successo? Le leggi bronzee della domanda e dell’offerta globale torneranno a farsi valere senza alcuna variazione o si produrrà un ripensamento analogo a quello imposto dalla grande crisi del ’29? Se si indebolirà la capacità del capitalismo di assicurare benessere e consumi, riprenderanno forza i conflitti sociali e redistributivi?

Nel «prima» lo Stato era considerato una istituzione quasi residuale, che doveva essere limitato e contenuto in ogni suo tentativo di ingerenza nella vita economica. Nel «dopo», dovremmo considerare la sua forza necessaria, non cedibile, non solo per la tutela della salute pubblica e dei soggetti più deboli, ma soprattutto per la ripresa: la ricostruzione difficilmente può farne a meno. Ma la domanda è: come arriverà a questo appuntamento? La macchina dello Stato ha l’esperienza e le conoscenze per assolvere a questo nuovo ruolo? D’ora in avanti si va verso forme di intervento statale che ritenevamo cancellate dalla storia? I sistemi sanitari, ad esempio, dovranno essere ripensati completamente e, se sì, come potranno coesistere servizi privati e pubblici?

Nel «prima», l’Unione Europea, pur con tutti i difetti e lo scontento che l’accompagnavano, appariva una formidabile fortezza rispetto alle incertezze globali e l’euro la sua arma di difesa definitiva. Nel «dopo», riemergono stereotipi atavici e antipatie congenite: i popoli del Sud superficiali, sfaticati e spendaccioni, i popoli del Nord avari, freddi e calcolatori. Le stesse istituzioni europee faticano a trovare una propria legittimità rispetto agli interessi nazionali e non riescono ad assumere un ruolo di guida politica per l’intero continente. E si fanno avanti le domande urgenti: come si riuscirà a ricostruire il senso di un’Europa unita dopo questo disastro? Riprenderà forza l’idea di un destino comune di tutti gli europei o le logiche nazionali torneranno a prendere il sopravvento? Perché si è dovuti arrivare fin sull’orlo del precipizio senza percorrere strade alternative?

Nel «prima», sembrava che all’Italia fosse assegnato il destino di vivere sfruttando il suo immenso patrimonio culturale e le sue bellezze attraverso il turismo o il gusto per la buona tavola, la moda e il design. Nel «dopo», tutto questo appare un sogno da cui siamo costretti a destarci in preda allo shock: le nostre città deserte, i luoghi dello shopping abbandonati, il lavoro che scompare, tanto che persino mangiare potrebbe, dopo generazioni, tornare a essere un problema, come stiamo già sperimentando… Dopo decenni siamo obbligati di nuovo ad immaginare un futuro che non sia soltanto basato su un decimale in meno di tassazione o sull’eliminazione di questo laccio e di quel lacciuolo, ma che tenga nella giusta considerazione delle scelte fondamentali: in che direzione possiamo sperare di ripartire? Dove vogliamo andare come società? Abbiamo navi da bruciare alle nostre spalle?

E poi dovremmo fare i conti con l’inedita esperienza di isolamento, di separazione dagli altri che abbiamo vissuto in questi mesi: restare chiusi in casa, ma chiusi anche fuori nell’attenzione maniacale a schivarsi per strada o nei supermercati. Probabilmente dovremo tenere le distanze a lungo. E questo quanto influirà sulla natura e la qualità delle nostre relazioni? L’abitudine alla solitudine e all’isolamento ci porterà ad accontentarci di una vita relazionale a bassa intensità?

Il libro che vi apprestate a leggere è soprattutto un libro di domande, le domande che molti si pongono oggi quando porgiamo lo sguardo all’orizzonte del nostro futuro più prossimo o su quanto resta dietro di noi. Ed è un libro immaginato e realizzato nel pieno dell’emergenza e del distanziamento sociale. Risente quindi di tutti i vincoli e delle difficoltà che stiamo sperimentando ed è anche, per sua natura, provvisorio, nel senso che i temi ci appaiono dettati dall’urgenza del momento e, forse, saranno contraddetti da nuovi accadimenti o da nuove evidenze. Come accade quando si racconta una storia di cui si conosce l’esito, sarà facile tra qualche anno tornare a leggerlo e vedere tutte le ingenuità, i dubbi e le incertezze con i quali proviamo a dare un senso al nostro tempo. Oggi, in mezzo al buio nel quale procediamo, non è così. Proprio per questo ci è sembrato comunque utile porci alcune domande e tentare di offrire prime risposte, indicando anche possibili soluzioni ai grandi problemi che si sono aperti. E per questo ringraziamo tutti gli autori che hanno accettato di partecipare a questa nostra piccola impresa editoriale, che hanno accolto la nostra sfida e si sono prestati a correre questo rischio. 

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«Il mondo dopo la fine del mondo» non è solo un libro ma un cantiere di discussione pubblica di cui queste pagine, scritte tra maggio e luglio 2020 da oltre quaranta autori, sono solo un provvisorio punto di arrivo. La gestazione di questo volume, infatti, è stata accompagnata e arricchita da dialoghi online e podcast cui seguiranno presto anche incontri in presenza e sul web. Per rispecchiare la continua evoluzione del dibattito in corso, nella versione ebook di questo volume i lettori potranno trovare alcuni contributi aggiornati alla data di uscita. 

Il mondo dopo la fine del mondo

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