Il mondo dopo la fine del mondo

Il mondo dopo la fine del mondo
IL MONDO DOPO LA FINE DEL MONDO
Il Festival “Laterza Agorà”

Modena 30-31 ottobre / 1 novembre 2020
Teatro Storchi – BPER Banca Forum Monzani 


Quali lezioni abbiamo appreso dalla pandemia che, dal febbraio 2020, ha stravolto le società globali in maniera così significativa? Quali sono le conseguenze che ci trascineremo negli anni e quali le strade da intraprendere per far ripartire le nostre economie?

Da venerdì 30 ottobre a domenica 1 novembre al Teatro Storchi e al BPER Banca Forum Monzani di Modena si realizzerà “Laterza Agorà”, un festival del pensiero ideato dagli Editori Laterza, prodotto da Emilia Romagna Teatro Fondazione e Comune di Modena, con il supporto di BPER Banca e Enel, main sponsor dell’iniziativa, di TIM, sponsor, e con il contributo della Fondazione di Modena. Tre giornate di ragionamento con grandi nomi della cultura su come la pandemia sta cambiando il mondo e su come fare per uscire dalla crisi nel modo migliore.

Questa prima edizione dell’iniziativa avrà per titolo Il mondo dopo la fine del mondo e completerà il progetto editoriale omonimo che si compone di una pluralità di strumenti e momenti comunicativi: podcast, video-dialoghi tra gli autori, un libro e un ebook edito Laterza in uscita il 22 ottobre.

Un Festival innovativo che sperimenta un modo nuovo di diffondere idee. Infatti, Laterza Agorà mette insieme la televisione, il teatro, il web e la discussione pubblica: il tutto a partire da un libro.

Tutti gli eventi sono trasmessi in diretta streaming sulle pagine Facebook degli organizzatori @ertfondazione @editorilaterza @cittadimodena e sui canali Youtube Emilia Romagna Teatro e Editori Laterza.


Andrea Gerli e Chiara Paduano, giornalisti di Rai News24, condurranno questa staffetta del pensiero. Diversi attori si succederanno sul palco con letture e interventi drammaturgici creati per l’occasione. Ormai immancabile, il web, con una regia video che consentirà di allargare la platea dei due teatri ospitanti a un pubblico ancora più ampio. E infine i protagonisti del Festival, gli studiosi, medici, scienziati, economisti e giovani professionisti che illustreranno la loro idea del mondo dopo la fine del mondo.

Programma

Venerdì 30 ottobre

– ore 17.00-19.30, Teatro Storchi

“USA, Cina, Europa”

Andrea Boitani; Lucio Caracciolo; Marta Dassù; Enrico Letta; Monica Maggioni; Vittorio Emanuele Parsi; Giulia Pastorella; Federico Rampini; Davide Tentori; Maurizio Viroli.

Sabato 31 ottobre

– ore 10.30-13.00, Teatro Storchi

“Diseguaglianze, sostenibilità, salute”

con Nicolò Andreula; Fabrizio Barca; Stefano Bonaccini; Colin Crouch; Massimo Florio; Enrico Giovannini; Walter Ricciardi; Linda Laura Sabbadini; Chiara Varazzani.

– ore 17.00-19.30, Teatro Storchi

“Scuola, cultura, informazione”

con Andrea Bortolamasi; Paola Cardarelli; Paola Dubini; Andrea Gavosto; Imen Jane; Giuseppe Laterza; Claudio Longhi; Giovanna Neri; Gino Roncaglia; Andrea Vianello; Giorgio Zanchini.

Domenica 1 novembre

– ore 17.00-19.30, BPER Banca Forum Monzani

“Immaginare il futuro”

con Stefano Allievi; Stefano Boeri; Innocenzo Cipolletta; Massimo Gaggi; Stefano Mancuso; Gian Carlo Muzzarelli; Maria Cristina Pisani; Salvatore Rossi; Chiara Saraceno.

Tutti gli eventi sono a ingresso gratuito ma prevedono la prenotazione obbligatoria scrivendo o contattando la biglietteria del Teatro Storchi e-mail biglietteria@emiliaromagnateatro.com telefono 059.2136021.

Orari di apertura al pubblico: martedì, venerdì e sabato dalle ore 10.00 alle 13.00 e dalle 16.30 alle 19.00, mercoledì e giovedì dalle 10.00 alle 14.00. Domenica 1 novembre la biglietteria sarà in funzione al Forum Monzani dalle 15.30 alle 17.30.

L’editoria in Europa_italiano

L’EDITORIA IN EUROPA

Dialogo tra Bruno Caillet (Madrigall), Valeria Ciompi (Alianza), Nora Mercurio (Suhrkamp), Stuart Proffitt (Penguin) e Giuseppe Laterza.

Giuseppe Laterza 

Cari amici e colleghi, benvenuti a questo incontro sull’editoria europea all’epoca della pandemia.

Di solito in questo periodo dell’anno ci incontriamo a Francoforte, alla Fiera del libro, insieme ad altri editori provenienti da tutto il mondo.

Di Laterza vengono a Francoforte abitualmente – oltre a mio cugino Alessandro –  il nostro direttore editoriale Anna Gialluca, l’editor Giovanni Carletti e la responsabile dei diritti esteri Agnese Gualdrini che sono con me oggi nel nostro ufficio romano.

A Francoforte scorriamo le liste dei libri proposti per la traduzione e i ‘proposal’ relativi a libri futuri. E qualcuno di noi magari partecipa a un’asta per acquisire i diritti di un bestseller annunciato…sono tutte cose che in realtà si possono fare anche tramite la rete. Ciò che rende unica la Fiera di Francoforte è l’occasione di scambiare di persona idee ed esperienze in maniera informale e imprevedibile. Ma quest’anno non sarà possibile: a causa della pandemia gli editori resteranno a casa. Eppure mai come questa volta sarebbe stato utile scambiare idee su come reagire alla crisi visto che anche nel settore dei libri il lockdown ha avuto un impatto drammatico. Secondo l’ultimo report della Federazione degli Editori Europei tra marzo e aprile la chiusura delle librerie ha portato a un calo delle vendite in tutti i paesi dell’80/90%, non compensato dalle vendite online e digitali.

Ecco perché abbiamo pensato a questo incontro: ci è sembrato utile confrontare gli effetti della pandemia e del lockdown su ciascuno dei nostri paesi.

I partecipanti a questo incontro lavorano in prestigiose case editrici europee, i cui cataloghi comprendono alcuni tra i maggiori scrittori e pensatori europei contemporanei: da Thomas Mann a Ernst Hemingway da Marcel Proust a Jurgen Habermas, da Bruno Munari a Jacques Le Goff. Certo, rappresentiamo solo un segmento del mercato librario e abbiamo di conseguenza un osservatorio limitato. Peraltro, tra noi c’è molto in comune nel tipo di libri che pubblichiamo ma esistono anche significative differenze, anche per i nostri diversi ruoli professionali.

Valeria Ciompi è l’editrice di Alianza, una casa editrice spagnola fondata nel 1866 a Madrid da José Ortega Spottorno.

Bruno Caillet è il direttore commerciale del gruppo Madrigall, che comprende al suo interno sigle come Gallimard, Flammarion e Casterman e il cui editore è Antoine Gallimard, nipote di quel Gaston Gallimard che fondò la casa editrice a Parigi nel 1911.

Nora Mercurio è responsabile dei diritti della casa editrice Suhrkamp, fondata a Francoforte nel 1950 da Peter Suhrkamp e che oggi ha sede a Berlino.

Stuart Proffitt è direttore editoriale di Penguin fondata nel 1935 a Londra da Allen Lane.

Possiamo iniziare con un primo giro di interventi sull’impatto del Covid in ciascuno dei nostri paesi. Chiedo a Valeria di iniziare.

Valeria Ciompi

Non avrei mai pensato che la Fiera di Francoforte potesse mancarmi, ma è proprio così!

In effetti non mi mancano tanto gli appuntamenti, ma i corridoi, le lobbie degli hotel e tutte le occasioni informali per parlare con i colleghi di tante cose all’apparenza poco importanti ma in realtà assai rilevanti.

Prima di tutto vorrei dire che mi sento orgogliosa più che mai del mio lavoro. E anche fortunata, soprattutto se penso ai nostri colleghi di altri settori culturali, chi opera nel teatro e nella musica ad esempio, che conducono una battaglia molto molto difficile in un mondo di distanziamento così ostile allo spettacolo dal vivo, mentre per fortuna – almeno per il momento – non sembra così ostile ai libri…

Mentre parlavi di catalogo, mi sentivo fortunata perché le nostre novità  possono dare un contributo al nuovo mondo che dobbiamo costruire. Così come un contributo può venire dalla promozione di titoli universali classici del nostro catalogo. I nostri cataloghi possono essere musei viventi e questo è una straordinaria risorsa nei tempi difficili che attraversiamo.

Ed è straordinario che possiamo esercitare la nostra creatività anche nel mantenere in vita i nostri titoli passati, rilanciandone quelli più attuali.

Venendo alla situazione spagnola, devo dire che nella seconda ondata del Covid siamo in una situazione di maggior incertezza rispetto a quella passata anche a prescindere dalla sfera politica. La situazione si presenta però meno drammatica di quanto non prevedessero i più pessimisti: alla fine di settembre il calo delle vendite nell’insieme del mercato librario si aggira sul 10% e le previsioni sono di un calo di massimo il 5% alla fine dell’anno.

Questo anche se la Spagna sta vivendo un lockdown parziale che non sappiamo come condizionerà il prossimo futuro, in un contesto economico che si sta rapidamente deteriorando. Durante il lockdown i lettori hanno dato prova di grande affezione ai libri, seguendo tra l’altro le molte iniziative messe in campo dai librai, alcune delle quali di grande qualità, e che hanno portato buone vendite appena le librerie si sono riaperte, anche in estate, quando di solito le vendite non sono altissime. Nei primissimi giorni di ottobre il mercato ha molto rallentato, pur in presenza di molte novità e dunque siamo un po’ preoccupati. Devo dire però che la mia casa editrice – Alianza Editorial – si trova in una situazione piuttosto fortunata, con vendite sul mercato interno spagnolo superiori del 20% a quelle dell’anno scorso, un dato ridotto in parte dalla situazione critica del mercato sudamericano. Un risultato dovuto anche a un bestseller del tutto inatteso: l’autobiografia di Woody Allen che abbiamo lanciato proprio il giorno della riapertura delle librerie.

Penso che durante il lockdown le persone abbiano avuto più tempo per leggere e infatti hanno letto di più.

E in effetti le vendite dei libri sono continuate attraverso le librerie virtuali. Le vendite degli e-books sono più che raddoppiate rispetto all’anno scorso e anche Alianza ha deciso di moltiplicare i nostri libri in versione digitale, anche con i classici del nostro catalogo che hanno avuto risultati molto buoni.

Ciò detto, il 50% delle nostre vendite continua a passare attraverso le librerie e abbiamo cercato di aiutare il libraio attraverso la comunicazione, e con i nostri autori,  creando un senso di comunità tra editori, autori e librai. Poi abbiamo anche un bestseller del tutto inatteso: l’autobiografia di Woody Allen che abbiamo lanciato esattamente proprio il giorno della riapertura delle librerie.

Le prossime settimane si presentano come una vera sfida e il lockdown  parziale rischia di mettere in crisi anche le vendite natalizie.

Comunque in questi mesi abbiamo rimesso tutto in questione: cosa pubblicare, quanti libri pubblicare, come raggiungere i nostri lettori. Abbiamo anche discusso di come far si che il governo aiuti il settore dell’editoria libraria.

Insomma, dobbiamo insieme seguire la nostra attività giorno per giorno, mantenerci creativi e ottenere un’attenzione anche da parte di chi ci governa, tenendo alta la fiducia nella nostra missione.

Bruno Caillet

Devo dire che è la prima volta che mi capita di condividere informazioni sul mercato in un meeting di questo tipo e mi sembra una cosa assai utile per tutti.

In Francia nel periodo tra marzo e m aggio le vendite sono calate del 60%, dopodiché tra giugno e agosto c’è stata una forte risalita. Se consideriamo le vendite a tutto settembre possiamo dire che il calo di vendite rispetto al 2019 si attesta all’8%, contro il 10% di cui ci ha informato Valeria per la Spagna.

Per le vendite digitali non abbiamo dati nazionali, ma per il gruppo Madrigall le vendite digitali sono cresciute di almeno il 30% a tutto settembre, rispetto al 2019.

Sul fronte degli audiolibri le vendite sono triplicate: questo è veramente uno dei nuovi canali a cui dare molta attenzione.

Interessante è anche notare che le vendite di catalogo non hanno subìto perdite a differenza delle novità che sono calate del 16%.

Un altro dato interessante è la crescita dei bestseller: l’incidenza delle vendite dei primi 1000 titoli più venduti nel complesso è salita dal 24% al 28%. Se guardiamo invece alla divisione per settori, in Francia c’è stata una crescita molto forte delle vendite del settore educativo (+5%) e anche libri per bambini sono cresciuti dell’1%, nella stessa misura sono cresciuti anche le graphic novel e i fumetti.

Al contrario, vendite significativamente più basse si sono verificate per la letteratura (-7%), e anche per i libri di scienze naturali e scienze umane.

Come ha ricordato anche Valeria, gli editori hanno spostato sul 2021 i libri con vendite attese più basse, anche per aiutare finanziariamente le librerie, evitando di riempirle di libri a vendita più lenta.

Come ultimo punto vorrei menzionare la forte riduzione delle rese: naturalmente i due aspetti sono connessi perché meno novità producono meno rese.

Per quanto riguarda le librerie posso dire che effettivamente anche in Francia le librerie indipendenti hanno avuto un recupero di fatturato molto significativo.

Nora Mercurio

Confesso che sono un po’ intimidita da tutti i numeri che avete citato e che comunque vorrei leggere in una chiave positiva e ottimistica. La Germania – per molti motivi che sono stati abbondantemente discussi – non ha avuto un impatto della pandemia così forte come in altri paesi europei, almeno fino ad ora.

Il nostro è un mercato del libro molto forte e per fortuna non ha risentito della crisi così drammaticamente come negli altri paesi.

Tra metà marzo e metà aprile le vendite di libri si sono ridotte di quasi il 65% ma poi nei mesi successivi abbiamo recuperato.

Al momento il mercato sembra essere inferiore a quello dell’anno scorso di circa il 6%. Questo è un dato che comprende sia l’e-commerce sia le librerie fisiche che come tali sono scese di circa il 10%. Se le cose continueranno come negli ultimi 3 mesi le previsioni dicono che dovremo chiudere l’anno con un -3% complessivamente e un – 6% per le librerie fisiche.

Una situazione che certo non si può definire ottimale ma che avrebbe potuto essere molto peggiore.

Certamente ancora fino ad aprile prevedevamo una vera catastrofe, mentre adesso c’è una fiducia diffusa che – se non succedono imprevisti maggiori – le cose potrebbero andare decisamente meglio rispetto alle aspettative.

Le vendite on line sono molto aumentate e anche quelle degli e-books anche se non in una proporzione significativa come è avvenuto in altri paesi.

In questo momento assistiamo al fenomeno straordinario della ripresa delle vendite nelle librerie di quartiere. E a questo proposito devo dire che i librai indipendenti hanno dimostrato una straordinaria creatività: bisogna essere loro grati per la passione e l’impegno che hanno messo nel reagire alla crisi nei mesi decisivi della chiusura dei negozi. Impegno volto soprattutto a mantenere il rapporto con i propri clienti, rendendosi sempre disponibili, cercando di raggiungerli in ogni luogo, chiamandoli al telefono: una attenzione al consumatore che alla fine ha pagato.

Questo a fronte del fatto che Amazon all’inizio ha avuto dei problemi con la consegna dei libri, anche perché non hanno dato ai libri una priorità rispetto ad altri prodotti.

Bisogna anche dire che i problemi dell’industria cultura le hanno avuto una grandissima risonanza sui media: sui giornali sono uscite tonnellate di articoli sui teatri, sulla musica, sulle mostre e anche sull’editoria libraria.

E uno spazio notevole è stato dato anche a interviste agli stessi librai, e questo li ha aiutati a tenere alto il loro impegno. Questi sono aspetti non quantificabili, perché di natura più psicologica o sociale ma di cui possiamo essere orgogliosi e su cui possiamo costruire il futuro del nostro settore.

Certo, anche noi abbiamo dovuto spostare un certo numero di titoli al prossimo anno e certamente alcuni titoli usciti proprio all’inizio della pandemia hanno fortemente sofferto nella vendita della chiusura delle librerie.

Anche noi da Suhrkamp abbiamo venduto molto bene il catalogo.

Per quanto riguarda i diritti esteri, da marzo ad oggi abbiamo continuato a venderli in misura molto significativa. Ogni anno facciamo mediamente 450 nuovi contratti di cessione di diritti all’estero e generalmente arriviamo a settembre avendone fatto circa la metà.

Quest’anno il numero dei contratti è più o meno lo stesso, con la differenza che la maggior parte di questi contratti è relativa a libri di catalogo, perché a partire da marzo non abbiamo venduto quasi nessun libro nuovo.

C’è un crescente interesse nel settore della non fiction e anche da noi come in Francia la letteratura fa un po’ fatica, ma effettivamente sono stati i titoli di catalogo e i classici che ci hanno fatto andare avanti.

L’anno scorso con Peter Handke abbiamo vinto il premio Nobel e questo ci ha portato un incremento significativo di vendite anche in questi mesi. Sono dunque molto ottimista sul fatto che nei prossimi mesi i diritti esteri continueranno a essere una parte molto importante del nostro lavoro, non parlo soltanto di vendita dei diritti, visto che mi occupo anche di acquisizioni e la casa editrice nell’ultimo periodo ha acquisito anche molti titoli stranieri dagli americani, dagli inglesi, da tutto il mondo. E sono spesso titoli nuovi.

Sono dunque ottimista ma dovremo focalizzare di più la nostra attenzione sui libri che vogliamo offrire e su come offrirli, forse potremo fare meno titoli in futuro e comunque dovremo dare a ogni titolo maggiore attenzione.

Giuseppe Laterza

Grazie per aver ricordato il ruolo dei librai così importante per il lavoro di tutti noi.

Stuart Proffitt

Caro Giuseppe grazie mille per avermi invitato a partecipare a questo incontro. Nella tua introduzione hai parlato di cultura europea e forse la tratteremo alla fine. Ma voglio dire subito che se la cultura europea fosse nelle tue mani sarebbe in buone mani! Ti ringrazio per aver preso questa iniziativa che ci consente di trovarci a ragionare insieme su temi così rilevanti per tutti noi. E questo è proprio caratteristico del tuo modo di lavorare: spingerci a pensare oltre le frontiere. Tra gli editori europei, Laterza è veramente un editore europeo.

Ciò detto, vorrei ribadire ciò che già alcuni di voi hanno detto. Valeria ha menzionato come gli altri la situazione difficile delle altre industrie creative e questo vale assolutamente anche per l’Inghilterra.

E’ di stamattina la notizia che la Royal Opera House ha messo in vendita il pezzo di maggior valore del suo patrimonio, un quadro di David Hockney che era lì, sperando di guadagnare dalla vendita 15 milioni di sterline. Altra notizia del giorno è che una delle principali catene di cinema inglesi chiuderà fino a primavera prossima e per la seconda volta è stata rinviata l’uscita del film di James Bond, in un contesto in cui il business del cinema soffre moltissimo. In tutte le performing arts, ci sono problemi gravissimi, cosicché penso che noi editori di libri siamo molto fortunati.

A paragone con i dati che ho sentito dai colleghi che mi hanno preceduto, mi pare che il Regno Unito sia in una posizione ancora migliore, da molti punti di vista.

Certo, anche noi abbiamo avuto una chiusura delle librerie per 12 settimane, da aprile a giugno, i dati non sono completi ma sembra che una delle cose certe è che durante il lockdown le persone hanno letto più libri. E al momento sembra che le vendite di libri in Inghilterra a fine anno saranno addirittura superiori a quelle dell’anno scorso. Lo dico naturalmente con beneficio di inventario, perché non sono ancora dati certi.

Ma è vero che la ripresa nelle ultime settimane è stata fortissima.  E naturalmente questo dipende molto anche dalle vendite di Amazon che saranno cresciute di circa il 10% in termini di libri fisici. Amazon negli ultimi anni si stava già mangiando il mondo circostante e ovviamente … se lo mangerà ancora di più in questa situazione.

Come ha detto Nora, la domanda che si è riversata su Amazon è stata talmente forte che la capienza del loro magazzino si è rivelata insufficiente a far fronte alla richiesta che veniva dai consumatori.

Uno dei risultati della crisi che attraversiamo è che i trend già esistenti si sono significativamente rafforzati e questo è certamente uno di questi, con il forte aumento delle vendite on line dei libri fisici.

Anche le vendite degli e-book sono aumentate fortemente, ad aprile erano aumentate di quasi il 40%. E a oggi anche se i dati sono da prendere con le molle, sono cresciute del 20% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Anche le vendite degli audiolibri – come in Francia – sono cresciute molto. E capita sempre più frequentemente che si vendano più copie di audiolibri che di libri fisici, anche dei titoli bestseller. Così si può dire che nell’insieme nel Regno Unito le linee di crescita preesistenti hanno subìto una forte accelerazione.

C’è anche un cambiamento nella distribuzione: nelle note preparatorie a questo incontro Giuseppe Laterza ha scritto che si nota uno spostamento di vendite sulle librerie di quartiere e nei centri più piccoli. Questo è assolutamente vero anche in Inghilterra. Nel centro di Londra i negozi più grandi soffrono molto più degli altri: in alcune grandi librerie di questi tempi capita di vedere solo 2-3 avventori, meno di quelli che compongono lo staff del negozio. In generale, questo riguarda tutti i negozi allocati nella city, al contrario i negozi e anche le librerie che sono in centri provinciali se la passano meglio. Un’iniziativa interessante da segnalare a proposito di librerie indipendenti è quella che è stata promossa da alcune librerie americane che hanno costituito un sito web chiamato Bookshop.org che vende i libri online a partire dalle stesse librerie. Un’iniziativa che da un mese si sta affermando anche in Inghilterra, un sito web in cui ogni libreria può avere il suo spazio e le persone possono comprare libri direttamente dal libraio. E’ interessante notare che in America il sito Bookshop.org, che all’inizio contava 250 librerie, adesso ne conta più di 800.  Questo sembra un canale che potrebbe crescere rapidamente nei prossimi mesi sia in America sia in Inghilterra.

Come ha detto Nora, anche da noi sono aumentati i contratti con gli autori: sembra che mentre noi passavamo ore e ore a fare interminabili riunioni sul web, gli autori a casa si dedicavano alla scrittura di libri. E durante l’estate ci è arrivata una vera ondata di manoscritti.

E’ vero che gli autori non possono andare in giro a fare conferenze, ma possono farle on line, quindi non dovendo viaggiare, ne possono fare di più.

Forse uno degli effetti negativi della crisi delle grandi librerie del centro è che vediamo una difficoltà di vendita dei paperback. Un tempo la gente entrava in queste grandi librerie e si andava a scegliere il paperback o il tascabile preferito in grandi tavoli assortiti e questo certamente oggi funziona meno.

Molti dei libri sono stati spostati alla fine dell’anno e certamente avremo un po’ di ingolfamento.

Vorrei anche menzionare l’importanza che ha avuto in Inghilterra il movimento  “Black life matter” che ha spostato le abitudini di lettura e anche forse il modo di ragionare degli editori.

Giuseppe Laterza

Avete messo veramente tanta carne al fuoco! Aggiungo alcune note relative alla situazione italiana.

In Italia le librerie sono state chiuse per legge dal 12 marzo al 13 aprile ma in realtà molte sono restate chiese fino a maggio, in particolare quelle del Nord e di alcune grandi città come Milano e Torino dove la diffusione del Coronavirus è stata particolarmente forte.

Le vendite dei libri sono crollate e non sono state compensate se non in minima parte dalle vendite online.

Alcuni librai hanno subito reagito, organizzando un servizio di fornitura dei libri a casa chiamato ‘Libri da asporto’, che ha coinvolto più di 200 librerie. La stragrande maggioranza degli editori ha spostato le novità in uscita all’autunno e in parte al 2021.Ma hanno confermato la pubblicazione dei titoli più vendibili. Visto che le presentazioni in libreria erano impossibili e che i festival letterari erano stati tutti cancellati Laterza ha deciso di iniziare una serie di dialoghi tra i propri editor e gli autori su Instagram: li abbiamo chiamati ‘Casa Laterza’ e hanno riscosso notevole interesse. Così hanno fatto anche molti altri editori, dedicando maggior attenzione alla promozione dei libri sui social networks. Recentemente una ricerca dal Centro del libro ha rilevato che nel periodo del lockdown la lettura dei libri da parte degli italiani non è aumentata, mentre è fortemente aumentato il consumo di TV e Internet.

Tra i libri venduti durante il lockdown spiccavano i titoli legati alla pandemia tra cui un classico come ‘La peste’ di Albert Camus, originariamente pubblicato da Gallimard e in Inghilterra da Penguin…

Quando le librerie hanno iniziato a riaprire – grazie a un decreto che le inseriva tra le attività di interesse essenziale – gli editori erano piuttosto scettici sulla possibilità di un recupero del mercato: pensavamo che nel caso migliore il fatturato dei mesi successivi si sarebbe attestato sui livelli del 2019, con forti rischi di calo ulteriore visto che i lettori avrebbero avuto minor propensione alla spesa. Le previsioni prevalenti a maggio sulla chiusura del 2020 si attestavano sul – 20%. Ma già a luglio la situazione era cambiata e le vendite delle settimane post lockdown risultavano superiori a quelle del 2019, con previsioni per fine anno che passavano a – 10%.

A fine settembre la situazione del mercato risulta ulteriormente migliorata e si prevede di chiudere l’anno con un -5/6%.

Il recupero viene soprattutto dalle vendite online –  e in particolare da Amazon – che si attestano sul 40% del mercato trade, contro il 25% circa del 2019.Ma anche le librerie indipendenti e di quartiere hanno recuperato molto bene , mentre soffrono le librerie più grandi, collocate spesso nei centri delle città, soprattutto nei centri commerciali, nelle stazioni e negli aeroporti.

Gli editori hanno sperimentato positivamente lo Smart working che consente di svolgere efficacemente molte delle attività caratteristiche di una casa editrice, anche se almeno in Laterza durante il lockdown ci è mancata quella forma di scambio continuo quotidiano – anche con i nostri autori – che solo la prossimità può assicurare.

Adesso vorrei chiedervi un giudizio sulla permanenza dei cambiamenti che abbiamo osservato in questo periodo.

In particolare, ritenete che lo spostamento delle abitudini di acquisto online resterà almeno in parte nel tempo?

E come potranno attrezzarsi le librerie per far fronte alla concorrenza? Sarà necessario renderle sempre più belle e soprattutto ‘socievoli’ come ha detto il direttore della grande catena inglese Waterstones James Daunt a gennaio scorso, intervenendo alla Scuola dei librai Mauri di Venezia?

Stuart Proffitt

James Daunt è un libraio molto innovativo, che ha radicalmente trasformato le librerie dell’ultima grande catena inglese rimasta in vita. Ciò detto anche le librerie Waterstones hanno sofferto moltissimo della crisi. Le loro vendite online tra aprile e luglio sono cresciute del 25/30 % ma non in maniera sufficiente a compensare le mancate vendite del periodo precedente.

Ancora oggi la promozione dei libri avviene in buona parte attraverso i giornali con recensioni e interviste agli autori ma ciò che è cambiato sono gli incontri con l’autore , che si tengono ormai in buona parte sul web.

All’inizio pensavamo che questa forma di promozione non fosse efficace e che non avremmo venduto come avveniva normalmente con il firma copie in libreria. Ma l’esperienza fatta in questi mesi ci dice che sbagliavamo e che le persone dopo aver ascoltato le presentazioni web comprano i libri online. E adesso che il sistema si è consolidato, le presentazioni online sono arrivate a numeri che le presentazioni fisiche non avrebbero mai potuto raggiungere. Due autori le cui novità abbiamo pubblicato quest’anno – Anne Applebaum e Michael Sandel – e che hanno fatto molte presentazioni online, hanno raggiunto un pubblico molto vasto, con risultati evidenti sulle vendite dei loro libri.

Anche i festival letterari sono cambiati. Uno dei più importanti è quello di Hay on Way, a cui partecipo sempre, che negli anni aveva registrato una crescita enorme di partecipanti, fino a 250.000 persone. Ebbene quest’anno, dopo che il suo dinamico direttore lo aveva rapidamente spostato online alla fine di maggio, ha registrato ben 500.000 partecipanti!

Certo, la maggior parte dei partecipanti non paga un biglietto ma molti tra loro, dopo aver ascoltato l’autore ne compra i libri.

E credo che questa sia un’altra forma in cui i cambiamenti preesistenti subiranno una accelerazione: probabilmente avremo molti meno autori in giro per il mondo a promuovere i propri libri ma le persone si abitueranno all’idea di ascoltare un autore dal divano di casa e magari anche a pagare per questo servizio…

Nora Mercurio

In Germania come Stato federale la situazione è molto differenziata quanto alla chiusura delle librerie: ad esempio a Berlino le librerie non sono state obbligate a chiudere, in quanto la loro funzione è stata riconosciuta come essenziale mentre in altre regioni non è stato così. Per le catene il problema è che molte delle loro librerie sono ubicate in centri commerciali che sono stati chiusi, le librerie avrebbero potuto restare aperte ma i centri commerciali erano chiusi. C’è’ stato dunque un grande fenomeno di ritorno dei clienti alle loro librerie di quartiere e questo ha riguardato sia le grandi città sia le aree rurali dove c’era già un rapporto forte tra librai e lettori. Molti lettori hanno bisogno di consigli per scegliere il libro da leggere e anche se su internet posso trovare molte informazioni queste non sono comparabili alla qualità che viene da un rapporto diretto con il libraio. Come ha sottolineato anche Valeria nel suo intervento ciò che veramente conta per un lettore è ciò che non si aspetta, l’imprevisto …

Il lettore scopre un libro attraverso la passione di un libraio ma anche in tanti altri modi, ad esempio attraverso i social media o il sito web della casa editrice: questo è un terreno in cui potremo esercitare in futuro la nostra creatività.

Bruno Caillet

Anche il modo di parlare ai librai da parte degli editori sta cambiando: da due mesi a questa parte la gran parte dei nostri incontri con i librai sono fatti attraverso Internet e molto poco in presenza. Ma io non penso che questa sia una buona situazione. Secondo me Internet ha forti limiti comunicativi: in questo momento io parlo con voi attraverso un muro di vetro che rende molto meno efficace ciò che dico. Al momento siamo obbligati a farlo ma spero che presto finirà, perché parlando così a mio parere non si riesce a promuovere efficacemente un libro.

Per quanto riguarda le cose che diceva Nora sui librai, in Francia abbiamo una situazione fortunata grazie anche alla legge cosiddetta del ‘prezzo unico’ del libro che consente il mantenimento di una rete molto forte di librerie con una presenza di Amazon molto più contenuta, non superiore al 15/20%.

Così, se saremo capaci di mantenere in salute questa rete di librerie le vendite online aumenteranno anche da noi ma non con effetti così dirompenti per il mercato libraio. Aggiungo che il governo francese ha dato un aiuto molto rilevante ai librai con un investimento di circa 50 milioni di euro che cerca di compensare la perdita di fatturato che subiranno alla fine dell’anno e questo anche perché per il nostro paese il mantenimento del pluralismo nell’offerta libraia è molto importante.

Vorrei dire come Stuart che anche in Francia è importante che le grandi catene – che oltre ai libri vendono musica e video – restino forti sul mercato. E’ importante perché sono le catene che assicurano il lancio dei bestseller, così importanti per il conto economico di un editore. Oggi le FNAC hanno perso il 25% delle vendite e soffrono di una crisi molto forte nei loro negozi nel centro di Parigi o Marsiglia, il che è per noi motivo di forte preoccupazione nel prossimo futuro.

Spero che ci sarà un recupero delle catene soprattutto per le vendite di fine anno, tradizionalmente molto importanti per il mercato librario.

Giuseppe Laterza

Vorrei chiedere anche Valeria di commentare ciò che è stato detto.

Tutti noi credo vogliamo un mondo in cui prevalga la diversità, anche nei luoghi dove si possono incontrare i libri. Vogliamo librerie piccole e grandi con librai competenti – e a volte idiosincratici – e vogliamo vendite online come in tutti i luoghi che possano ospitare libri. Perché ciò che dobbiamo perseguire è la libertà di scelta del lettore e del consumatore. Anche in ciò che è imprevedibile, come ci ha detto Nora: speriamo che un lettore possa continuare a uscire da una libreria portando con sé non solo il libro che era entrato per comprare ma anche uno che ha scoperto in quel momento…

Vorrei adesso chiedervi di affrontare il tema della cultura europea. Che credo si debba basare su scambi sempre più intensi, per costruire una sempre maggiore conoscenza reciproca e solidarietà reciproca.

In questi mesi l’Europa ha attraversato un periodo molto difficile: all’inizio della pandemia sembrava che ogni paese facesse per conto suo. Non c’era collaborazione, al contrario ciascuna nazione era divisa anche al proprio interno tra regioni diversamente colpite dal virus. Ma attraverso la discussione pubblica e a volte il conflitto forte delle opinioni siamo arrivati a progettare un futuro comune.

Il Recovery Fund non rappresenta solo una grande risorsa a disposizione di tutti i paesi europei ma anche un impegno molto rilevante all’unità d’azione futura perché abbiamo creato le condizioni che potranno aprire la strada a una politica fiscale comune che l’Europa non ha mai avuto.

E una politica comune è molto difficile se non c’è una cultura comune. Il che non vuol dire che dobbiamo essere tutti uguali: anche all’interno di ciascuna nazione europea permangono forti differenze anche culturali tra diverse regioni, ma questo non ha impedito la costruzione di processi di unificazione nazionale.

Negli ultimi anni le traduzioni di libri nelle diverse lingue europee è certamente aumentata – e Nora potrà confermarcelo – ma ancora le classifiche dei bestseller sono prevalentemente nazionali, seppur con notevoli eccezioni come i libri di Elena Ferrante.

Credo che noi editori possiamo fare molto per migliorare l’integrazione culturale anche con l’aiuto dei diversi media, il cui ruolo essenziale è stato giustamente sottolineato sia Nora. Che ne pensi Valeria?

Valeria Ciompi

Ci fai una domanda assai difficile! Credo che Nora ci ha fornito lo slogan migliore: teniamoci aperti all’imprevisto!

Vorrei tornare un attimo su Amazon: in questi mesi è cresciuto molto, ma non si è assunto molti rischi e si è dimostrato incapace di tenere uno stock di libri sufficiente, almeno questa è la nostra esperienza. Dobbiamo fare tutto il possibile per aiutare i librai. In Spagna abbiamo avuto iniziative bellissime delle librerie, ad esempio a Madrid, quando le persone non potevano entrare nelle librerie abbiamo sperimentato firma copie in strada: Almudena Grandes ha firmato centinaia di copie su un piccolo tavolo in una strada della città di fronte a una lunghissima fila di persone che manteneva la distanza di sicurezza.

Anche da noi i centri delle città sono vuoti e questo anche per colpa nostra che li abbiamo trasformati in luoghi turistici, cosicché oggi il centro di Madrid è morto. Dovremmo riflettere sul fatto che un tempo nel centro delle città c’erano tanti negozi artigianali e caffè e ristoranti e luoghi di socialità per i cittadini e adesso ci sono solo negozi di souvenir o di catena vuoti.

Quanto alla cultura europea mi dispiace dover dire che il lockdown ha dato molto più spazio agli autori locali. L’impossibilità di viaggiare ha reso infatti molto più difficile promuovere libri stranieri anche negli incontri online vista, anche la barriera  linguistica.

Cosa possiamo fare per rafforzare la cultura europea?

Noi ad Alianza traduciamo parecchio ma le traduzioni sono sempre più costose e difficili. Certo possiamo progettare insieme ad altri editori europei alcuni libri e lanciarli contemporaneamente ma anche questo non è affatto facile e temo che con la crisi ciascuno di noi sarà portato a concentrarsi di più sul proprio paese…

Bruno Caillet

Forse sono un po’ ingenuo ma ho l’impressione che una cultura europea esista già. Se penso al numero di libri europei che circolano in Francia e che ottengono anche prestigiosi premi mi sembra che una cultura europea esista e sia forte. E questo si vede anche nel modo in cui sono organizzate le librerie con largo spazio alle traduzioni e nei programmi editoriali degli editori francesi che mi sembra danno sempre più spazio alla produzione europea. So che per gli autori francesi non è sempre facile essere pubblicati in lingua inglese o in altri paesi e mi dispiace. D’altra parte mi sembra che la Francia sia un paese dove gli autori europei hanno una buona possibilità di essere tradotti e pubblicati.

Giuseppe Laterza

Grazie Bruno mi sembra che quello che hai detto è complementare a ciò che ha detto Valeria. Naturalmente una cultura europea già esiste: il problema è se possiamo e dobbiamo rafforzarla ulteriormente come strumento essenziale per accrescere la comprensione e la solidarietà tra europei. Credo che su questo punto Nora possa darci una prospettiva molto importante che è quella di chi si occupa delle traduzioni e della compravendita dei diritti.

Nora Mercurio

Prima di tutto vorrei dire che forse non sono così d’accordo con quello che hai detto all’inizio sulla necessità di una cultura europea comune. Piuttosto penso che abbiamo bisogno di una curiosità comune rivolta anche alle culture intorno a noi. Quello che veramente mi piacerebbe vedere è un’apertura mentale verso gli americani, gli asiatici e altri popoli del mondo che sono interessati a conoscere l’Europa e d’altra parte vorrei vedere una politica europea che rispondesse a questa curiosità con fondi che favoriscano e accrescano la compravendita dei diritti.

Uno degli strumenti più potenti che abbiamo per costruire ponti con le altre culture sono stati i contributi alla traduzione Se Suhrkamp riesce a vendere i diritti di Habermas in molti paesi, le persone di questi paesi probabilmente capiranno il pensiero di un filosofo che ha dato forma alla cultura tedesca e dunque capiranno anche il modo di pensare dei tedeschi. E questo penso che valga per tutti i nostri scrittori, filosofi, sociologi: come ha detto Bruno sia la Germania sia la Francia acquistano molti diritti e pubblicano autori di tutto il mondo, più di quanto mi sembra facciano gli italiani piuttosto che gli spagnoli, gli americani e gli inglesi. In Germania mi sembra che compriamo molto più di quanto vendiamo diritti tedeschi.

Di conseguenza, i tedeschi mi sembra che oggi sappiano più di quanto succede nel mondo di quanto gli altri sappiano della Germania.

Forse in particolare in America si traduce poco dall’estero e dunque si sa anche poco, certamente meno che in Inghilterra.

Pensando al Recovery Fund, ci dovrebbero essere fondi maggiori per le traduzioni per avere una migliore comprensione reciproca non solo all’interno dell’Europa ma anche tra quella europea e le altre culture. Per fare solo un esempio, quest’anno abbiamo pubblicato con successo per la prima volta l’opera di un filosofo cinese vivente e questo pur avendo Suhrkamp un grande catalogo di filosofia. Sono sicura che ci sono molti altri filosofi cinesi interessanti che potremmo pubblicare se avessimo un contributo alla traduzione ….

Giuseppe Laterza

Grazie Nora, mi sembra che hai indicato un punto essenziale e molto concreto su cui editori come noi dovrebbero mobilitarsi: la richiesta di aumentare i fondi per la traduzione. In Italia i fondi per la traduzione sono sempre stati esigui e hanno costretto gli editori a pratiche infinite senza neppure avere sempre chiari i criteri di assegnazione. Vorrei chiudere questa nostra conversazione con Stuart Proffitt, ringraziandolo per le parole gentili che ha avuto nei nostri confronti. Mi fa molto piacere che abbia ricordato l’impegno di Laterza sul fronte europeo: da molti anni la casa editrice è impegnata nella traduzione di tanti autori importanti, da Habermas a Hobsbawm da Duby a Bauman, solo per citarne alcuni. Negli anni ‘80 abbiamo iniziato ad affiancare alle traduzioni anche coedizioni con diversi editori europei. Tra queste ricordo in particolare la Storia delle donne che negli anni Novanta commissionammo a due grandi storici francesi, Georges Duby e Michelle Perrot, vendendone poi i diritti in tutto il mondo. E a proposito di quello che ha detto Nora sulla Cina ricordo che quando uscì l’edizione cinese della Storia delle donne, dissi al mio collega di quel paese che ero stupito che volesse proporre ai suoi lettori una storia delle donne occidentali. Lui mi rispose che non dovevo stupirmi, dato che i cinesi conoscono bene la nostra storia … mentre noi ignoriamo quasi del tutto la loro!

La coedizione più impegnativa e anche la più significativa tra tutte è stata la collana “Fare l’Europa”, che abbiamo promosso con altri 4 editori europei e che è stata diretta da un grande storico europeo come Jacques Le Goff, poi tradotta in molti paesi anche fuori dell’Europa. Una collana in cui tutti i volumi erano progettati insieme e pubblicati in contemporanea nei cinque paesi: ricordo come una delle più belle esperienze professionali della mia vita gli incontri che facevamo proprio a Francoforte nella sede della casa editrice Beck e poi a primavera a Parigi, Oxford, Barcellona e Roma per discutere a quale autore nel mondo affidare un certo tema, come se fossimo veramente un’unica casa editrice europea.

L’ultima impresa innovativa che abbiamo messo in campo è stata la rivista web “Eutopia”, anche questa realizzata insieme a tre editori europei e questa volta anche in collaborazione con tre prestigiose università come la London School of Economics, Sciences Po di Parigi, e Wissenschaft di Berlin. Anche in questo caso volevamo costruire un network intellettuale per discutere delle grandi questioni dell’Europa, dall’immigrazione all’ambiente, dai temi politici e istituzionali, all’integrazione economica e culturale. E ricordo che all’inizio eravamo un po’ scettici sulla possibilità di arruolare autori prestigiosi, non potendo dare loro alcun compenso, visto che la rivista stessa era gratuita. E invece tutti gli autori – veramente tutti – senza eccezione – ci risposero positivamente scrivendo diversi articoli di riflessione sul presente e sul futuro dell’Europa. Naturalmente non avevamo alcuna pretesa di arrivare ad avere le stesse idee, ma quella – comunque ambiziosa – di conoscere le idee diverse e comprenderle, che è già un modo di arricchirsi. Vorrei chiedere adesso a Stuart Proffitt di concludere la nostra conversazione.

Stuart Proffitt

Grazie Giuseppe. Prima di rispondere alla tua domanda vorrei tornare a quanto detto da Bruno a proposito delle nuove modalità di vendita e sul fatto che i meeting virtuali non sono efficaci quanto quelli in presenza.

Non abbiamo parlato molto del modo di lavorare interno alle nostre case editrici ma quello che ha detto Bruno mi sembra si possa applicare più in generale a questo aspetto. Con il web tutto prende più tempo. Le nostre antiche case editrici vivono per così dire di capitale creativo, un capitale che si costruisce attraverso lo scambio continuo tra colleghi e che certamente ci ha sostenuto in questi mesi difficili. Perché questo venga alimentato anche in futuro è importante che possiamo presto ritornare agli incontri anche in persona perché nulla può veramente sostituirli. Sia all’interno delle case editrici sia tra editori di diversi paesi.

Venendo alla cultura europea, mi viene in mente la famosa frase di Massimo d’Azeglio dopo il Risorgimento per cui “Fatta l’Italia ora dobbiamo fare gli italiani”. Se capisco bene la storia italiana degli ultimi 150 anni, il processo di costruzione degli italiani è ancora in corso: l’Italia è ancora un paese di regioni assai divere, così come lo è la Germania. Questo mi fa pensare che anche fare gli “europei” prenderà qualche tempo, magari anche molto tempo…

Un processo del genere richiede una leadership forte, culturale e politica, che mi sembra al momento manchi nella maggior parte dei nostri paesi, forse con l’eccezione della Germania. Ma vorrei anche ricordare un’altra frase a cui spesso penso. La frase di un grande giornalista, lessicografo e uomo di lettere inglese, Samuel Johnson, che una volta disse che la principale gloria di ogni popolo deriva dai propri autori.

Credo che la cosa più importante per tutti noi sia di mantenere la fiducia nel potere della letteratura e delle parole continuando a pensare che possiamo diffondere l’una e le altre, continuando ad incontrarci e scambiare idee, e come Nora ha detto qualche momento fa, mantenere alta la nostra curiosità reciproca. E la convinzione che i libri possono cambiarci la vita, nel modo in cui ciascuno di noi ha fatto esperienza è che è il motivo per cui facciamo il nostro lavoro.

Vorrei dunque in conclusione ringraziarti ancora una volta Giuseppe per averci riuniti: è proprio il continuo scambio di idee che credo potrà essere per ciascuno di noi il maggior sostegno in tempi difficili come questo.

Giuseppe Laterza

Credo che non potevamo concludere meglio il nostro incontro che con queste parole di Stuart. Zygmunt Bauman che ho citato poco fa e che ha scritto molto sull’Europa pensava proprio questo: che l’Europa si fonda sull’apertura alle diversità, l’attenzione agli altri. L’Europa è un luogo privilegiato di tutti gli scambi commerciali, come quelli culturali: un luogo di conflitti certamente ma anche di reciproco e continuo arricchimento. Quello che ha detto Stuart credo che sia essenziale per tutti noi: la fiducia nel potere delle idee, nella loro capacità di cambiare il mondo.

Grazie ancora a tutti per il contributo veramente prezioso che avete portato alla nostra discussione in cui mi pare che abbiamo evidenziato in maniera interessante molte cose che ci distinguono ma anche molte che ci accomunano in questa transizione culturale oltre che politica ed economica. Tanto che mi viene il dubbio che qualche volta sul web si possa dialogare quasi meglio che in presenza …

Speriamo di rivederci presto a Francoforte, ma prima ancora a Berlino, a Londra, a Parigi, a Madrid e naturalmente a Bari e a Roma …

L’editoria in Europa_inglese

L’EDITORIA IN EUROPA

Dialogo tra Bruno Caillet (Madrigall), Valeria Ciompi (Alianza), Nora Mercurio (Suhrkamp), Stuart Proffitt (Penguin) e Giuseppe Laterza.

Giuseppe Laterza

Dear friends and colleagues, welcome to this meeting on European publishing at the time of the pandemic.

Usually these days we meet in Frankfurt, at the bookfair, together with publishers from all over the world. From Laterza, in addition to my cousin Alessandro, we travel with our editorial director Anna Gialluca, senior editor Giovanni Carletti and the head of foreign rights Agnese Gualdrini, who are with me today in our office in Rome.

In Frankfurt we browse the lists of books proposed for translation and the proposals for future projects. Some of us may also participate in auctions to acquire the rights of anticipated bestsellers. Yet these are all things that can be done online too. What really makes Frankfurt unique is that we exchange ideas and experiences.

Yet this year, due to the Covid pandemic, publishers will stay at home. We will still send around our titles and exchange offers for foreign rights, but we will not be able to meet in person. This is something we at Laterza are missing, which is why we invited you to this meeting: to share ideas regarding this dramatic turn of events.

A recent report of the Federation of European Publishers states that the loss of sales in the months in which book shops were closed was around 80%. It also says that “in none of the countries in which book shops had to close did online stores compensate for the loss of sales”.

So we are all exposed to a completely new situation. I think that particularly in this period it is necessary to learn from others’ experience and to figure out the best way to react to this great problem. This is the reason why we thought of this webinar, and we thank you all for taking part in it.

The participants in this webinar have been working together for many years. We’re all part of companies that have a long history, some of the most prestigious publishers in the 20th century, with remarkable catalogues and long sellers. Together we have published such names as Thomas Mann, Hemingway, Marcel Proust, Jurgen Habermas, Bruno Munari, Jacques Le Goff, just to mention a few. All of us are also pocket-book publishers, working for a wide audience. And though of course we do not represent its entirety, I believe we can say a lot about the European market. This is particularly true because of our common views but also of our differences, which derive from our diverse nationalities and our different roles within our publishing houses.

 Valeria Ciompi is publisher at Alianza, a very distinguished Spanish company founded in 1966 by Jose Ortega Spottorno and based in Madrid. Bruno Caillet is the Sales Director of the Madrigall group in Paris, which includes such prestigious companies as Gallimard, Flammarion, Casterman and others and whose publisher is Antoine Gallimard, grandson of the same Gaston Gallimard that founded the company in Paris in 1911.  Nora Mercurio is the Rights Director of Suhrkamp, the Berlin-based publishing house founded in 1950 in Frankfurt by Peter Suhrkamp. Last but not least, Stuart Proffitt is Publishing Director of Penguin Press, founded in 1935 in London by Allen Lane. In this debate we will discuss Covid’s impact on the book market but also on how we can help build a stronger European-wide culture.

Valeria Ciompi

Thanks Giuseppe for this opportunity to be together and share our thoughts. I would never have thought I would miss Frankfurt but I do, not so much for the appointments as for the corridors, the hotel lobbies and the informal occasions to meet colleagues and talk about apparently unimportant things which always turn out to be the most meaningful.

I believe that if we had answers for all of the questions you raised in the introduction we could solve the world’s problems. Yet I do believe that even without any answers, it is vital to be here to discuss these issues.

I would like to start by saying that now more than ever I feel very proud of our craft. I feel very lucky, because while most of our colleagues from the creative industries are struggling in our socially distanced world, so detrimental for shows, music, theatre, opera, museums and travel, this has not been the case for books.

While you were speaking of catalogues and backlists and pocket-book collections I also felt very fortunate because our new books and projects can bring forth new contributions to the understanding and thought about our present world, which is true also for new presentations of our universal classics. Catalogues can be living museums and I believe that can be a great privilege in our difficult times: to focus our creativity on breathing new life into older titles while giving space and opportunities to new creations.

Speaking about Spain I must say that the present situation, as we are facing this second wave of the virus, is characterized by even greater uncertainty compared to the first wave. However, figures are not as disastrous as predicted by the more pessimistic forecasts. By the end of September, the overall decrease in sales is 10% and forecasts are now showing a maximum likely decrease of 5% by the end of the year. These figures, however, are shrouded with uncertainty as parts of Spain are now under a partial lockdown and we cannot know how this will affect the market. Also, it is predicted that once government support comes to an end, the economy will begin to deteriorate quickly.

During the lockdown we witnessed an amazing display of solidarity as readers followed all of the initiatives put forth by booksellers, allowing sales to bounce back up when physical stores reopened and to stay high even during the summer, when figures in Spain generally decline. However, October has seen a worrying start, despite the great number of new releases.

I must say that Alianza Editorial is among the lucky ones. For the time being, our domestic sales are almost 20% over past years, though mitigated by a difficult situation on the South American market.

What has happened in the past months deserves our attention. During the lockdown people have had more time to read and they have indeed read more. At the same time, books in print have benefited from the lack of new titles, being given more time to stay on physical and virtual shelves. We have also had a significant growth in digital sales, which have more than doubled. This in a way has inspired us to make more digital editions of our modern classics, a strategy that has seen very good results.

More than 50% of our sales are through bookstores, and we have been cooperating closely with booksellers, supporting them and building up communications with readers to strengthen the sense of community which is so necessary in times of crisis.

We also had an unexpected bestseller: Woody Allen’s autobiography. We launched it when bookstores were officially allowed to reopen and it has fuelled their revenues.

However, the next months will be extremely challenging. Christmas celebrations may be cancelled due to partial lockdowns, a terrible menace for booksales. Also, we need to think about what to publish, when to publish it and how to reach our readers. We also need to get the government involved in recovery programmes. Finally, we need to keep being proud of our craft, keeping an eye on the data while giving importance to our creative role, something which needs all of our energy and cooperation.

Bruno Caillet

Thanks Giuseppe and Valeria. First, I have to say that I am not very familiar with sharing information on the market in an international meeting but I agree with Giuseppe that the situation requires it.

In the period between March and May sales dropped by 60% in France. This was followed, in June, July and August by a great recovery. If we consider September sales, we can evaluate the decrease compared to 2019 at only 8% compared to the 10% cited by Valeria regarding Spain.

Regarding digital sales, they have increased, according to our Madrigall figures, by at least 30%. For audiobooks, sales have tripled. These figures highlight a very new trend for what is happening in our market. It is also interesting to note that our backlist has remained stable even as sales decreased. On the other hand, new releases decreased by 16%.

Another interesting point is that the market share of bestsellers, for example the top one thousand books, has increased from 25% to 28%. Regarding the evolution in different sectors, France has seen a 5% increase in educational books and a 1% increase in children’s books, a similar figure to that of the graphic novel and comic book sectors.

On the contrary, sales have dropped steeply for literature (7%) and technical and human sciences (15%).

As Valeria mentioned, publishers have delayed lower and middle selling publications to 2021 to help bookseller’s finances by allowing them not to stock on slower-selling books.

I wanted to finish by hinting at marked decrease in returns, a phenomenon which is strongly linked to the dearth of new titles.

Finally, with regards to what has happened to independent booksellers, their sales have increased significantly in France too.

Nora Mercurio

I have to say that I feel slightly intimidated by all the numbers that have been flying around though I intend to interpret and develop them in a positive light. It is easy for me to say so because Germany for different reasons has not been affected by the virus in the same way as many other countries, though the situation can always change. Germany being a strong bookmarket anyway, we didn’t see the same losses and frightening figures you have been citing.

In the weeks between mid-March and the middle of April there was a decrease in sales of nearly 65% though we have been catching up. The market right now seems to be at -6%, a figure that includes both e-commerce and bricks and mortar, the latter sitting slightly below at -10%. If things continue as they did in the last 3 months, the end of the year forecast is showing that we should succeed in ending the year with -3% overall and -6% for physical bookstores.

In a year like 2020 -3% is bad but not as bad as it could have been. In February, March and April we thought it was going to be a total catastrophe, while now there is some confidence that things could turn out better than we anticipated.

Online and digital sales have, of course, increased, although I should say that digital is not yet as important for us: we can’t compensate for anything through e-book sales. Local bookstores have instead been crucial. They have been incredibly creative and we can’t but be grateful for the energy, passion and time they have displayed in fighting back against the worst effects of the crisis and keeping customers close. By showing an incredible amount of attention to the customer’s needs, being always available and able to reach them wherever it was required, they managed to keep the real crisis at bay.

I must add that Amazon had delivery problems in Germany during the first phase and they were not prioritising books, which ended up helping out physical bookstores. 

There has also been a lot of media resonance around the cultural industries: dozens of articles have come out in defence of theatres, the film industry, publishing houses etc., creating a lot of public attention on these themes. A relevant amount of space has also been given in the public discourse to book sellers talking about their industry, which has helped a lot too. These are all aspects that we can be proud of and on which we need to build a possible future.

Of course, we also have had to shift some titles to the next year and it has been incredibly hard for those books that came out in the spring while the stores were beginning to shut down.

Even at Suhrkamp our backlist publishing has been going well. With regards to our foreign rights, from March until now we have kept selling them in good numbers. On average, we do around 450 new contracts each year and by September we usually have little more than half of them signed. This year the numbers are more or less the same, though of course they all come from the backlist with very few new books sold from March to now.

What has really stopped for the moment is the translation sales of new books, both fiction and non-fiction, though we have seen an increasing focus on non-fiction. Literature seems to be difficult to sell not only in France right now, though the backlists and the classics have truly kept us afloat. Also, last autumn we won the Nobel prize with Peter Handke which is still helping our sales.

I remain optimistic that the foreign rights trade will start moving again from Germany and from other countries as well. From my perspective, since I am responsible both for selling and for the contracts handling of our acquisitions, I can see that the latter remains very active, as we are acquiring many new titles from all over the world, while the former is struggling to catch up, though I am optimistic that this will change soon enough.

However, we need to focus more on what books we actually offer, how we offer them, and we need to make very thoughtful decisions in the times ahead.

Stuart Proffitt

Giuseppe thank you very much for inviting me to participate. You spoke in your introduction about European culture and I think that if European culture is in your hands we will be safe! It is easy in these times to bunker down but that makes it evermore important to share our thoughts and come up with new ideas for the future. So thank you not only for the work you have done for today but also for all the work you do with each of us to get us to think internationally. Laterza is a truly European publishing house.

I want to begin by echoing some of the other interventions. Valeria and others spoke about the situation of the creative industries in their respective countries and their stories are very similar to the situation in the UK. Just this morning the Royal Opera House has announced that it means to sell its single most valuable moveable asset, a painting by David Hockney of one of its former chairmen. It hopes to raise around 15 millions pounds through this sale.

Today we have also been told that one of the UK’s main cinema chains is closing until the spring and the release of the new James Bond film has been delayed for a second time. Without big hits of this kind the cinema business cannot keep going. Similar stories can be found in every sector of the creative industries. We are extremely fortunate as book publishers that we are not suffering in the same way.

A glance at the raw data from the UK shows that we are in a remarkable position in so many ways. It appears, even though the data is incomplete, that people have been reading more during the lockdown. As far as we can tell (I make that Cavea because the data is not available for three months of lockdown) the UK domestic market is up in the sale of physical books. The recovery in the last few weeks has been dramatic, though this is dependent heavily on Amazon which sales of physical books (let alone e-books and audio) are massively up. They were already eating the world, they are now going to do so even more.

As Nora said, the demand through Amazon is now so strong that they cannot actually cope: they report that now it’s like Christmas all year round. Their warehouse capacity has simply not been able to cope with either all the orders that have been coming in from the publishers or with the demand that has been coming from the customers. Thus one of the results of the crisis is that existing trends will be magnified massively, in the case the move to online physical book sales.

E-book sales are also up dramatically: in April they were up by nearly 40%. So far as we can tell overall they are up by 20%, near to date. Audio sales are dramatically higher, as in France, though we were already in a position in which some books were selling as many audio versions as they were in paperback, another trend I believe will be accelerating in the future.

Patterns of purchases in bookshops have also been changing. As Giuseppe said, the sales have been shifting towards smaller bookshops in provincial towns, a trend which is mirrored in the UK. If you go into central London, in the huge shops you can often see only two or three people on the floor, outnumbered by staff. The city centre shops are still really struggling.

One of the ways in which independent bookshops are trying to cope with what is going on is the launch of thebookshop.org, an independent website already up and running in America. On this website people can go to the pages of independent booksellers and buy their books from there. The bookshop then gets 30% of the sale value of those purchases compared to the more common 50%. Interestingly, in the USA, the website jumped from 250 booksellers at the beginning of this year to about 850 today. This seems to be a rapidly growing channel for bookselling in the USA.

Like Nora, we find that buying books has not diminished at all. As we were getting used to working from home and conducting virtual meetings, the authors were also working on their outlines. Suddenly, a great flood of material arrived over the summer, and we found ourselves having extended on line editorial  meetings to deal with a huge number of submissions. Authors also no longer need to travel around to give talks as they can do them online, freeing up more time to write books. I think this has been another big effect.

I think one of the effects of the absence of people going into the big, city-centre bookshops is that paperbacks have suffered. If you rely on  display – big tables filled with paperbacks to sell your books – that opportunity is much diminished. And, as we know, paperbacks sell less on Amazon. Paperback publishing is going to need some refreshment once the crisis is over.

Lots of books have been moved from the second quarter in the third and fourth quarters, so we are now facing a big digestion problem.

And a last thing we might want to talk about is the importance of the Black Lives Matter moment, which in the UK has not only had a dramatic effect on some of the books that we are reading but also on the way publishers think about who we are publishing for and who we are publishing with.

Giuseppe Laterza

You all put forward a lot of very interesting subjects. I wanted to add a few words about Italy. Italy shut bookshops from the 12th of March to mid April, though in reality they remained closed until the half of May, particularly in the North, where the virus has been more pervasive. Sales have fallen dramatically and only a small part has been compensated by online sales.

As Nora said, we have also seen some amazing initiatives by independent publishers, in particular in the case of “Libri da Asporto”, which literally means take-away books, where independent booksellers delivered books to their clients. This is also one of the reasons why the clients rewarded them when the bookstores opened again later.

In Italy, as elsewhere, the vast majority of publishers have shifted their production to next year. At Laterza, for example, we have postponed about 20% of our books, though we decided to keep the stronger commercial titles which were meant to be published and the results have been rewarding. We have been selling them at a pace which is comparable to the past.

We also strongly enhanced our online promotions, especially through Instagram and Facebook, and this has been very successful. For example we promoted a series of online conversations between editors and authors.

The statistics show that in Italy, during the lockdown, people did not read more. They were very confused, watched a lot of television and the internet, but they didn’t have the concentration to read books. Apparently, people started reading more after the lockdown. As a consequence, the bestseller list was affected in that period. Not only for new books but also classics. In Italy, as I suspect in other countries, Camus’ La Peste, for example, was a bestseller.

What happened, interestingly, is that in May the forecast from the Association of Publishers was that by the end of the year we would lose a minimum of 20%. This was based on the idea that at best we could recover the same turnover as last year in the coming months. This was worsened by the fear that the economic consequences of the crisis would have a terrible impact on the demand of readers.

At the end of July, however, the forecast had improved, to a decrease of 10%. Now, it seems like we are looking at a 5% decrease, which is possibly going to improve even more by the end of the year. Obviously this is strongly due to Amazon, which covers around 40% of the market in Italy. This is a lot more than the 25% it used to cover last year.

Now I wanted to start a second round regarding what we should do to maintain diversity within the market. Possibly, one of the biggest risks we face is a situation in which a single actor in the market, Amazon, has such a big share that it can influence all of us. And if this, in some aspects, is not a problem, as Amazon is very efficient and sells a lot from our backlists, there is a problem with such a big actor also being so anonymous. In Italy, for example, there is no “Mr. Amazon”. There is a group of people that tend to tell you what you should do, and this does not allow for easy interaction.

I believe Amazon can in some ways benefit us all, but I also think we should work to preserve a number of bookshops. I remember in January of this year when at the Mauri Bookseller School in Venice James Daunt, director of Waterstones, said that bookshops should invest less on discount and more on display. Booksellers should work everyday to change their shelves and displays to make them more attractive and to transform bookstores in social spaces where people can gather and share experiences. I believe this is an interesting evolution, especially with regards to preserving bookstores.

Stuart Proffitt

James Daunt is a very innovative bookseller and he has transformed the Waterstones chain, the only national chain remaining in the UK, even though they suffered very badly from April to July. Their online sales on the other hand were up at least 20%, though this wasn’t nearly enough to compensate for the fall in high street sales. They have been brilliant at developing events within their shops.

The other aspect we might like to talk about is that the means for promoting books have changed. A lot of it still relies on the traditional review coverage, features and interviews with authors. What has changed is that events almost entirely take place online. You don’t sell books in a book queue afterwards but there is strong evidence that people do go and buy books online as a result. Now that the systems are up and running and the habit is there, many of the online events are gaining huge audiences in ways that merely physical events could never have done.

Two authors who we’ve published this year who have given many talks online to huge audiences are Anne Applebaum and Michael Sandel and their books have really thrived as a result: they have been able to talk to many more people than they would have usually.

The other aspect is that book festivals have also changed. One of the main UK festivals is the Hay Festival, which in recent years has grown enormously, reaching 250.000 attendees in 2019. This year, the very entrepreneurial director of the Festival, Peter Florence, rapidly moved it online at the end of May and it had 500,000 attendees. This is enormous: even if people are not paying to be there, many of those listening to the authors are still enjoying the experience and are buying the books as a result. I believe this is another case in which pre-existing trends are going to accelerate in the years to come.

Nora Mercurio

In Germany, the distinction to be made between those who struggled more and those who did better during the crisis is that between independent bookshops and chains. Germany, as a federal state, didn’t have a regulation adapted to all states at the same time, so curfews and shop closures were different from state to state. Yet chains found themselves often unable to remain open because the buildings in which they were hosted, for example shopping centres, were forced to shut down even when bookstores were allowed to remain open.

As a consequence, we all witnessed a return to smaller independent bookshops, both in the cities and in more rural areas. The initiatives that booksellers took to make themselves more available and attractive to potential clients definitely played a part in this return. We should not forget how much a reader needs or wants a consultation regarding books, and even though the internet tries to cover this aspect through its algorithms, it is not the same as talking to someone, the unexpected that can spark from conversations with booksellers, leading to new discoveries. I think people have rediscovered the pleasure of having a discussion with a bookseller and receiving recommendations for books they didn’t know they were looking for. This is happening both through social media and publisher’s websites for example. I believe this is something which is going to remain in the following years.

Bruno Caillet

I think that we as publishers are also changing the way we are speaking with booksellers. It has now been two or three months that our representatives and publishers have been meeting mainly online. Yet I am not sure this is a good evolution. The internet has some very strong limitations: right now I find it very difficult to truly express what I am thinking and feeling because there is a real barrier between us. Right now this situation is required though I hope it won’t last for long; it is very difficult to give the complete picture of a book when you are using these tools.

Compared to what Nora was speaking about with regards to the importance of booksellers, we have a real chance in France to have a strong network of booksellers thanks to what we call “the single price” for books, where publishers are fixing the price of books. It has made it possible to keep a very strong bookseller network that limits the presence of Amazon in the market to around 15-20%.

If we are able to keep these booksellers in good health financially things should start picking up again. And while online sales will definitely keep on growing, they will do so in less dramatic ways.

The French government gave a huge hand to booksellers thanks to a plan consisting of around 50 million euros to help them be able to face the fact that they will have lost customers and money by the end of the year.

With regards to chains, in France we are lucky to have such chains as FNAC that are strong and have been selling well, and it is important that strong chains remain in good health or we will lack a way to launch books: these chains are very helpful to launch authors and bestsellers. However, FNAC has 25% less customers than before the virus, with empty bookshops in Paris, Lyon or Marseille, a real issue for the coming weeks. I truly hope that the end of the year, traditionally a crucial moment for book sales, will show an increase in sales.

Giuseppe Laterza

I think we all agree with what Bruno has said. We all want to see a world not just made of small bookshops, but of big ones too. We want specialised bookshops and generalised ones. We need to defend the freedom of choice of the customer so that he or she can always find what they are looking for. And as Nora said, we want to preserve the unexpected too: we want people to enter a place where they cannot imagine what they are about to find.

I was hoping Valeria could comment on this but also pick up the task of talking about European culture. I believe the work we do has a lot to do with exchanges made of mutual understandings and solidarity. Europe has passed a very difficult moment with the pandemic. In the beginning, the impression we all had was that every country was going their own way. Yet through discussion, conflict and public debate we arrived at a strong form of investment in our common future. The Recovery Fund is not just a huge sum of money, it is also a strong link to common policies in the future, making it ever more important to construct a common fiscal policy.

I believe that a political union is very difficult if one does not share a common culture. Which doesn’t mean that we will be all the same. All of our countries are made of very different cultures and histories yet this didn’t impede their unification under a shared idea of nationhood.

In the last few years the translation of books from different European countries has surely increased, yet the bestseller lists are still in large part national, with notable exceptions such as Elena Ferrante.

And maybe we as publishers can do a lot to improve this process of cultural integration at the popular level with the help of the media. What is your opinion Valeria?

Valeria Ciompi

I would like to start with a small thing on Amazon. During these months in Spain, Amazon has become more and more important, yet they do not take risks and are not very good at keeping books in stock. For this reason I also want to express the importance of bookshops: we need to do everything in our power to support and work with them.

In Spain too we have seen amazing initiatives coming from independent stores. In Madrid for example there have been authors signing books in the streets since people could not gather inside stores: Almudena Grandes signed hundreds of books on a small table in the middle of the street with everyone respecting social distancing measures.

With regards to the decline of bookstores in city centres, the same phenomenon is taking place in Spain too. Yet this makes me think of a more general question: what have we done to our city centres? We have transformed them into places that only serve tourists and travellers, so that when these flows of people stop these places slowly die. The centre of Madrid today is, for example, completely empty.

Regarding European culture I believe the confinement and lockdown has empowered more local authors. Now that it is so difficult to have foreign authors travel for presentations, local authors have become a very important asset for sellers.

I believe it is crucial to maintain the diversity you were talking about Giuseppe,  though I am afraid that this is under threat for yet another reason. Publishers have been deferring the launch of books and we are trying to focus on big books and big names and this might be going against the diversity we should be seeking.

This is something that worries me a lot. Translations are also becoming more difficult and expensive. And while we can work together as European publishers to launch books simultaneously this is very difficult to organise. I worry that with the development of the economic crisis we will all feel compelled to focus on our national markets at the expense of international collaborations.

Bruno Caillet

I might be naive but I think that a European culture already exists. If I consider the number of European books that are sold in France and that win prestigious prizes I can only believe that a European culture is already there. I can also see this in the way bookstores give ample space to translated books and in the programmes of French publishers that seem to be giving more and more relevance to authors from across Europe. I know that it is not easy for French authors to be translated into English or other languages and I regret it but I truly believe France is a very good place for European authors to be translated and published.

Giuseppe Laterza

I think what you have been saying Bruno is complementary to what Valeria said before you. Certainly a European culture already exists, what I am interested in is to understand whether we can and should strengthen it as an essential instrument to increase understanding and solidarity among Europeans. I believe that on this point Nora can give us a very important perspective as she is in charge of translations and the sale of rights.

Nora Mercurio

I have to say that I don’t fully agree with regards to the focus on a common European culture. Instead, I think we need a common curiosity towards all of the other cultures around us. What I would like to see most is the open-mindness of Americans, Asians and other people from all over the world that are curious to learn about Europe, and vice-versa. Also, I would like to see European politics being able to respond to this curiosity with funds that can encourage and increase the publication of translations.

Some of the most powerful tools we have to build bridges with other cultures have been  translations. If Suhrkamp manages to sell Habermas’ rights in many countries, the people of these countries will probably understand the thought of a philosopher who gave shape to German culture and therefore they will also better understand the mentality of Germans. And this I think is true for all our writers, philosophers, sociologists and so on.

As Bruno said both Germany and France buy many rights and publish authors from all over the world, more than I believe the Italians or the Spanish do, let alone the Americans and the English. In Germany it seems to me that we buy much more than we sell with regards to translation rights. Consequently, the Germans seem to me to know more about what is happening in the world than some others know about Germany.

Thinking about the Recovery Fund, there should be more funding and subsidies for translations in order to have a better mutual understanding not only within Europe but also between Europe and other cultures. To give just one example, this year we successfully published for the first time the work of a living Chinese philosopher and this despite Suhrkamp having a great catalog of philosophy. I am sure that there are many other interesting Chinese philosophers that we could have published in the past, if we knew about them, and if we received contributions and expertise for the translation.

Giuseppe Laterza

Thanks Nora, it seems to me that you have indicated an essential and very concrete point on which publishers like us should mobilise: the request to increase funds for translation in our countries. In Italy the situation is not good: funds for translations have always been small and have forced publishers to endless procedures without ever having any clear criteria for allocation.

I would like to close this conversation with Stuart Proffitt, thanking him for the kind words he had for us. I am very pleased that he reminded us of Laterza’s commitment on the European front: for many years our publishing house has been involved in the translation of many important authors, from Habermas to Hobsbawm, from Duby to Bauman, just to name a few. In the 80s we started to add coeditions with several European publishers to our translations. Among these I remember in particular the History of Women, which in 1995 we commissioned from two great French historians, Georges Duby and Michelle Perrot, selling their rights all over the world.

And on what Nora said about China, I remember that when the Chinese edition of the History of Women came out, I told my colleague from that country that I was amazed he wanted to propose to his readers a five-volume history of Western women. He replied that I shouldn’t be surprised: the Chinese know our history well, we are the ones who ignore theirs.

The most challenging and also the most significant of all was the series Fare l’Europa (Making Europe), which we promoted with 4 other European publishers and which was directed by a great European historian like Jacques Le Goff, then translated in many countries even outside Europe. A series in which all the volumes were designed together and published simultaneously in five countries: I remember as one of the most beautiful professional experiences of my life the meetings we had in Frankfurt at the Beck publishing house and then in spring in Paris, Oxford, Barcelona and Rome to discuss about which author in the world we should entrust with a certain theme, as if we were really one European publishing house.

The last innovative venture we put into the field was the web magazine “Eutopia”, also created together with three European publishers and this time also in collaboration with three prestigious universities such as the London School of Economics, Sciences Po in Paris, and Wissenschaft in Berlin. Also in this case we wanted to build an intellectual network to discuss the great issues of Europe, from immigration to the environment, from political and institutional issues to economic and cultural integration. I remember that at the beginning we were a bit skeptical about the possibility of enlisting prestigious authors, as we couldn’t give them any compensation, since the magazine itself was free. Instead, all of the authors – all of them, without exception – responded positively by writing several articles reflecting on the present and future of Europe. Of course we did not expect to come to a communion of ideas, but to know different ideas and understand them, which is already a great step forward. I would now like to ask Stuart Proffitt to end our conversation.

Stuart Proffitt

Thanks Giuseppe. Before answering your question I would like to come back to what Bruno said about the new links with booksellers, the ways in which we sell books and the fact that virtual meetings are not as effective as those in person.

We haven’t talked much about the way we work inside our publishing houses but what Bruno said seems to me to apply more generally to this aspect. With the web everything takes more time. Our publishing houses live, so to speak, of creative capital, a capital that is built through the continuous exchange between colleagues and that has certainly supported us in these difficult months. For this to be nourished also in the future it is important that we can soon return to meeting in person because nothing can really replace that. Both within publishing houses and between publishers in different countries. Human contact is by all means vital to all of us in sustaining our energy and our creativity. “Only connect …” As E.M. Forster so beautifully says.

Coming to European culture, I am reminded of the famous phrase by Massimo d’Azeglio after the Risorgimento that “We have made Italy, now we have to make Italians”. If I understand well the Italian history of the last 150 years, the process of building Italians is still in progress: Italy is still a country of  regions, as is Germany. I suspect that the process of making Europeans will still be taking place in 150 years’ time.

Such a process requires strong cultural and political leadership, which seems to me to be lacking in most of our countries at the moment, perhaps with the exception of Germany. But I would also like to remember another remark that I often think about. The phrase of the great English journalist, lexicographer and man of letters, Samuel Johnson, who once said that “The chief glory of every people arises from its authors”.

I believe that the most important thing for all of us is to maintain that faith in the power of literature and words by continuing to believe that we can spread them, by continuing to meet and exchange ideas, and as Nora said a few moments ago, to maintain our curiosity about each other. We should never lose the belief that books can change lives in the way that each of us has experienced, which is why we do what we do.

So in conclusion I would like to thank you once again Giuseppe for bringing us together: it is precisely the continuous exchange of ideas, of our own beliefs and knowledge, that I believe will be the greatest support for each of us and for European culture in this very difficult time.

Giuseppe Laterza

I believe that we could not have concluded our meeting better than with these words of Stuart’s. Zygmunt Bauman, whom I mentioned earlier and who has written a lot about Europe, thought precisely this: that Europe is based on openness to diversity. Europe is a privileged place for commercial exchange and cultural exchange: a place of conflict certainly, but also of mutual and continuous enrichment. What Stuart said I believe is essential for all of us: trust in the power of ideas and their ability to change the world.

Thanks again to all of you for the really precious contribution you have brought to our discussion in which I think we have highlighted in an interesting way many things that distinguish us but also many things that unite us in this cultural as well as political and economic transition.

 We hope to see you again soon in Frankfurt, but before that in Berlin, London, Paris, Madrid and of course in Bari and Rome.

L’editoria in Europa

Editori

L’editoria europea all’epoca della pandemia. 

Quest’anno la Fiera del Libro di Francoforte è esclusivamente virtuale. In occasione di questa edizione particolare, l’editore Giuseppe Laterza ha riunito alcuni editori europei per uno scambio di riflessioni sul futuro del libro. Ecco il dialogo tra Bruno Caillet (Madrigall), Valeria Ciompi (Alianza), Nora Mercurio (Suhrkamp), Stuart Proffitt (Penguin) e Giuseppe Laterza.

Trascrizione in inglese Trascrizione in italiano


A. Barbero, Dante

Barbero, Dante
DANTE
Il nuovo libro di Alessandro Barbero

Il genio creatore della Divina Commedia visto per la prima volta come uomo del suo tempo di cui condivide valori e mentalità.

Alessandro Barbero ricostruisce in quest’opera la vita di Dante, ne disegna un ritratto a tutto tondo, avvicinando il lettore alle consuetudini, ai costumi e alla politica di una delle più affascinanti epoche della storia: il Medioevo.

L’11 giugno 1289, due eserciti erano schierati uno di fronte all’altro nella piana di Campaldino, sotto il castello di Poppi: i fiorentini con i loro alleati guelfi, e gli aretini con i loro alleati ghibellini. Quando videro che il nemico li attendeva in lontananza, i capitani fiorentini si riunirono per decidere cosa fare; e cioè, in sostanza: attacchiamo noi, o aspettiamo che attacchino loro? Nel dubbio, decisero di aspettare; a cose fatte, si disse che era stata una decisione ben ponderata, nella convinzione che avrebbe vinto chi teneva duro più a lungo.

Intanto gli uomini aspettavano sotto il sole. I fanti, armati più alla leggera, potevano sedersi, e attingere alla zucca piena di vino che portavano alla cintura. I cavalieri potevano magari smontare, ma non era prudente allontanarsi dai cavalli, e la maggior parte di loro saranno rimasti in sella; non avevano ancora addosso le articolate armature in piastra d’acciaio che i fabbri europei impareranno a produrre solo nel secolo successivo, ma una volta indossata la cotta di maglia di ferro, pesante quindici o venti chili, era impossibile togliersela fino alla fine dello scontro; solo il grande elmo, caldo e soffocante, poteva restare fino all’ultimo momento affidato a un servitore, insieme alla lancia, allo scudo, e per i più ricchi a un cavallo di riserva.

Fra quei cavalieri, e anzi fra i feditori schierati in prima fila, c’era Dante. Questo sta scritto in tutti i manuali di letteratura, ma come facciamo a saperlo? Il primo a raccontarlo è l’umanista Leonardo Bruni, che nel 1436, già anziano, scrisse una Vita di Dante. Il ricordo di Campaldino era ancora vivo, perché quella giornata aveva contribuito in modo decisivo all’egemonia di Firenze in Toscana; e che Dante avesse combattuto lì, per Bruni era qualcosa di più d’un dato biografico. E infatti ci torna con insistenza; non senza un certo disagio, perché Bruni era di Arezzo, e la sconfitta degli aretini un po’ ancora gli bruciava, ma comunque con la convinzione che quella era una pagina importantissima della vita di Dante. La partecipazione alla battaglia serve al Bruni a dimostrare che Dante, nonostante l’enorme impegno negli studi, non viveva fuori dal mondo, anzi era un giovane come tutti gli altri – ed essere giovane significava anche andare in guerra quando la patria lo richiedeva.

A sceglierlo per far parte dei feditori fu molto probabilmente messer Vieri de’ Cerchi, capitano per il sesto di Porta San Piero, vicino di casa degli Alighieri e futuro capo della Parte Bianca. Ma il Bruni, come faceva a saperlo? L’aveva letto, dice, in una lettera di Dante: “questa battaglia racconta Dante in una sua epistola, e dice esservi stato a combattere, e disegna la forma della battaglia”. Quest’ultima annotazione si riferisce a uno schizzo? Qualcuno intende in questo senso, dato che altrove il Bruni assicura che Dante “di sua mano egregiamente disegnava”, e lo stesso Dante nella Vita nuova rievoca un’occasione in cui, dopo la morte di Beatrice, “io, ricordandomi di lei, disegnava uno angelo sopra certe tavolette”, ma è più probabile che si trattasse semplicemente d’un passo in cui Dante descriveva la battaglia. L’epistola noi non l’abbiamo più, ma possiamo certamente credere al Bruni, il quale conosceva diverse lettere autografe di Dante, e ne descrive perfino la calligrafia (“ed era la lettera sua magra e lunga e molto corretta, secondo io ho veduto in alcune epistole di sua mano propria scritte”).

I dantisti, ignari di come si combattesse davvero una battaglia medievale, hanno per lo più immaginato che i feditori fossero una specie di cavalleria leggera, incaricata di aprire il combattimento con schermaglie; si tratta di una fantasia del tutto fuorviante. Prima di cominciare una battaglia, i comandanti assegnavano compiti specifici a singoli contingenti di cavalieri, designati sul momento; a Campaldino fu il caso tanto dei 150 feditori mandati in prima linea, quanto di 200 cavalieri, al comando di Corso Donati, incaricati di tenersi in riserva. Questi diversi compiti non implicavano un diverso armamento o una specializzazione qualsiasi: i cavalieri erano armati tutti allo stesso modo. Le norme che regolavano gli obblighi militari dei cittadini fissavano dettagliatamente l’equipaggiamento, uguale per tutti, di cui ciascun cavaliere doveva essere fornito, sotto pena di gravi multe; una differenza di qualità e di prezzo era ammissibile, anzi normale, solo per quanto riguardava il valore del cavallo.

Proprio per questo non appare sostenibile l’ipotesi, avanzata di recente, che Bruni abbia inventato il particolare di Dante impegnato “nella prima schiera”, in quanto il poeta non avrebbe avuto mezzi sufficienti per possedere armi e cavalli adeguati a quella posizione di prestigio. Dante era profondamente interessato e personalmente coinvolto nella cavalleria, intesa come attività militare e sportiva d’élite, e nelle sue opere abbondano le immagini tratte da quel mondo: quando spiega che tutti gli artigiani impegnati in uno stesso ambito devono prendere istruzioni dall’utilizzatore finale, il primo esempio che gli viene in mente è che “al cavaliere dee credere lo spadaio, lo frenaio, lo sellaio, lo scudaio, e tutti quelli mestieri che a l’arte di cavalleria sono ordinati”. Che avesse dei buoni cavalli è più che sicuro, se pensiamo a quel passo del Convivio in cui ripercorre l’evoluzione dei desideri umani, dall’infanzia all’adolescenza, in termini che anche se non fossero direttamente autobiografici, riflettono però l’esperienza della sua generazione e del suo ambiente sociale: “Onde vedemo li parvuli desiderare massimamente un pomo; e poi, più procedendo, desiderare uno augellino; e poi, più oltre, desiderare bel vestimento; e poi lo cavallo, e poi una donna”.

Dunque Dante combatté davvero a Campaldino, e si portò dietro per tutta la vita il ricordo di quella campagna, che rievoca anche nella Commedia. Ma perché partiamo proprio da quella giornata memorabile?

Alessandro Barbero, Dante


Alessandro Barbero, uno dei più originali storici italiani, è noto al largo pubblico per i suoi libri – saggi e romanzi – e per le sue collaborazioni televisive.

A. Marcolongo, La lezione di Enea

La lezione di Enea
L’’essenza vera di Enea: la capacità di resistere, sempre.
Il nuovo libro di Andrea Marcolongo

 

Solo una cosa significa essere Enea: di fronte alla ‘distruzione’ rispondere sempre ‘ricostruzione’.

Andrea Marcolongo ci fa scoprire l’essenza vera di Enea: un eroe, ma anche un esule che attraversa il mare e cerca un nuovo inizio con la capacità di resistere e la forza di sperare. Una lezione attualissima

Ciò che racconta l’Eneide – e ciò che qui vorrei raccontarvi io – non è la storia di Roma né quella di Enea. È la storia di un uomo. Non dell’uomo antico, bensì dell’uomo contemporaneo – persino dell’uomo futuro, se fosse dato averne notizia.

Sempre che non vi sia una differenza sostanziale del sentire, un relativismo del dolore, e che sia dunque lecito pensare che una sconfitta bruci in misura diversa a Troia in fiamme o nel Foro di Cesare appena eretto, nella concitata Firenze di Dante o quando si oltrepassa un anonimo gate di Fiumicino.

Quella dell’Eneide è la storia dell’essere umano in quanto tale, con tutta la fatica che è richiesta per vivere e per esserlo, e che tuttavia combatte, insiste, non desiste, quasi sempre si dissipa per continuare a essere l’uomo che è.

Quante città, case, villeggiature, amori, abitudini, amici e nemici, ideali politici, sistemi filosofici si possono avvicendare in una sola vita? E quante energie si possono spendere per tutto questo? Quante volte è dato, in una singola esistenza, di restare delusi e dunque di dover reagire?

C’è un numero massimo di trafitture stabilito in principio, cento, mille, diecimila? Esiste un fallo che segna il limite, un contraccolpo non plus ultra, una caduta dopo la quale è concesso di non reagire più? Che aspetto e che conseguenze ha la delusione finale, se mai arriva?

L’Eneide racconta come, da tutto questo spargimento di vivere, non ci si può tirare fuori mai. Bisogna resistere invece, e ancora. Fino alla fine.

Andrea Marcolongo, La lezione di Enea


Andrea Marcolongo scrittrice e giornalista, laureata in Lettere antiche all’Università degli Studi di Milano, è autrice per Laterza di La lingua geniale. 9 ragioni per amare il greco.