Nella biografia di David Salomoni il racconto di come il corsaro inglese circumnavigò la Terra per colpire l’impero spagnolo. Con lui un prigioniero portoghese, Nuno da Silva, che divenne suo amico e poi fu processato dall’Inquisizione
Alessandro Vanoli | La Lettura | 4 giugno 2023
C’era un mondo intero scosso da venti di tempesta. Scontri di religione, lunghe crisi di potere che agitavano il regno e in tutto questo sopraffazioni, violenze e furti; i nobili che espropriavano le terre con la forza e i contadini che si ribellavano devastando e rubando ciò che potevano nelle campagne in fiamme. Non doveva essere facile crescere in Inghilterra a metà del Cinquecento. Meglio talvolta nascondersi, in qualche luogo sperduto. Per qualcuno che aveva problemi con la giustizia, la regione sud-orientale del Kent, sulle sponde del fiume Medway, andava bene. E se si fosse arrivati sin lì, forse si avrebbe avuta l’idea di un destino già segnato: un relitto scuro di una nave da guerra che si innalzava tra gli sterpi bassi e la nebbia fitta, in un paesaggio di moli e baracche di legno marcito. E dentro a quel relitto una famiglia di fuggiaschi, con alcuni ragazzi che giocavano.
Chi avrebbe mai potuto dire che, tra quei ragazzi, uno fosse destinato a segnare per sempre la storia di Inghilterra; a diventare sir Francis Drake, corsaro della regina, viceammiraglio della marina inglese, colui che avrebbe affrontato un giorno l’Invencible Armada, assistendo alla disfatta della possente flotta spagnola. Ma ci sarebbero voluti ancora tanti anni prima di quel momento. Prima di tutto questo, ci furono gli anni sulle rotte commerciali del Mare del Nord, e poi i primi terribili scontri con gli spagnoli e un viaggio che avrebbe fatto la storia.
In quegli anni di metà Cinquecento, la scena politica si era fatta particolarmente complessa e violenta. Nel dilagare della Riforma protestante, l’Inghilterra aveva inizialmente oscillato: dopo Enrico VIII, che si era staccato da Roma, la figlia Maria aveva restaurato il cattolicesimo, non senza una buona dose di violenza, tanto da guadagnarsi l’appellativo di Sanguinaria. Ma era stata una parentesi: dopo la sua morte, era salita al trono Elisabetta I, la figlia che Enrico VIII aveva avuto da Anna Bolena. Con lei l’Inghilterra tornava definitivamente nella Riforma, attraverso un passo formale che avrebbe fatto storia: nel 1563, con l’Atto di supremazia, Elisabetta si definiva infatti suprema governatrice dell’Inghilterra. Questo scatenò ovviamente le potenze cattoliche, a cominciare dal papato e dalla Spagna, che ora era retta da Filippo II.
Una parte importante di questo scontro si era già trasferito sul mare: i galeoni spagnoli incrociavano sulle rotte atlantiche e intaccare la loro supremazia militare era decisamente impensabile per un Paese ancora debole come l’Inghilterra, con una flotta militare a dir poco esigua. Si poteva fare qualcos’altro però, una guerra diremmo oggi asimmetrica: piccole navi pirata, contro grandi navi da guerra cariche dei tesori immensi provenienti dall’America. Così cominciarono le fortune dei Sea dogs, i «Cani del mare», come furono chiamati i corsari della regina. E tra loro quel giovane che scalpitava per scontrarsi contro gli odiati spagnoli e guadagnare fantastiche ricchezze.
Furono anni di assalti e violenza. Di rapine e di morti; durante i quali Francis Drake, imparò molto della guerra corsara e ancor più del mare e delle sue nuove rotte. Tanto da capire, lui per primo, che se si voleva portare davvero la guerra agli spagnoli, occorreva osare e spingersi ancor più lontano: sino al Pacifico. E questa la storia che racconta il bellissimo libro di David Salomoni Francis Drake (Laterza), appoggiandosi anche a nuove carte da lui scoperte negli archivi di Lisbona. Una spedizione preparata nel buio, nelle notti d’inverno, tra mille sotterfugi, per non destare sospetti nelle tante spie spagnole che si muovevano per Londra. Cinque piccole navi salpate infine da Plymouth il 13 dicembre 1577; e la rotta più meridionale che gli inglesi avessero mai sperimentato. Poi a Capo Verde, uno scontro fortunoso e il rapimento di un pilota portoghese, Nuno da Silva, che per quegli strani sortilegi del destino, sarebbe diventato un vero amico per Drake, e la guida di quel viaggio verso l’ignoto. Poi il Río de la Plata e i mesi di sosta in Patagonia. Era il 21 agosto e non ancora finito l’inverno australe, quando Drake entrò nello stretto: non era solo la rotta di Magellano quella che Drake stava seguendo; era come se ne ripercorresse le tappe, tra difficoltà di navigazione e persino rischi di ammutinamento, come quello che vide protagonista il nobile inglese Thomas Doughty, che durante il viaggio scivolò lentamente dall’arroganza e l’insolenza sino a una tetra pazzia.
Quando Drake uscì dalle tremende acque dello Stretto di Magellano, il resto della flotta era scomparso. Due navi erano state abbandonate sulla costa orientale del Sud America; un’altra distrutta dai violenti temporali oceanici e l’altra costretta a ritornare in Inghilterra. Drake era rimasto solo con la sua piccola nave, la Golden Hind. Si spinse allora verso nord, attaccando navi e porti lungo le coste del Cile e del Perù e arricchendosi di bottino straordinario. Incontrò soldati spagnoli, indigeni e persino un nuovo territorio che battezzò Nuova Albione, prendendone possesso in nome dell’Inghilterra.
Settimane e settimane, prima di lanciarsi verso ovest, in direzione delle Molucche. Finì per attraversare il Pacifico dove esso si allarga di più. Il 4 novembre era a Ternate, l’isola che lui sperava di trasformare nella futura base del commercio britannico delle spezie; poi da Giava volse la prua al Capo di Buona Speranza per rilanciarsi nuovamente lungo le rotte dell’Atlantico. Il 26 settembre 1580 era di nuovo a Plymouth: aveva compiuto la prima circumnavigazione del globo con bandiera britannica. La regina Elisabetta mostrò tutta la sua riconoscenza recandosi personalmente a visitare la nave e prendendo parte a un banchetto a bordo.
Ma di tutta questa storia. David Salomoni ci offre anche uno sguardo differente, raccontando di quel compagno di avventure, Nuno da Silva. La storia del suo ritorno sarebbe stata segnata da processi e umiliazioni. Drake infatti lo rilasciò Il 13 aprile 1579 nel porto di Hatulco, sulle coste occidentali del Messico, dunque nel viceregno della Nuova Spagna: un luogo a dir poco rischioso per uno come lui. Il portoghese finì per essere accusato di eresia: per avere assistito, si disse, a riti e sennoni protestanti a bordo della nave inglese e avere compiuto di sua spontanea volontà atti di riverenza e sottomissione verso la falsa dottrina cristiana. Torturato e interrogato, era inevitabile che gli fosse riconosciuta la colpa: fu condannato ad abiurare in un autodafé e ad essere esiliato per sempre dalle colonie.
Lo ritroviamo così a Madrid nel 1583, come prigioniero politico. Nella penombra delle austere sale del Consiglio delle Indie, tra carte nautiche, mappamondi e sfere armillari, sotto il severo sguardo dei suoi inquisitori, da Silva rilasciò allora una delle più strabilianti testimonianze mai ascoltate da quegli uomini: il racconto di come Francis Drake, il corsaro della regina, avesse attraversato il mondo.