Indice Estratto

Edizione: 2007, IX rist. 2018
Pagine: 412, con ill.
Collana: Biblioteca Universale Laterza [597]
ISBN carta: 9788842082842
ISBN digitale: 9788858131428
Argomenti: Storia medievale

Medioevo simbolico

Michel Pastoureau

trad. di R. Riccardi

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La mitologia di alberi e boschi, i bestiari delle fiabe, il gioco degli scacchi, la storia e l’archeologia dei colori, l’origine degli stemmi e delle bandiere, la leggenda di re Artù e quella di Ivanhoe. Un grande storico dei simboli alle prese con l’affascinante complessità di segni e sogni del Medioevo occidentale.

Un percorso appassionante, colto ma sempre vivace. Un’autentica lezione di metodologia storica. “Le Monde”

Estratto

Edizione: 2018
Pagine: 412
Collana: Biblioteca Universale Laterza
ISBN: 9788842082842

L'autore

Michel Pastoureau

Michel Pastoureau, storico, è directeur d’études all’École Pratique des Hautes Études e titolare della cattedra di Storia del simbolismo in Occidente. È riconosciuto a livello internazionale come il massimo esperto di storia dei colori. Tra le sue più recenti pubblicazioni in italiano, I colori del nostro tempo (Ponte alle Grazie 2010) e Figure dell’araldica (Ponte alle Grazie 2018).

Scopri l'autore

¹ Era già quanto constatato dai partecipanti alla settimana internazionale di Spoleto dedicata nel 1976 al simbolismo dell’alto Medioevo. Vedi Simboli e simbologia nell’alto Medioevo, Spoleto 1976, vol. II, pp. 736-754 («Settimane di studio del Centro italiano di studi sull’alto Medioevo», 23).

² Sul simbolismo speculativo di alto livello, poco presente in questo libro, vedi, tra la vasta letteratura, il bel saggio di J. Chydenius, La théorie du symbolisme médiéval (1960), trad. fr. in «Poétique», n° 23, 1975, pp. 322-341. Vedi pure, relativamente alle difficoltà che si incontrano oggi nel cogliere, studiare e comprendere i simboli medievali, le osservazioni di G. Ladner, Medieval and Modern Understanding of Symbolism: A Comparison, «Speculum», 54, 1979, pp. 223-256.

³ Vanno qui citati, a titolo d’esempio, gli studi di Percy Ernst Schramm, in particolare il suo importante libro Herrschaftszeichen und Staatssymbolik, Stuttgart 1954-1956, 3 voll.

⁴ Questi due termini, «emblema» e «simbolo», non hanno nella cultura medievale i significati generici che noi gli attribuiamo oggi; sono del resto di utilizzo relativamente raro. La parola latina symbolum, derivata dal greco symbolon, ha soprattutto un significato religioso e dogmatico: non indica tanto un segno o una costruzione di tipo analogico quanto l’insieme dei più importanti articoli della fede cristiana, principalmente il «simbolo degli apostoli», vale a dire il credo. Non è questo il significato che verrà qui tematizzato. Quanto al termine latino emblema, ricalcato sul greco emblema, è pur esso un termine dotto: ancora più raro, si utilizza solo in architettura per indicare degli ornamenti aggiunti o applicati. Ciò che intendiamo oggi con «emblema» o con «simbolo» nel Medioevo viene espresso dunque, in latino come nelle lingue in volgare, con altre parole; in particolare quelle appartenenti alla ricchissima famiglia del termine signum (segno).

⁵ Il funzionamento del pensiero analogico medievale è stato particolarmente ben analizzato da J. Le Goff, La Civilisation de l’Occident médiéval, Paris 1964, pp. 325-326 [trad. it. La civiltà dell’Occidente medievale, Einaudi, Torino 1964].

⁶ M. Pastoureau, Bleu. Histoire d’une couleur, Paris 2000, pp. 114-122 [trad. it. Blu. Storia di un colore, Ponte alle Grazie, Milano 2002].

¹ R. Delort, Les animaux ont une histoire, Paris 1984 [trad. it. L’uomo e gli animali dall’età della pietra a oggi, Laterza, Roma-Bari 1987], opera di successo che fu preceduta da parecchi articoli che ne avevano fornito la materia.

² È in particolare quanto accade da qualche anno nel quadro del seminario di François Poplin al Museo nazionale di storia naturale di Parigi, seminario dal titolo Histoire naturelle et culturelle des animaux vrais. Vi si incontrano fruttuosamente zoologi, storici, storici dell’arte, archeologi, etnologi e linguisti.

³ Questo passo, spesso citato (e che qui ho fortemente condensato), si trova nella Apologie à Guillaume de Saint-Thierry, in J. Leclerq, C.H. Talbot e H. Rochais (a cura di), S. Bernardi opera, Roma 1977, t. III, pp. 127-128.

⁴ D. Sperber, Pourquoi l’animal est bon à penser symboliquement, «L’Homme», 1983, pp. 117-135.

⁵ Sul problema del travestirsi da animale, cfr. M. Pastoureau, Nouveaux regards sur le monde animal à la fin du Moyen Âge, «Micrologus. Natura, scienze e società medievali», vol. 4, 1996, pp. 41-54.

⁶ Il corpus aristotelico sugli animali fu tradotto in latino dall’arabo a Toledo intorno al 1230 da Michele Scoto, traduttore che aveva affrontato qualche anno prima i commentari di Avicenna su questo stesso corpus. All’incirca una generazione dopo, l’insieme fu inserito (quasi tale e quale per taluni passi) da Alberto Magno nel suo De animalibus. Nondimeno, parecchi suoi capitoli erano noti e tradotti già dalla fine del XII secolo. Sulla riscoperta delle opere di storia naturale di Aristotele, cfr. F. Van Steenberghen, Aristotle in the West. The Origins of Latin Aristotelianism, Louvain 1955; Id., La Philosophie au XIII^esiècle, Louvain 1991²; C.H. Lohr, The Medieval Interpretation of Aristotle, Cambridge 1982. Sull’unità del mondo vivente nel sistema di Aristotele, vedi P. Pellegrin, La Classification des animaux chez Aristote. Statut de la biologie et unité de l’aristotélisme, Paris 1982.

⁷ Rm 8,21: Quia et ipsa creatura liberabitur a servitute corruptionis in libertatem gloriae filiorum Dei. [Per la traduzione italiana dei testi biblici è stata usata come base, in questo volume, la Bibbia Concordata, Milano 1982. N.d.T.]

⁸ A cominciare dallo stesso Tommaso d’Aquino. Vedi T. Domanyi, Der Römerbriefkommentar des Thomas von Aquin, Bern-Frankurt 1979, pp. 218-230.

⁹ L’osservazione è attribuita a Gugliemo di Auvergne, vescovo di Parigi (1228-1249), ma essa appare in un sermone (ca. 1230-1235) che forse non è suo. Vedi A. Quentin, Naturkenntnisse und Naturanschauungen bei Wilhelm von Auvergne, Hildesheim 1976, p. 184.

¹⁰ Ivi, pp. 126-127. Vedi anche A. Vanneste, Nature et grâce dans la théologie de Guillaume d’Auvergne..., «Ephemerides theologicae lovanienses», 53, 1977, pp. 83-106.

¹¹ Entro una letteratura poco abbondante e talvolta deludente (specialmente quella in francese), occorre in particolare citare: K. von Amira, Thierstrafen und Thierprocesse, «Mitteilungen des Instituts für Österreichische Geschichtsforschung» (Innsbruck), 12, 1891, pp. 546-606; E.P. Evans, The Criminal Prosecution and Capital Punishment of Animals, London 1906; H.A. Berkenhoff, Tierstrafe, Tierbannung und rechtsrituelle Tiertötung im Mittelalter, Leipzig 1937; C. Chène, Juger les vers. Exorcismes et procès d’animaux dans la diocèse de Lausanne (XV^è-XVI^esiècle), Lausanne 1995 («Cahiers lausannois d’histoire médiévale», vol. 14). Due saggi stendono un breve bilancio storiografico per il XIX e XX secolo: W.W. Hyde, The Prosecution of Animals and Lifeless Things in the Middle Age and Modern Times, «University of Pennsylvania Law Review», 64, 1916, pp. 696-730; E. Cohen, Law, Folklore and Animal Lore, «Past and Present», 110, 1986, pp. 6-37 (essenzialmente per quanto riguarda i processi fatti a roditori, vermi e insetti).

¹² Esempi recenti in francese: G. Dietrich, Les Procès d’animaux du Moyen Âge à nos jours, Lyon 1961; M. Rousseau, Les Procès d’animaux, Paris 1964; J. Vartier, Les Procès d’animaux du Moyen Âge à nos jours, Paris 1970.

¹³ Tutti gli esempi anteriori alla metà del XIII secolo citati da differenti autori sono assai poco attendibili; allo stato attuale delle nostre conoscenze, devono essere esclusi dal corpus. Il più antico caso documentato in Francia risale al 1266. Concerne una scrofa che fu bruciata viva per avere ucciso e mangiato un bambino a Fontenay-aux-Roses (territorio dipendente dall’abbazia parigina di Santa Genoveffa). Vedi l’abbé Lebœuf, Histoire du diocèse de Paris, Paris 1757, vol. IX, pp. 400-401.

¹⁴ Uno dei rari studi solidamente documentati sul tema, quello di L. Menabrea, De l’origine, de la forme et de l’esprit des jugements rendus au Moyen Âge contre les animaux, «Mémoires de la Société royale académique de Savoie», 12, 1846, pp. 3-161, trae la maggior parte dei suoi esempi dalle regioni alpine. Come tutti i lavori concernenti l’ambiente alpino, riguarda più i processi intentati a roditori, insetti e vermi che minacciano i raccolti, che quelli relativi a grossi animali domestici causa di incidenti da cui deriva la morte di un uomo, di una donna o di un bambino.

¹⁵ Nota da tempo agli storici, la storia della scrofa di Falaise non ha costituito mai oggetto di uno studio approfondito, e neppure di un serio articolo che andasse oltre la semplice menzione o la cornice dell’aneddoto. Essa meriterebbe un’opera apposita, a tal punto le questioni che pone sono numerose, complesse e, in parte, originali. In attesa di quest’opera, vedi J. Charange, Dictionnaire des titres originaux..., Paris 1764, vol. II, pp. 72-73; Statistique de Falaise, Falaise 1827, vol. I, p. 63; M. Berriat de Saint-Prix, Rapport et recherches sur les procès et jugements relatifs aux animaux, «Mémoires et dissertation sur les antiquités nationales et étrangères», 8, 1829, pp. 403-450, in part. p. 427; E.P. Evans, The Criminal Prosecution, cit., p. 287.

¹⁶ Devo all’amicizia del canonico Pierre Flament, ex archivista della diocesi di Sées ed ex presidente della Società storica e archeologica dell’Orne, di avere avuto accesso a due dossier compilati verso il 1880 da un curato erudito normanno, Pierre Renard, che menziona diversi «fatti curiosi e storie singolari» accaduti nelle antiche diocesi di Avranches, Sées e Bayeux.

¹⁷ Specialmente quando il colpevole è l’animale e il suo proprietario è dichiarato innocente; la giustizia non può far conto su alcuna somma di denaro.

¹⁸ J. Charange, Dictionnaire..., cit., vol. II, p. 72.

¹⁹ Padre G. Langevin, Recherches historiques sur Falaise. Supplément, Falaise 1826, pp. 12-13.

²⁰ Ivi, p. 13. Sulla chiesa e la sua storia, vedi anche P. Germain, Visitons Falaise. L’église de la Sainte-Trinité, Condé 1992. Attualmente (ottobre 2003) sono allo studio dei progetti per tentare di ritrovare la pittura sotto gli strati di calce e intonaco.

²¹ J. Charange, Dictionnaire..., cit., vol. II, p. 72.

²² Tale prassi non sembra eccezionale nel XV e XVI secolo. Altri animali, prima di essere messi a morte, sono similmente stati mutilati negli stessi punti oggetto dell’aggressione e del ferimento della loro vittima umana. La si può accostare alle mutilazioni che subiscono taluni falsari, ladri, stupratori, falsi testimoni e bestemmiatori, come anche alle mutilazioni fatte sui corpi degli aggressori nel punto stesso dove essi hanno aggredito le loro vittime. Vedi N. Gonthier, Le Châtiment du crime au Moyen Âge, Rennes 1998, pp. 140-146.

²³ J. Charange, Dictionnaire..., cit., vol. II, p. 73.

²⁴ Lo è invece quando l’animale non ha commesso un crimine ma soltanto un «méfait», vale a dire un danno (furti, giardini devastati, intrusione in negozi o magazzini, danni vari, vagabondaggio). Il caso non è giudicato dal giudice penale ma da quello civile e comporta il pagamento di una ammenda. Simili vicende riguardanti animali sono particolarmente numerose nelle liti e nei processi di vicinato.

²⁵ Per sottolineare l’innocenza del proprietario dell’animale, si ricorda questo passo del libro dell’Esodo (21,28): «Quando un bue cozza un uomo o una donna, così che muoia, il bue sarà lapidato e non si mangerà la sua carne, ma il padrone del bue sarà innocente» (Si bos cornu percusserit virum aut mulierem et mortui fuerint, lapidabus obruetur. Et non comendetur carnes ejus. Dominus quoque bovis innocens erit).

²⁶ C. d’Addosio, Bestie delinquenti, Napoli 1892, pp. 286-290; E.P. Evans, The Criminal Prosecution, cit., pp. 298-303.

²⁷ Per l’età moderna, gli studi di R. Muchembled sembrano andare in questo senso. Vedi Le Temps des supplices. De l’obéissance sous le rois absolus, Paris 1992. Vedi anche, più in generale, J.-M. Carbasse, La peine en droit français des origines au XVII^esiècle, «Recueil de la Société Jean Bodin», 56/2, Bruxelles 1956, pp. 157-172.

²⁸ E.P. Evans, The Criminal Prosecution, cit., pp. 156-157.

²⁹ C. d’Addosio, Bestie delinquenti, cit.; G. Tobler, Tierprozesse in der Schweiz, Bern 1893; E.L. Kerdaniel, Les Animaux en justice. Procédures en excommunication, Paris 1908; H.A. Berkenhoff, Tierstrafe, Tierbannung, cit. (nota 11).

³⁰ K. von Amira, Thierstrafen und Thierprocesse, cit. (nota 11).

³¹ Oltre a Barthélemy de Chasseneuz, di cui si parlerà più avanti, si possono citare: G. Pape, Decisiones, Grenoble 1490 (vedi in particolare i dossier che inquadrano la quaestio 238: si animal brutum delinquat, sicut quandoque faciunt porci qui comedunt pueros, an debeat mori? Dic quod sit – «se una bestia ha commesso un delitto, come fanno ad esempio i maiali che divorano dei bambini, deve essere messa a morte? Rispondo di sì»); J. Duret, Traicté des peines et amendes tant pour les matières criminelles que civiles, Lyon 1573, II ed. Lyon 1603, pp. 436-443; P. Ayrault, L’Ordre, formalité et instruction judiciaire, Paris 1610⁴, pp. 602 sg. Queste tre opere furono costantemente ripubblicate fino alla fine dell’Antico Regime. – Tra i numerosi testi di eruditi del XX secolo che propongono un florilegio di casi, affari e processi riguardanti per un motivo o per l’altro il nostro tema, ricordiamo quello di C.E. Dumont, Justice criminelle des duchés de Lorraine et de Bar, Nancy 1848, 2 voll.

³² L. Pons, Barthélemy de Chasseneuz, Paris 1879, p. 46; L. Pignot, Un juriconsulte du XVI^e siècle, Paris 1881, p. 112.

³³ Chassenée, Consilia, Lyon 1531, I parte, § De Excommunicatione animalium et insectorum.

³⁴ Citato da M. Berriat de Saint-Prix, Rapport et recherches sur les procès et jugements relatifs aux animaux, art. cit. in E.P. Evans, The Criminal Prosecution, cit., p. 256.

³⁵ E.P. Evans, ibid., ne menziona qualcuno, ma tutti secondo testimonianze molto fragili. Vedi anche E. Poullain de Saint-Foix, Œuvres complètes, Paris 1778, vol. II, p. 167, e vol. IV, p. 97.

³⁶ P.J. Brillon, Dictionnaire de jurisprudence, Lyon 1786, vol. V, p. 80 («Animal»); A. Franklin, La Vie privée d’autrefois, du XII^e au XVII^e siècle: les animaux, Paris 1899, vol. II, pp. 267-268.

³⁷ A. Giraud, Procédures contre les chenilles et autres bêtes nuisibles, «Bulletin de la Société départementale d’archéologie et de statistique de la Drôme», 1, 1866, pp. 100-102.

³⁸ L. Menabrea, De l’origine, cit. (nota 14), pp. 148-161.

³⁹ Su questo ed altri casi: J. Desnoyer, L’excommunication des insectes et autres animaux nuisibles à l’agriculture, «Bulletin du Comité historique des documents écrits de l’Histoire de France», 4, 1853, pp. 36-54.

⁴⁰ F. Bavoud, L’exorcisme des insectes au XVIII^e siècle dans le diocèse de Besançon, «Mémoires de la Société d’émulation du Doubs», 6, 1937, pp. 99-113.

⁴¹ Nelle Alpi, la più antica testimonianza di simili processi risale al 1338 e riguarda delle cavallette che infestano la regione di Bolzano, nel Tirolo meridionale. Vedi K. Ausserer, Die Bozner Chronik und ihre Nachrichten zur Geschichte der Stadt Bozen, «Der Schlern», 12, 1922, pp. 386-393. Riguardo a flagelli simili nel Mediterrraneo: R. Delort, Les animaux ont une histoire, cit., pp. 169-186 [trad. it. cit.]; B. Arbel, Sauterelles et mentalités: le cas de la Chypre vénitienne, «Annales, ESC», 44, settembre-ottobre 1989, pp. 1057-1074.

⁴² C. Chène, Juger les vers, cit. (nota 11). I documenti analizzati vanno dal 1452 al 1536.

⁴³ Ricordiamo che i casi di furto, danno e vagabondaggio che coinvolgono animali sono giudicati dal tribunale civile.

⁴⁴ L.K. Little, Formules monastiques de malédiction au IX^e et au XI^esiècle, «Revue Mabillon», 58, 1970-1975, pp. 377-399; Id., La morphologie des malédictions monastiques, «Annales, ESC», 34, gennaio-febbraio 1979, pp. 43-60.

⁴⁵ J. Desnoyer, L’excommunication des insectes, cit. (nota 39); H. d’Arbois de Jubainville, Les excommunication d’animaux, «Revue des questions historiques», 5, 1868, pp. 275-280; M. Besson, L’excommunication des animaux au Moyen Âge, «Revue historique vaudoise», 43, 1935, pp. 3-14. Come sottolineano questi tre autori, il termine «scomunica» deve essere preso in questo caso con cautela, non corrispondendo affatto al suo significato abituale.

⁴⁶ Gn 3,17.

⁴⁷ F. Fleuret e L. Perceau, Les Procès de bestialité, Paris 1920, pp. 14-15. Il fatto di bruciare gli incartamenti di un processo è qualcosa di affatto eccezionale, talmente estraneo alle pratiche di fine Medioevo e inizio dell’epoca moderna che è lecito chiedersi se non siano le sole minute o anche delle copie ad essere simbolicamente distrutte, e non già gli atti originali. D’altro canto, però, negli archivi giudiziari rimangono così poche tracce di questi crimini di bestialità e dei processi che ne derivarono che ci si può chiedere se non li si sia fatti sparire, a un dato momento, volontariamente. Vedi due casi del XV secolo ben documentati, l’uno borgognone, l’altro lorenese, citati da Nicole Gonthier, Le Châtiment du crime au Moyen Âge, cit., p. 163.

⁴⁸ Nel XVI secolo sembrano diventare un po’ più frequenti. Alfred Soman mi ha segnalato di avere censito 54 processi per bestialità portati innanzi al Parlamento di Parigi tra il 1536 ed il 1600. Questi casi mettono in scena una fauna poco diversificata: asine, giumente, cagne, capre e vacche. La scrofa è assente. Ringrazio sentitamente A. Soman per le informazioni fornitemi.

⁴⁹ L. Dubois-Desaulle, Étude sur la bestialité du point de vue historique, médical et juridique, Paris 1905, pp. 154-157.

⁵⁰ M. Berriat de Saint-Prix, Rapport et recherches, cit. (nota 15), p. 427.

⁵¹ A. Franklin, La Vie privée d’autrefois...: les animaux, cit., vol. II, p. 261.

⁵² Per i paesi germanici si troverà una tipologia precisa delle punizioni inflitte agli animali nello studio di H.A. Berkenhoff, Tierstrafe, Tierbannung, cit.

⁵³ Paris, AN, L. 855/1. Ringrazio il prof. Henri Dubois e la sua studentessa, Anne Lacourt-Bruère, per avermi dato la possibilità di conoscere questo documento inedito.

⁵⁴ L. Tanon, Histoire des justices des églises de Paris, Paris 1883, p. 227.

⁵⁵ Sull’archeozoologia, i suoi numeri, metodi e risultati vedi il corpus bibliografico di F. Audouin-Rouzeau, Homme et animaux en Europe de l’époque antique aux Temps modernes. Corpus de données archéozoologiques et historiques, Paris 1993.

⁵⁶ J. Verroust e M. Pastoureau, Le Cochon. Histoire, symbolique, cuisine, Paris 1987, pp. 23-26.

⁵⁷ Da qui l’utilizzo nella medicina contemporanea di tessuti ed organi tratti dal maiale per effettuare medicazioni, trapianti o esperimenti. Anche se la percentuale di DNA comune tra l’uomo e il maiale è minore di quella tra l’uomo e la scimmia, il maiale è più utilizzato in laboratorio: da un lato, in Occidente è indigeno, dunque di più facile accesso e meno costoso; dall’altro, non è affatto una specie protetta e, rispetto alla scimmia, suscita meno problemi di «sensibilità».

⁵⁸ I modelli vengono spesso ricavati dai testi compilati dalla grande scuola salernitana di medicina del XII secolo. Vedi S. de Renzi, Collectio salernitana, Napoli 1853, vol. II, pp. 391-401; W. Corner, Anatomical Texts of Early Middle Ages, Washington 1927, pp. 47-68.

⁵⁹ P. de Beaumanoir, Coutumes du Beauvaisis, cap. LXIX, § 6 (ed. Beugnot, Paris 1842, vol. II, pp. 485-486).

⁶⁰ J. Duret, Traité des peines et amendes, Lyon 1572, pp. 108-109.

⁶¹ P. Ayrault, L’Ordre, formalité et instruction judiciaires, Paris 1610⁴, p. 109.

⁶² Es 21,28. Testo latino citato alla nota 25.

⁶³ Tommaso d’Aquino, Summa contra gentiles, libro II, cap. 82 (Opera... ed. leonina, Roma 1918, pp. 513-515).

⁶⁴ Alberto Magno, De anima, libro II, capp. 3 e 12 (vedi l’ed. «di Colonia», Bonn 1955, vol. XII).

⁶⁵ Tommaso d’Aquino, Summa teologica, II/IIae, quaest. 76, art. 2 e quaest. 90, art. 3 (Opera... ed. leonina, Roma 1935, pp. 169-172).

⁶⁶ Vedi L.C. Rosenfield, From Beast Machine to Man Machine, New York 1941.

⁶⁷ Sull’atteggiamento dei filosofi, e particolarmente di quelli del XVII e XVIII secolo, riguardo agli animali – campo di indagine ben noto e molto studiato – si legga l’opera recente di Elisabeth de Fontenay, Le Silence des bêtes. La philosophie à l’épreuve de l’animalité, Paris 1998, pp. 265-543. È sorprendente come questa opera vasta, che studia la posizione dei filosofi antichi, moderni e contemporanei riguardo all’animale, salti del tutto il Medioevo, epoca che invece ha molto insistito su questo tema.

⁶⁸ J. Racine, Les Plaideurs, atto III, scena 3.

⁶⁹ Rm 8,21. Vedi supra, nota 7.

¹ La storia di questi serragli è ancora da scrivere. Il vecchio libro di Gustave Loysel, Histoire des ménageries de l’Antiquité à nos jours, Paris 1912, 3 voll., spesso citato ma forse mai letto, è carente: l’informazione che dà è frammentaria, spesso superata e priva di qualunque problematizzazione. I serragli – come del resto l’insieme dei problemi riguardanti gli animali – sono infatti stati a lungo abbandonati alla storia minore e alle raccolte di aneddoti. Meriterebbero di meglio.

² Il termine francese ménagerie è utilizzato in questo studio nel suo significato moderno – assunto nel XVII secolo – di «serraglio». Nel francese antico e medio invece, questo temine non designa un luogo dove sono tenute e mostrate bestie selvagge o insolite, ma solamente l’amministrazione di una fattoria o di una casa.

³ Il grande P.E. Schramm non si è sbagliato dedicando loro qualche pagina nel suo bel libro, scritto in collaborazione con F. Mütherich, Denkmale der deutschen Könige und Kaiser, München 1962, pp. 70-74.

⁴ La tipologia dei serragli è difficile da accertare perché il vocabolario che li designa è mutevole e ambiguo. I termini più frequenti sono bestiarium, vivarium e claustrum; ma essi designano anche fosse o gabbie come pure parchi o riserve. Inoltre, hanno parecchi significati: vivarium, ad esempio, definisce al tempo stesso un serraglio che ospita bestie feroci, un parco con cervi, una garenna, un vivaio per pesci e persino un frutteto. Termini come pardarium, leopardarium o ferarium sono di uso più raro ma più precisi: si tratta di una fossa dove si trovano leoni, leopardi o pantere. Analogamente, le voliere, diversamente dai vivai per pesci, dispongono di un lessico preciso: aviarium, columbarium.

⁵ Nella stessa epoca si moltiplicano i parchi di cervi, animali dal significato cristologico e la cui caccia è ormai giudicata più nobile di quella al cinghiale. Ai serragli e agli animali vivi posseduti dai principi occorre accostare gli animali impagliati o conservati con tassidermia – bouillis en huile [bolliti nell’olio], dice il medio francese – e le parti di animali (pelli, pellicce, peli, crini, ossa, denti, artigli, ecc.) conservate nei tesori laici ed ecclesiastici. Qui, coccodrilli, serpenti e draghi sono i più ricercati e lo rimarranno fin in epoca moderna. Analogamente, gli spettacoli e i combattimenti di animali intrattengono stretti rapporti con i serragli: se le gieu des ours et des lions, vale a dire il combattimento di un orso contro un leone, caro alle chansons de geste, è quasi scomparso nell’autunno del Medioevo, i combattimenti tra leoni e tori non sono rari, in particolare in Spagna e in Italia. In generale, la seconda metà del XV secolo rivaluta il toro e la tauromachia. Ma quest’ultima, contrariamente a ciò che talvolta si è scritto, non è con ogni probabilità l’erede diretta dei rituali taurini dell’Antichità.

⁶ Vedi le tabelle che ho proposto in Le Bestiaire héraldique au Moyen Âge, «Revue française d’héraldique et de sigillographie»,1972, pp. 3-17, e nel mio Traité d’héraldique, Paris 1993², pp. 136-143.

⁷ H. Beck, Das Ebersignum im Germanischen, Berlin 1965; G. Scheibelreiter, Tiernamen und Wappenwesen, Wien 1976, pp. 22-57 e 87-90; H.E. Korn, Adler und Doppeladler. Ein Zeichen im Wandel der Geschichte, Marburg 1976².

⁸ R. Viel, Les Origines symbolique du blason, Paris 1972, pp. 31-91; A. Quacquarelli, Il leone e il drago nella simbolica dell’età patristica, Bari 1975.

⁹ M. Zips, Tristan und die Ebersymbolik, «Beiträge zur Geschichte der deutschen Sprache und Literatur», 94, 1972, pp. 134-152; M. Pastoureau, Les armoiries de Tristan dans la littérature et l’iconographie médiévales, in Gwechall (Quimper), t. 1, 1978, pp. 9-32.

¹⁰ Sal 22 [21], 22: Salva me de ore leonis.

¹¹ 1 Pt 5,8-9: Vigilate quia adversarius vester, diabolus, tamquam leo rugiens, circuit, quaerens quem devoret. Cui resistite fortes in fide...

¹² Pro 30,30; Gn 49,9.

¹³ Ap 5,5: Ne fleveris: ecce vicit leo de tribu Juda, radix David, aperire librum et solvere septem signacula ejus.

¹⁴ Isidoro di Siviglia, Etymologiae, libro XII, cap. II, § 3 (a cura di J. André, Paris 1986, p. 89).

¹⁵ Ambrogio, Hymni latini antiquissimi, a cura di A. Bulst, Heidelberg 1956, p. 42; Rabano Mauro, De rerum naturis, libro VIII, cap. 1 (PL, vol. 112, coll. 217-218).

¹⁶ Tra l’abbondante letteratura vedi soprattutto N. Henkel, Studien zum «Physiologus», Tübingen 1976.

¹⁷De bestiis et aliis rebus, libro II, cap. 1 (PL, vol. 177, col. 57); F. Unterkircher, Bestiarum. Die Texte der Handschrift Ms. Ashmole 1511 der Bodleian Library Oxford, Graz 1986, p. 24.

¹⁸ Tommaso di Cantimpré, Liber de natura rerum, a cura di H. Boese, Berlin 1973, pp. 139-141; Bartolomeo l’Inglese, De proprietatibus rerum, Köln 1489, fol. 208 [vb, f]; Vincenzo di Beauvais, Speculum naturale, Douai, 1624, libro XIX, capp. 66-74.

¹⁹ Su queste diverse proprietà – sconosciute ad Aristotele e Plinio – e le loro interpretazioni cristologiche, vedi N. Henkel, Studien zum «Physiologus», cit., pp. 164-167.

²⁰ M. Pastoureau, Traité d’héraldique, cit., pp. 143-146.

²¹ H.S. London, Royal Beasts, London 1956, pp. 9-15; R. Viel, Les Origines symbolique du blason, Paris 1972, pp. 46-106 (da leggere con cautela); A. Ailes, The Origins of the Royal Arms of England. Their Development to 1199, Reading 1982; M. Pastoureau, Genèse du leopard Plantagenêt, in Société des amis de l’Institut historique allemand, «Bulletin», vol. 7, 2002, pp. 14-29.

²² E.E. Dorling, Leopards of England and other Papers on Heraldry, London 1913; H.S. London, Lion or Leopard?, in The Coat of Arms, t. 2, 1953, pp. 291-296; C.R. Humphery Smith e M. Heenan, The Royal Heraldry of England, London 1966; J.H. e R.V. Pinches, The Royal Heraldry of England, London 1974, pp. 50-63.

²³ F. McCullough, Medieval Latin and French Bestiaries, Chapel Hill 1962, pp. 150-151; A. Henkel, Studien zum «Physiologus», cit., pp. 41-42. Aristotele non parla dell’accoppiamento della leonessa e del pardo. È Plinio a trasmettere questa leggenda a Solino e poi alla cultura medievale per il tramite obbligato di Isidoro: «il leopardo nasce dall’adulterio della leonessa e del pardo» (leopardus ex adulterio leaenae et pardi nascitur; Etymologiae, libro XII, cap. II, § 11, a cura di J. André, Paris 1986, p. 95).

²⁴ M. Pastoureau, Figures et couleurs péjoratives en héraldique médiévale, in Communicaciones al XV Congreso internacional de las ciencias genealogica y heraldica, Madrid 1982 (1985), vol. III, pp. 293-309.

²⁵ Gn 6,19-21. Il testo della Vulgata in circolazione nel XIII secolo è altrettanto impreciso di quello delle traduzioni moderne: Et ex cunctis animantibus universae carnis bina induces in arcam, ut vivant tecum, mascolini sexus et femminini. De volucribus juxta genus suum et de bestiis in genere suo et ex omni reptili terrae secundum genus suum: bina de omnibus ingredientur tecum, ut possint vivere.

²⁶ Sulla patristica e l’iconografia dell’arca di Noè, si può consultare con profitto, soprattutto per l’alto Medioevo, la tesi della École des chartes, purtroppo ancora inedita, di Marianne Besseyre, L’Iconographie de l’arche de Noé du III^e au XV^e siècle. Du text aux images, Paris 1997. Vedi École nationale des chartes, Positions des thèses..., Paris 1997, pp. 53-58.

²⁷ Nelle immagini medievali, è spesso difficile distinguere le pecore, i vitelli e i cani (almeno quelli che non portano collare). Certi animali sono infatti dotati di attributi iconografici notevoli, altri no. Tra gli uccelli, ad esempio, se è facile riconoscere l’aquila, il cigno, la civetta o la gazza, altre specie sono indifferenziate o non identificabili. Del resto non sono fatte per essere identificate.

²⁸ Anche lo studio della disposizione delle specie animali all’interno dell’arca è istruttivo. Vi sono posti più onorifici di altri.

²⁹ Sui culti dell’orso, la letteratura è considerevole e le opinioni spesso divergenti (in particolare sui culti preistorici, negati da taluni autori, affermati con forza da altri). Si veda soprattutto, malgrado la sua data, A.I. Hallowell, Bear Ceremonialism in the Northern Hemisphere, in «The American Anthropologist», t. 28, 1926, pp. 51-202; e T. Tillet e L.R. Binford (a cura di), L’Ours et l’Homme, Atti del convegno di Auberive (1997), Liège 2002.

³⁰ Sui legami tra l’orso e l’uomo selvaggio nel Medioevo: R. Bernheimer, Wild Men in the Middle Ages, Cambridge (Mass.) 1952; T. Husband, The Wild Man: Myth and Symbolism, New York 1980; G. Gaignebet e D. Lajoux, Art profane et religion populaire au Moyen Âge, Paris 1982, pp. 75-85 e 115-127.

³¹ Oltre l’articolo Bärensohn dell’«Handwörterbuch des deutschen Aberglaubens», Leipzig 1930, vol. I, si veda soprattutto il bello studio di Daniel Fabre, Jean de l’Ours. Analyse formelle et thématique d’un conte populaire, Carcassonne 1971.

³² «L’accoppiamento di questi ultimi ha luogo all’inizio dell’inverno e non avviene al modo consueto di tutti i quadrupedi, ma i due animali stanno sdraiati e abbracciati» (Eorum coitus hiemis initio, nec vulgari quadripedum more sed ambosus cubantibus complexisque; Plinio, Storia naturale, Torino 1983, vol. II, libro VIII, p. 223).

³³ Sto lavorando attualmente alla stesura di un libro dedicato alla storia medievale dell’orso ed al ruolo svolto dalla Chiesa nella perdita del suo titolo di re degli animali. Dovrebbe uscire nel 2005, presso lo stesso editore, nella stessa collana.

³⁴ 1 Sam 17,34; 2 Re 2,24; Sap 28,15; Dn 7,5; Os 13,8; Am 5,19; ecc.

Medioevo simbolico

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