Elogio della radicalità
In nome della libertà dell'individuo, della lotta alle burocrazie e all'invadenza dello Stato, un totalitarismo di nuovo conio, l'ultimo che ha chiuso il Novecento, ha sostituito di fatto la democrazia.
È stato Marx a dare alla parola 'radicale' il significato che ora si presenta a noi in tutta la sua potente attualità. Nel 1843 scrive: «Essere radicale significa cogliere le cose dalla radice. Ma la radice per gli uomini è l'uomo stesso». Ecco, dunque, uno sguardo di cui abbiamo oggi davvero bisogno. Per incredibile che possa apparire, viviamo una fase nella quale, nonostante l'immenso patrimonio di conoscenze di cui disponiamo, stiamo soffocando sotto la coltre di un occultamento totalitario della nostra umana radice. Qual è il nostro fine, la nostra possibile felicità sulla terra, la nostra responsabilità verso le altre creature che la popolano, la natura, le generazioni che verranno? Tutti gli ideali di umano progresso e incivilimento che dall'Illuminismo in poi si sono susseguiti come orizzonti del nostro avvenire sono oggi ridotti a questa vacua teleologia dell''andare avanti' e sempre sullo stesso sentiero. 'Radicale' significa affondare lo sguardo in profondità, nei meccanismi costitutivi dei processi materiali. È questo rinnovato e rivoluzionario sapere, questo sguardo a tutto campo sul vivente, che sta rivelando e non cessa ancora di scoprire i beni comuni dai quali dipendono la nostra vita e il benessere di tutti.
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