1849. Contro i Savoia
L’insurrezione di Genova del marzo-aprile 1849 è l’epilogo di una fase di entusiasmi, di speranze e di delusioni. Il rapporto tra quella che è stata per secoli una repubblica indipendente e la dinastia sabauda è stato, a partire dal 1815, non facile. Con la forzata annessione a un regno di Sardegna tradizionalmente nemico, in una situazione economica difficile, l’adeguamento alle rigide regole di uno Stato assoluto è lento e non privo di riserve. Anche quando con le prime riforme civili il clima è sensibilmente mutato, Genova è rimasta città irrequieta, all’avanguardia nel chiedere più ampia libertà, e motivo di continue preoccupazioni per il governo di Torino. I genovesi mal sopportano l’essere piemontesi, ma aspirano, con orizzonti più vasti, ad essere italiani: per questo, a partire dal 1846 e più nel 1848, ritrovano simpatie e convergenza con Torino in vista della guerra all’Austria. Ma con il fallimento - per taluni tradimento – dei moti, esasperazione e protesta prendono il sopravvento fino all’esplosione rivoluzionaria del 1849 e alla durissima repressione: un trauma che lascia, nel decennio successivo, una traccia profonda. Soltanto l’avvio del processo unitario contribuisce a mutare sensibilmente l’opinione pubblica genovese.