1915. Cinque modi di andare alla guerra
Si gioca sul filo delle settimane il destino dell'Europa, nell'estasi unanime delle folle che accompagna i soldati verso una guerra sentita come giusta e dovuta. L'Italia no, si divide e si lacera per mesi sul da farsi. Tengono banco gli interventisti; il fronte del no, anche se più numeroso, è sulla difensiva, ha perso la parola, è ridotto al silenzio. Ma chi vuole il conflitto? E perché? Di quali bisogni si fa interprete? Cosa cerca Renato Serra, raffinato intellettuale, tra i primi a partire e a morire, che non crede nella guerra come soluzione politica ma non vuole rinunciarvi come esperienza umana? Cosa ha a che vedere con lui il futurista Filippo Tommaso Marinetti che canta la bellezza maschia e vitale della 'guerra-festa', della sfida alla morte e del 'glorioso massacro'? O l'appassionato Cesare Battisti, geografo trentino, deputato socialista, idealmente per la pace, ma irredentista convinto, fino a pendere da una forca austriaca? È il 'treno della Storia' che sta passando e non si deve perdere, non importa dove conduca, chi è giovane e vivo non può non montarci al volo, si vedrà poi dove arriva: sono queste le ragioni di Benito Mussolini, il convertito alle armi? E come può farsi scappare un'occasione del genere Gabriele D'Annunzio, l'eccessivo, il plateale, l'onnivoro poeta vate, carico di minacce per Giolitti e la sua 'Italietta bottegaia' che osa 'trescare' a favore della neutralità, lui volontario cinquantenne, deciso a vivere una clamorosa guerra 'corsara'?