L'arte contemporanea spiegata a tuo marito
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Perché Joseph Beuys si è rinchiuso per tre giorni in una galleria in compagnia di un coyote? Perché Chris Burden si è fatto sparare a un braccio? Perché Alberto Burri dipingeva con la fiamma ossidrica? Perché Mona Hatoum ha proiettato la sua gastroscopia? Perché Marina Abramović ha trascorso un'intera Biennale di Venezia a scalcare ossi di manzo?
Tuo marito sta indugiando perplesso, non capisce per quale ragione dovrebbe seguirti a un temibile vernissage, lui che non distingue un acquerello da un olio. Eppure un modo per fargli cambiare idea c'è. Basta sfogliare queste pagine e lasciare che Mauro Covacich, con allegra semplicità, venga a darti una mano e vi conduca insieme nel mondo dell'arte contemporanea.
Covacich spiega trenta artisti partendo da un’opera paradigmatica, e lo fa senza gergo e con chiarezza, come farebbe un bravo professore di storia dell’arte (anche se di formazione è filosofo e di mestiere è scrittore).
Maurizio Ferraris, “la Repubblica”
L’invito che fa Covacich è un invito a guardare la sostanza delle cose, senza farsi condizionare dal contorno. Ed evita il rischio di apparire presuntuoso, grazie all’ironia e alla grande dimestichezza che dimostra con l’arte.
Stefano Bucci, “Corriere della Sera”
Mauro Covacich è un narratore di pregio con la capacità di affascinare il lettore conducendolo con un linguaggio semplice e chiaro alla scoperta della complessità e della sostanza delle cose. Da ‘non addetto ai lavori’ risponde a domande che, essendo chiare e pertinenti, avrebbero il potere di far andare in bestia qualsiasi critico d’arte.
Massimo Melotti, “Il Giornale dell’Arte”
Leggilo se: hai voglia di saper dire qualcosa se ti chiedono cosa ne pensi dell’ultima performance di Marina Abramović; stai progettando una visita alla prossima Biennale di Venezia; non vuoi farti beccare impreparato se decidi di scroccare un aperitivo al prossimo vernissage in Triennale (se sei a Milano), o al Guggenheim (se sei più fortunato e sei a New York o a Bilbao).
Non leggerlo se sei un critico tutto d’un pezzo e pensi che sull’Arte ci sia poco da scherzare.
“The Social Reading”
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