1632. Galileo, la Terra, la Luna
1632: i censori del Sant'Uffizio concedono l'imprimatur e passa alle stampe a Firenze la sistematica, minuziosa, implacabile distruzione della tradizionale visione del cosmo. Non è infatti solo una raccolta di teorie quel Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo. C'è chi dice, in quegli anni, che sono cadute le muraglie del mondo, e chi invece afferma che è crollata per sempre ogni possibile certezza. Cosa vede Galileo quando guarda la superficie della Luna? Vede che la Luna non è (come si credeva da millenni) una perfetta sfera lucida, ma un'altra Terra e questo appare assurdo, inaccettabile. Affermare teorie nuove vuole dire consegnarne alla dimenticanza altre, saldamente connesse a una tradizionale immagine del mondo, mutare l'identità di oggetti che sembrano conosciuti da sempre. Dietro la complicata macchina costruita da Aristotele e da Tolomeo stava qualcosa che gli uomini hanno pensato da quando, per la prima volta, hanno alzato gli occhi verso il cielo stellato. Il cosiddetto universo a due sfere era duplice: c'è il mondo terreno compreso entro la sfera della Luna che è il mondo del consumarsi e del finire delle cose, della malattia e della morte, del non sapere del futuro. Sopra la sfera della Luna c'è il mondo celeste dove non ci sono variazioni ma solo regolarità dei moti, dove nulla nasce e nulla si corrompe, ma tutto è immutabile ed eterno.