Riparare il mondo
Ogni generazione, senza dubbio, si crede destinata a rifare il mondo. La mia sa che non lo rifarà. Il suo compito è forse più grande: consiste nell’impedire che il mondo si distrugga.
Albert Camus
«Non so mai se abbia senso parlare in termini generazionali. D’altra parte, è pur vero che c’è qualcosa che mi accomuna a quelli che hanno vissuto il passaggio tra i millenni.
Sono cresciuto, come chiunque abbia la mia età, con i miti – i feticci, alle volte – politici del Sessantotto e del Settantasette: qualunque gesto somigliasse anche vagamente a una rivolta, mi è stato detto di misurarlo con quel metro simbolico. E lo stesso è stato per le sconfitte e i riflussi. Di quegli anni e di quelle lotte, però, ho conosciuto anche la tinta della sconfitta. Il terrorismo da una parte e l’eroina di massa dall’altra. In una generazione come la mia, che non ha mai avuto simili esplosioni se non in forme minori e spesso emulative, il confronto con i momenti di sconfitta è più interessante.
Siamo per lo più degli sconfitti, dei reduci, dei superstiti, senza aver ingaggiato alcuna battaglia. Molti sono semplicemente implosi, spesso tornati a vivere a casa dei genitori, molti agganciati agli psicofarmaci. L’espressione assente, il tono di voce distratto, il disincanto che si sclerotizza in apatia, il cinismo di maniera che non riesce nemmeno più a proteggere.
Non faccio che chiedermi perché la condizione di sofferenza comune solo raramente abbia prodotto un atto di ribellione. E soprattutto, perché non è scattato un senso di fratellanza nella condivisione di una condizione materiale, sociale, simbolica simile?»
Ė tempo di tornare a essere animali politici.
Rassegna stampa
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Riparare il mondo
Oltre la depressone e la pandemia potrebbe venire fuori la nuova generazione