Benvenuti a Chernobyl
«La superstrada BR-163 comincia a Cuiabá, nella parte sud dello Stato brasiliano del Mato Grosso, e corre verso nord per più di 1.500 chilometri, penetrando direttamente nell’Amazzonia. Costruita all’inizio degli anni Settanta, nei tratti che attraversano la giungla è tuttora per lo più non asfaltata, e nella stagione piovosa diventa un fiume di fango. Si può ben dire che sia una delle superstrade più schifose del mondo. La BR-163 collega il ‘granaio del mondo’ e il ‘polmone del mondo’. Questa strada, quindi, è al centro non solo del commercio, ma anche di alcune serie preoccupazioni ambientali. Una volta che c’è una strada, anche se è schifosa, comincia a scorrerci la civiltà e a espandersi nella foresta vicina. Agli esseri umani piace considerarsi come costruttori e conquistatori, ma la loro presenza si propaga più come quella di una pianta rampicante: mettendo viticci, costruendo una rete, riempiendo i vuoti fino a formare un manto soffocante.»
Per la maggior parte di noi viaggiare significa visitare i luoghi più belli della terra: Parigi, il Taj Mahal, il Grand Canyon. Non succede spesso di prenotare un biglietto per visitare il paesaggio lunare e senza vita dei giacimenti di sabbie bituminose del Canada o di far vela alla volta della Grande chiazza di immondizia del Pacifico. In Benvenuti a Chernobyl, Andrew Blackwell lo fa e viaggia per i luoghi più inquinati della terra: da Chernobyl alla grande isola di rifiuti del Pacifico, dall’Amazzonia devastata dalle coltivazioni di soia alle miniere di carbone in Cina. Perché? Forse l’attrazione di risalire la traccia del futuro, oltre che del presente. Ma c’è anche dell’altro: qualcosa di inafferrabile bellezza abita questi luoghi. Scopriamo così che questo libro, irriverente e pensoso, è anche una lettera d’amore agli ecosistemi più contaminati e più degradati della nostra biosfera e una riflessione su che cosa significano per noi.