Capitolo V. La pignatta sul fuoco, il fuso e la conocchia in mano Uomini di casa. Lavorare il latte dunque in alcune zone era un compito femminile, in altre un compito maschile: nei palazzi dei più ricchi poteva essere una delle tante incombenze del personale di cucina di sesso maschile. Si è visto sopra come la divisione sessuale del lavoro «domestico» relativo alla preparazione dei cibi fosse diversa a seconda dei ceti sociali: nelle case dei più ricchi servitori di sesso maschile non di rado svolgevano i compiti che nelle case di ceto medio e basso venivano svolte dalle serve o dalle donne di casa. In questo senso, si possono smontare stantii pregiudizi che vorrebbero legare la divisione sessuale del lavoro a pretese inclinazioni naturali di uomini e donne non solo «cercando le donne» negli spazi pubblici, ma anche guardando dentro gli spazi domestici e scoprendovi folte schiere di uomini che pestavano nel mortaio o impastavano la sfoglia (Fig. 49). Ma, se lasciamo da parte i ceti sociali più elevati, come si articolava la divisione del lavoro di casa tra uomini e donne? Quali erano i compiti femminili? L’esempio di Sainte-Engrâce, come detto, mostra che i confini della divisione del lavoro erano diversi a seconda dei contesti. Nelle singole zone erano improntati ad una certa rigidità, ma non erano necessariamente inamovibili. «Facciamo un patto», disse una donna gallese al marito verso la fine del Settecento dopo un cattivo raccolto che preannunciava durissimi mesi di fame. «Io provvederò al cibo per noi e i due bambini per tutto l’inverno se tu, oltre ad occuparti del cavallo, delle mucche e dei maiali, sbatterai la panna del latte, farai il bucato, i letti e le pulizie. Io mi occuperò del burro». «Come farai?», le chiese il marito. «Lavorerò a maglia. Abbiamo la lana e, se tu la carderai, io la filerò». L’uomo accettò la proposta e la famiglia riuscì a tirare avanti fino al raccolto successivo230. Lavori domestici e lavori donneschi. Le parole della donna ci ricordano quanto potessero essere numerosi e onerosi i compiti femminili. Certo almeno per quel che riguarda la preparazione del cibo le attività necessarie potevano essere molto variabili: come già si è detto, chi non poteva permettersi quasi nulla più del pane acquistato dal fornaio non vi impiegava molto tempo. Ma la situazione era diversa per quelle donne che dovevano coltivare l’orto, dar da mangiare alle bestie, occuparsi dell’alveare, mungere le mucche, sbattere la panna nella zangola per fare il burro dove lo si utilizzava, procurarsi la legna e l’acqua, badare al fuoco, impastare il pane, seccare la frutta, mettere verdure sott’aceto e ancora, nell’Europa centro-settentrionale e orientale, tagliare i cavoli da mettere a macerare per i crauti, fare la birra (in Inghilterra231), fare marmellate. Nel contempo, non di rado, dovevano allattare o svezzare un bambino e badare ai figlioletti più grandicelli... Un quadro probabilmente abbastanza realistico di Pieter Gerritsz van Roestraten ci mostra una donna seduta su un basso sgabello davanti al camino intenta a preparare delle frittelle. Alla sua destra c’è un bambinetto, dall’altro lato una cesta di vimini da cui fa capolino un neonato (Fig. 50). A partire dalle informazioni contenute in diari e altre fonti simili, una studiosa ha calcolato come potesse essere speso il tempo delle donne. Si tratta, naturalmente, di indicazioni di massima, dal momento che donne di città e di campagna, ricche e povere, nubili, sposate e vedove, giovani e vecchie e via discorrendo non facevano certo esattamente le stesse cose. Madri e figlie, padrone e serve, talvolta vicine o parenti potevano inoltre collaborare nello svolgimento dei compiti domestici: la casistica è insomma varia e sfaccettata. Ciononostante i risultati della ricerca sono interessanti, e ci offrono una vivida immagine di donne instancabili e continuamente affaccendate. Dall’indagine infatti risulta che in Gran Bretagna la preparazione del cibo potesse richiedere 3 o 4 ore al giorno, procurarsi l’acqua e la legna circa 1 ora, 1 ora anche tenere acceso il fuoco e allattare o nutrire i bambini più piccoli, per un totale di 6-7 ore, a cui andavano ad aggiungersi il tempo impiegato nell’orto (1 ora), e quello necessario ad accudire gli animali e a mungerli (2-3 ore), a fare il pane e la birra (3 ore alla settimana per ciascuna delle due attività) e, di tanto in tanto, a fare conserve e simili232. Ma questi compiti legati alla sfera dell’alimentazione ovviamente non esaurivano le attività femminili: così la cura dei bambini spesso richiedeva altre 3 ore al giorno, la pulizia della casa 2 ore, 2 ore anche la confezione di abiti e altre attività relative al vestiario e circa 4 ore alla settimana fare il bucato233. La vita delle donne si dipana insomma tra mille faccende. Nelle famiglie contadine una parte cospicua dei compiti femminili non ha però nulla a che vedere con le attività di pulizia che oggi nella nostra mente sono così fortemente associate all’idea di lavoro domestico, come ci ricorda la montagna di tempo dedicata a mungere le mucche, badare all’orto o dar da mangiare alle galline. Inoltre, come si vede, i confini tra lavoro domestico ed extradomestico sono diversi rispetto ad oggi. Un compito di solito lasciato alle donne o ai servi, come andare a prendere acqua, si svolge infatti fuori dalle mura di casa. E lo stesso si può dire per il bucato, che certo impegnava molte massaie, per quanto sia vero che esistevano anche persone che svolgevano questo compito professionalmente: e in questo caso in alcune zone nel settore potevano essere impiegati anche uomini234. Anche la ricerca del combustibile, che però non era necessariamente un compito femminile, si svolgeva fuori casa. In questo senso lo sviluppo delle tubature dell’acqua o quello dell’erogazione del gas hanno reso per così dire più domestici i lavori «donneschi». Naturalmente molte donne d’Età moderna svolgono anche compiti «extradomestici» nel senso odierno del termine235, ma anche quelle che non lo fanno si destreggiano davvero tra mille attività. Il cuoco è da preferire alla cuciniera, aveva scritto Vincenzo Tanara nel 1644, anche perché quest’ultima, «posta la pignatta sul fuoco, [...] nel tempo che le vivande cuociono [...] fila»236. Non si stenta a credere che per molte donne fosse necessariamente proprio così. «A women’s work is never done», «il lavoro di una donna non è mai finito», recitava una ballata inglese del Seicento237. Dopo aver analizzato come si mangiava, cosa si mangiava e chi preparava il cibo, seguiamo ora, pertanto, come un filo di Arianna, le mille fibre che le donne d’Età moderna filarono per farne, in prospettiva, tessuti e vestiti per sé, per le loro famiglie e per il mercato. |