Cicisbei
Un damerino, un farfallone che svolazza intorno alle donne, un frequentatore di ambienti snob, un personaggio tra l’effeminato e il galante, ben introdotto nella società del bel mondo. Se dovessimo immaginarci un cicisbeo oggi, lo descriveremmo così. Ma c’è stato un momento, anzi proprio un secolo, in cui la parola, appena coniata, ha indicato un ruolo specifico. Nel Settecento, cicisbeo era chi viveva al fianco della moglie di un altro, uscendo con lei in società e tenendole compagnia giorno e sera, se non giorno e notte, apertamente e con l’approvazione del marito. Il costume era diffuso a tal punto tra la nobiltà italiana da farsi cifra di un’epoca e di una società, oggetto di discussione morale ed espressione artistica.
Immortalato dal genio letterario del Parini come dall’arguzia comica di Goldoni, rappresentato nei quadri di artisti come Longhi e Tiepolo, il cicisbeo finisce per incarnare, agli occhi degli osservatori stranieri, l’emblema della presunta immoralità italiana.
La verità è però diversa e ha a che vedere con il sistema dei matrimoni combinati d’antico regime e con il risveglio illuministico dell’aspirazione alla libertà. Libertà controllata e di breve durata. I moralizzatori non avranno da attendere troppo: il cinico, frivolo cicisbeo soccomberà in fretta travolto dall’onda grave dello zelo romantico e risorgimentale.