storie che non fanno la Storia
Esistono vite straordinariamente ordinarie che non lasciano traccia nei libri di storia. Queste stesse vite, se le osserviamo più da vicino e con più attenzione, possono rivelarci verità di cui non troviamo traccia nella Storia ufficiale. Ma come possiamo raccontarle senza retoriche e falsificazioni? Come rispettarle e, al tempo stesso, evitare silenzi e amnesie? Si può umanizzare la storia e renderla orizzontale?
A scuola tutti quanti abbiamo studiato la storia e ci siamo fatti l’idea di una disciplina fondata sulla memoria, la memoria di date, di nomi e di battaglie. Poi a casa ciascuno di noi si è sentito raccontare la storia della propria famiglia, dei nonni e dei bisnonni e di come questa storia minuscola si è intrecciata ed è stata attraversata da quella maiuscola: la storia di coloro che restano solo nel ricordo dei propri cari e la Storia di coloro a cui sono dedicati libri e monumenti.
Eppure la storia dovrebbe aprire squarci inediti sul nostro passato, riproporre a chi è vivo oggi storie di chi ha vissuto ieri: è un lavoro in corso e con la minuscola, per comprendere noi stesse e noi stessi, con la giusta distanza e con il giusto angolo prospettico. Per dirla con Marc Bloch, «il bravo storico è come l’orco della fiaba. Là dove fiuta carne umana, là è la sua preda».
In questo libro appassionato, Carlo Greppi ci guida attraverso le miriadi di scelte che vengono compiute nell’imbastire una narrazione storica: il punto di vista, il tono, il montaggio, il corpo a corpo con le fonti e con la storiografia, fino alla ‘messa in scena’ dei risultati della propria indagine. Scopriremo così come anche i dubbi della ricerca, i vuoti della documentazione, le incertezze delle interpretazioni e perfino la sovrabbondanza di materiali da dominare possono rivelarci molto. E come ricostruire vite che non sono la propria sia un percorso a ostacoli dove centrale è la ricerca meticolosa che scava, indaga, spolvera, interroga.
Osservando il mestiere di storico e il racconto pubblico del passato nella loro concretezza si può dunque umanizzare la storia, studiando in orizzontale – non dall’alto, come fossero formiche sulla scena della ‘grande Storia’ – gli esseri umani che osserviamo e che narriamo. Insomma un’altra storia è possibile e già esiste.