Caporali tanti, uomini pochissimi
«E adesso dove andiamo?», domanda Totò al maggiordomo, che è andato a prenderlo alla Gare de Lyon. «A casa, signor marchese» – «Perché, ho una casa?» – «Il signor marchese voglia scusarmi se mi sono permesso di chiamare casa il palazzo Chemantel Chateau» – «Già, è vero, io ho un palazzo» – «Storico, signor marchese, il più bello di Parigi», precisa il maggiordomo. Ma Totò subito lo zittisce: «Non cominciamo con la Storia!».Il principe Antonio De Curtis non era solito leggere i racconti degli storici. Lo appassionava solo la storia della sua famiglia, che risaliva all’imperatore Costantino. Non lo divertiva la Storia, cioè l’esistenza umana nel fluire del tempo, perché aveva una visione tragica della vita. Ma permetteva a Totò di spernacchiare tutte le persone che nella Storia, e quindi nella vita, si comportano da «caporali»: i prepotenti che tormentano gli «uomini» qualunque, costretti a vivere un’esistenza grama. Nei suoi novantasette film, ambientati nelle più varie epoche storiche, dall’Egitto dei faraoni all’Italia del ‘miracolo economico’ e all’Europa del Muro di Berlino, Antonio incarna nei personaggi di Totò sia i ‘caporali’ sia gli ‘uomini’, ma sempre con lo stesso proposito: «spernacchiare» i caporali, spiegando che la pernacchia «ha tanti scopi: deride, protesta, esplode con un grido di dolore». E difende così la dignità dell’uomo libero.