1. Le ricerche bibliografiche 2. Information retrieval: 4. Biblioteche e Opac 5. Biblioteche e Opac 7. Le biblioteche 8. Opac specializzati, 10. Banche dati: archivi 11. Metarisorse generali |
Parte prima Concetti e strumenti 1. Le ricerche bibliografiche Natura e attori delle ricerche bibliografiche
Le biblioteche costituiscono il luogo per eccellenza dove svolgere ricerche bibliografiche, sia perché nelle loro sale di consultazione si possono trovare le bibliografie, i cataloghi e le altre opere di consultazione (spesso assai voluminose e costose) da utilizzare per la ricerca, sia perché molte di esse forniscono accesso gratuito o comunque facilitato e assistito a Internet. Inoltre, una parte dei documenti di cui si scoprirà di avere bisogno saranno conservati proprio nella biblioteca, a portata di mano, mentre un'altra parte potrà essere richiesta dalla biblioteca stessa ad altre biblioteche e agenzie. I bibliotecari, infine, possono svolgere un ruolo di orientamento molto importante per il buon esito delle ricerche. Per una rassegna sui numerosi repertori di biblioteche italiane e internazionali esistenti, si rimanda alla Guida alle fonti di informazione della biblioteconomia di Alberto Petrucciani e Riccardo Ridi (Aib, 1996), limitandoci qui a citare l'Anagrafe delle biblioteche italiane dellIccu <http://anagrafe.iccu.sbn.it> (circa 15 mila ricche voci, contenute anche in una serie di volumi a stampa), su cui si tornerà nel capitolo 5, e il più snello volume Biblioteche italiane, a cura di Gabriele De Veris e Marta Piergiovanni (Era nuova, 2003, circa 7.000 voci solo con i dati essenziali). Qui ci si limita a ricordare quali sono le principali tipologie di biblioteche reali, considerando in particolare la situazione italiana, caratterizzata da un'elevata frammentazione dal punto di vista geografico, organizzativo e istituzionale. Per approfondimenti si rinvia al fascicolo monografico 2003/3 della rivista del Mulino «Economia della cultura» dedicato a Le biblioteche italiane e ai fascicoli del Rapporto sulle biblioteche italiane edito dall'Aib a partire dal 2002. Biblioteche statali. Vengono chiamate «biblioteche statali» o «biblioteche pubbliche statali», generando spesso un po' di confusione, esclusivamente quelle afferenti alla Direzione generale per i beni librari e gli istituti culturali (Dgblic) del Ministero per i beni e le attività culturali (Mbac), già Ministero per i beni culturali e ambientali (Mbca). Si tratta di una cinquantina di biblioteche diversissime fra loro non solo per dimensioni e importanza (si va dalle due principali biblioteche italiane, le Nazionali centrali di Roma e Firenze, a quelle annesse ad alcune abbazie dichiarate monumento nazionale), ma anche per origine e vocazione (dalle dieci biblioteche «universitarie» ormai solo di nome degli Stati preunitari, dislocate a Genova, Torino, Pavia, Modena, Padova, Pisa, Roma, Napoli, Cagliari e Sassari, alla storica Medicea Laurenziana di Firenze, ricchissima di codici, ad alcune nuove biblioteche create di recente partendo da zero e prive di specializzazione disciplinare, fino ad istituti specializzati in medicina o in storia moderna e contemporanea o in archeologia e storia dell'arte). Ben nove di queste biblioteche (dislocate a Torino, dove c'è l'unica contemporaneamente «nazionale» e «universitaria», Milano, Venezia, Firenze, Roma, Napoli con sede distaccata a Macerata, Bari, Potenza e Cosenza) si fregiano del titolo di «nazionale», che nel resto del mondo di solito è prerogativa di un solo istituto per paese. Per contrastare l'inflazione del termine, le due nazionali di Roma e Firenze sono state battezzate Nazionali centrali (per ribadirne la supremazia, che comunque devono spartirsi fra loro) e solo a ciascuna di esse va per «diritto di stampa» una copia di ogni pubblicazione stampata in Italia, a cura dei singoli tipografi. Fra le altre statali spesso veniva individuata la biblioteca che, in ciascuna provincia, aveva diritto a una terza copia, solo per quanto stampato nel territorio provinciale. Nell'aprile 2004 è stata finalmente promulgata la nuova legge sul deposito legale (quella precedente risaliva al 1945), che passa a un deposito locale organizzato su base regionale ed esteso anche ai documenti digitali, a cura non più dei tipografi bensì, più razionalmente, degli editori. Ad aprile 2005 manca però ancora il relativo regolamento applicativo, che dovrà definire, fra l'altro, presso quali biblioteche andranno depositate le copie ulteriori rispetto a quelle per le nazionali centrali. Pare arrestatosi, per ora, il processo di trasferimento di alcune biblioteche statali alle Regioni e alle Università, iniziato nel 2000 col passaggio della storica «universitaria» di Bologna all'Università degli studi della città. Alle biblioteche statali, raramente a scaffale aperto, possono accedere tutti i cittadini italiani di età superiore ai sedici o diciotto anni (dipende dai singoli regolamenti), ma il prestito è riservato a quelli maggiorenni e residenti nella regione. Biblioteche delle università. Afferenti al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (Miur), già Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica (Murst), attraverso i rispettivi atenei, che godono di notevole e crescente autonomia, queste biblioteche non vanno assolutamente confuse con le biblioteche cosiddette «universitarie» del Ministero per i beni e le attività culturali, nelle quali il legame con i rispettivi atenei è ormai solo un ricordo storico. Le biblioteche delle università, talvolta dette anche «accademiche» e stimabili, in Italia, in circa 1.900, hanno come obiettivo il supporto alla didattica e alla ricerca, sviluppando di conseguenza collezioni specializzate e servizi innovativi; in alcuni casi, tuttavia, la loro qualità può risentire delle pressioni esercitate da una parte da masse di studenti fuori sede a caccia esclusivamente di pochi libri di testo e di un posto di lettura, e dall'altra da alcuni docenti legati a una visione «privatistica» delle collezioni e dei servizi. Benché negli ultimi anni sia in atto una lodevole tendenza all'accorpamento, esse sono ancora troppo spesso frammentate in una miriade di piccole biblioteche di dipartimento scarsamente coordinate fra loro e difficilmente in grado di assicurare servizi efficienti; d'altra parte, sono fra quelle più dotate dal punto di vista finanziario per gli acquisti, soprattutto per quanto riguarda il materiale straniero, e dal punto di vista tecnologico. Sono state inoltre le prime in Italia sia a permettere l'accesso a Internet ai propri utenti locali sia ad automatizzare e a rendere disponibili in Rete i propri cataloghi. Un loro punto di forza, soprattutto nelle discipline scientifiche e tecnologiche, è spesso l'emeroteca, cioè la sezione dedicata a giornali, riviste e periodici. Quelle che riescono a raggiungere dimensioni discrete possono anche riuscire a fornire con una certa efficacia alcuni servizi che spesso sono solo teorici nelle «statali», come il prestito interbibliotecario. I regolamenti per l'accesso alle biblioteche delle università e ai loro servizi variano notevolmente da ateneo ad ateneo. In genere l'accesso è consentito ad un pubblico abbastanza ampio, mentre per il prestito e gli altri servizi viene richiesto di essere in regola con l'iscrizione a un corso di laurea dell'ateneo stesso. Biblioteche pubbliche. All'estero, in particolare nei paesi anglosassoni e scandinavi, è ben consolidato il concetto di «public library», ovvero di biblioteca «di base» che costituisce «il centro informativo locale che rende prontamente disponibile per i suoi utenti ogni genere di conoscenza e informazione» (Manifesto Unesco sulle biblioteche pubbliche, versione 1994, traduzione di Maria Teresa Natale per l'Associazione italiana biblioteche), e che è fortemente radicata nella vita quotidiana di tutti gli strati sociali e culturali della popolazione. In Italia invece il termine «biblioteca pubblica» può far sorgere degli equivoci rispetto alle «statali» e perfino rispetto ai ben più vasti ambiti, non coincidenti fra loro, delle biblioteche «di proprietà pubblica» e di quelle «aperte al pubblico». Per indicare le «public library», ovvero le biblioteche create e gestite per il più ampio uso da parte di tutti i cittadini, si utilizza talvolta il termine di «biblioteche di pubblica lettura», in gran parte dipendenti dalle amministrazioni comunali e talvolta provinciali. L'accesso e il prestito sono ovviamente aperti a tutta la cittadinanza di qualsiasi età o livello culturale e le collezioni e i servizi vengono sviluppati in quest'ottica, anche se spesso l'utenza maggioritaria è costituita da studenti universitari (l'unica vasta fascia di italiani che frequenti regolarmente le biblioteche, si direbbe). In queste biblioteche l'organizzazione a scaffale aperto è la norma e spesso esistono spazi riservati ai ragazzi (che talvolta si sviluppano fino al punto di costituire delle autonome biblioteche per ragazzi) e alla storia e alla cultura locali. A volte queste biblioteche si uniscono in consorzi o sistemi per economizzare le risorse e potenziare i servizi al pubblico. In questo caso le differenze nelle collezioni, nelle tecnologie e nei servizi messi a disposizione in diverse località sono enormi: si trovano «mediateche» futuribili in grado di soddisfare anche il ricercatore più esigente insieme a minuscole raccolte di narrativa prive di bibliotecari e aperte poche ore alla settimana da volontari o da impiegati generici. Biblioteche scolastiche. Tutte le scuole «di ogni ordine e grado» dovrebbero avere una propria biblioteca, utile anche per imparare ad usare gli strumenti catalografici e bibliografici da utilizzare in seguito nelle biblioteche maggiori; purtroppo le biblioteche scolastiche italiane spesso esistono solo o quasi sulla carta, sono affidate a personale scarsamente professionalizzato e sono prive di finanziamenti adeguati. Il Ministero della pubblica istruzione ne censiva circa 12 mila nel 1981. Biblioteche di enti culturali e di ricerca. Le biblioteche del Cnr, dell'Enea, degli Archivi di Stato, delle tante Accademie, Fondazioni e Istituti culturali che si trovano in Italia costituiscono un tesoro nascosto, poco noto e ancor meno sfruttato. Si tratta di biblioteche spesso specializzate, quasi mai aperte a tutti i cittadini ma di solito accessibili per ricerche finalizzate a tesi di laurea o comunque per motivi di studio. Biblioteche di altri enti pubblici. Considerando che ogni tipo di ente è dotato o almeno potrebbe dotarsi di una biblioteca, la casistica è molto vasta: biblioteche carcerarie, della Camera, del Senato e degli altri organi costituzionali, della Rai e di altre aziende parastatali. Queste biblioteche costituiscono un ventaglio molto ampio di risorse a cui attingere in base ai propri interessi specifici. Biblioteche private. Si possono includere in questa categoria non solo le biblioteche personali, ovviamente inaccessibili agli estranei, ma anche quelle ecclesiastiche, aziendali, di associazioni professionali, di sindacati e partiti politici, di banche ed enti assicurativi e previdenziali, ricche di patrimoni bibliografici talvolta unici. Anche in questo caso, come per le due categorie immediatamente precedenti, è bene informarsi preventivamente sulle condizioni per l'accesso, comunque quasi sempre consentito per documentati motivi di studio. Biblioteche biomediche. Un raro e fortunato caso di «lobby» trasversale di biblioteche appartenenti a enti diversi (anche in base alla classificazione qui adottata) è quello delle biblioteche specializzate in medicina, farmacia e biologia. Biblioteche e centri di documentazione di ospedali, Asl, facoltà e dipartimenti universitari del settore, di aziende farmaceutiche, dell'Istituto superiore di sanità e di altri enti pubblici collaborano spesso a livello nazionale e internazionale, producendo cataloghi collettivi e facilitando il prestito interbibliotecario e la fornitura dei documenti. Biblioteche generali, specializzate e speciali. Un modo alternativo rispetto a quello fin qui adottato per distinguere le varie tipologie di biblioteche, basato essenzialmente sull'ente di appartenenza, è quello di dividerle in base agli argomenti trattati nelle rispettive collezioni di documenti. Avremo così biblioteche generali, ovvero multidisciplinari (ad esempio le nazionali e le pubbliche), e biblioteche specializzate in una determinata disciplina o argomento (ad esempio le biblioteche dei dipartimenti universitari o quelle degli enti di ricerca). Possono infine essere definite «speciali» le biblioteche che sviluppano appositi servizi per tipologie di utenti con caratteristiche particolari (per esempio quelle carcerarie o per non vedenti).
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