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Parte terza Oltre i cataloghi: testi e banche dati 9. Oltre i cataloghi: i testi [Introduzione]
Internet ha determinato una notevole trasformazione in quotidiani e periodici, un profondo cambiamento che anche le pubblicazioni più importanti sono state costrette ad affrontare. Dato che i confini tra carta e byte diventano sempre più indefiniti, a fianco delle pubblicazioni elettroniche derivate da giornali e periodici tradizionali e già esistenti su carta si trovano in Rete anche giornali e bollettini che hanno avuto ed hanno tuttora una loro esistenza indipendente, esclusivamente elettronica. Le ezine (electronic fanzine), le riviste amatoriali che in origine erano prodotte da appassionati di un determinato personaggio o argomento, e più in generale le pubblicazioni solo digitali, in effetti, hanno popolato la Rete molto prima della comparsa delle versioni elettroniche dei loro antenati di carta. Si tratta oggi di due fenomeni molto diversi: attente operazioni editoriali in un caso, iniziative più o meno spontanee o a scopi didattici e di ricerca nell'altro, in uno scenario molto dinamico, spesso caratterizzato da situazioni ibride che vedono, per esempio, delle pubblicazioni nascere in formato elettronico, diffuse gratuitamente, per cercare poi di trasformarsi in forma stampata e commercializzata, con edizioni sempre più curate e patinate. Gli strumenti utilizzati per realizzare un giornale in Rete possono essere diversi, e una stessa pubblicazione viene spesso distribuita contemporaneamente in più versioni. I primi e-journals (electronic journals) quasi tutti universitari e in molti casi studenteschi e amatoriali, venivano diffusi tramite delle liste di distribuzione, cioè con delle mailing list utilizzate «a senso unico», solo per spedire le informazioni agli iscritti e non come strumenti per la discussione, con una modalità di «push». Con una lista di distribuzione, infatti, chi si iscrive riceve automaticamente nella propria casella di posta elettronica i numeri della rivista, senza dover più eseguire alcuna attività di «pull», cioè di richiesta delle informazioni. Questo scenario ha dominato la Rete fino al 1993, prima dell'ingresso in Rete dei principali giornali e periodici tradizionali; quasi tutte le pubblicazioni elettroniche in Internet erano dunque piuttosto spartane, frutto di iniziative non profit o di gruppi e movimenti privi dei fondi necessari a pagare i costi di stampa e di distribuzione, e spinte anche dal fascino e dalle caratteristiche possedute da un mezzo di comunicazione completamente nuovo. Il nuovo medium, infatti, è caratterizzato da un lato dall'assenza di confini della Rete e quindi dall'imprevedibile varietà geografica e culturale del pubblico raggiungibile, e dall'altro dalla possibilità, giocando sulla specificità dell'argomento trattato dalla «lista-giornale», di selezionare in mezzo a tanta eterogeneità un sottoinsieme culturale o professionale di lettori molto specifico, composto per esempio solo dai soci dell'Associazione degli psicologi americani oppure soltanto dagli studiosi di crostacei. Questo tipo di bollettini gestiti tramite liste è ancora ampiamente diffuso e comprende newsletter molto interessanti e apprezzate, a volte ufficialmente registrate con un Issn (International standard serial number) e soggette a copyright; molte hanno inoltre un direttore, un comitato di redazione, regole e procedure per l'accettazione di contributi esterni e una periodicità ben rispettata, esattamente come una pubblicazione tradizionale. La differenza più vistosa risiede nel supporto utilizzato: elettroni (completamente riciclabili, come era specificato con orgoglio in calce a molte delle prime ezine), con byte che tuttavia sono organizzati in puro formato Ascii o al massimo in Html - che oggi si può utilizzare anche nelle e-mail - e non consentono l'uso di grafica e l'inserimento di immagini. Con la diffusione del Web e l'evoluzione commerciale della Rete, le possibilità di presentazione dell'informazione sono aumentate notevolmente: gli standard Html, la diffusione della multimedialità e il successo di altri formati e strumenti hanno favorito la nascita delle edizioni on line dei grandi quotidiani e delle riviste più note. È importante notare che il browsing su Web, al contrario dell'iscrizione ad una mailing list, segue un modello di tipo pull, cioè di richiesta esplicita da parte dell'utente per «tirare» con un clic ogni singola pagina. Le prime pubblicazioni commerciali, ed in particolare i grandi quotidiani, hanno inizialmente scelto di riprodurre su Web una semplice copia, non sempre integrale, dell'edizione stampata. Lo strumento più adatto a questo scopo è il formato Pdf, che consente di riprodurre perfettamente le pagine dei quotidiani, rispettandone fedelmente l'impaginazione originale. Un tempo molto diffuse, oggi le prime pagine dei quotidiani in formato Pdf sono quasi scomparse, abbandonate in favore dell'Html. Molti periodici, soprattutto le riviste mensili, hanno optato fin dall'inizio per le pagine Html, rinunciando all'esatta riproduzione editoriale in favore di una veste grafica più simile a quella degli altri Web e della possibilità di arricchire le pagine con informazioni multimediali, registrazioni, animazioni e filmati. Questa soluzione, oggi la più diffusa, ha di fatto indebolito il legame tra la versione cartacea e quella elettronica, portando a poco a poco alla formazione di giornali e riviste digitali che non sono più la copia fedele, completa o parziale, di quanto distribuito in edicola, ma pubblicazioni diverse, per esempio aggiornate con più frequenza, o contenenti un maggior numero di notizie brevi, oppure, come nel caso di «Repubblica On line» <http://www.repubblica.it> fino a qualche anno fa, rivolte addirittura ad un pubblico differente da quello «cartaceo», un po' più interessato agli argomenti legati alla Rete, all'informatica e alle telecomunicazioni. Il passo successivo nell'evoluzione delle pubblicazioni periodiche in Internet è arrivato con la diffusione degli strumenti di push, che tra il 1996 e il 1997 sono stati indicati dalla maggior parte degli esperti, forse con un po' di esagerazione, come la formula vincente per la distribuzione dell'informazione in Rete. Al contrario di quanto capita consultando un sito Web, tipicamente pull, i software di push spingono l'informazione verso l'utente, cioè la spediscono automaticamente a tutti gli utenti che si sono iscritti al servizio. Questo nuovo modello, la cui realizzazione più riuscita è stata quella di Pointcast, era molto più sofisticato e selettivo rispetto al vecchio push delle liste di distribuzione e soddisfaceva contemporaneamente due esigenze molto diverse tra loro. Per i content provider, cioè per chi fornisce le informazioni, il push rappresentava un sistema semplice e comodo per sapere, grazie al meccanismo di iscrizione, quanti sono i lettori e quali sono i loro gusti, consentendo quindi di mettere a punto in modo più credibile e più preciso l'offerta da presentare al mercato degli inserzionisti pubblicitari e dei finanziatori del servizio. Ai lettori, invece, i push come Pointcast offrivano la possibilità di selezionare sia le fonti di informazione da cui estrarre gli articoli, sia gli argomenti che si desiderava seguire. Il rallentamento della diffusione degli strumenti di push registrato all'inizio del 1998 rispetto alle previsioni di un anno prima è stato in parte causato dal fatto che molti content provider hanno realizzato dei servizi informativi quasi privi delle possibilità di selezione, rinunciando quindi a quello che forse era l'unico vero punto di forte interesse per i lettori: la possibilità di personalizzare le informazioni, l'elemento principale che differenzia questo schema da quello di lettura passiva delle pagine Web. Falliti e chiusi i progetti come Pointcast, il concetto di push continua a sopravvivere nelle mailing list di distribuzione, oggi più diffuse che mai per le news di ogni tipo. L'altra frontiera delle pubblicazioni elettroniche è rappresentata dall'interattività e dalla possibilità di instaurare con i lettori un dialogo molto più ricco di quello frustrante delle tradizionali rubriche di posta. Forum di discussione su argomenti di particolare interesse, l'organizzazione di appuntamenti ed eventi on line e la pubblicazione delle opinioni dei lettori in un contesto, quello elettronico, che è quasi privo di limiti di spazio: le possibilità di coinvolgere i propri lettori in Rete e di trasformarli almeno in parte in autori sono, se non infinite, condizionate solo dalla volontà e dalla disponibilità della redazione. Le diverse modalità con le quali oggi si può allestire un giornale o una rivista in Rete non sono del tutto antitetiche fra loro; spesso, la stessa pubblicazione viene infatti proposta via Web e via mailing list, ma, qualunque sia la tecnologia adottata, dal punto di vista strutturale nella stragrande maggioranza i periodici elettronici assomigliano ancora moltissimo a quelli cartacei, con la loro successione di fascicoli più o meno delle stesse dimensioni e cadenzati nel tempo con una periodicità che si sforza di essere più regolare possibile. Se ciò è inevitabile per quelli dotati di una versione cartacea parallela, nel caso di quelli «born digital» siamo di fronte a un tipico caso di «crampo culturale», ovvero di difficoltà e lentezza nell'abbandonare un paradigma culturale non più giustificato dalle mutate condizioni tecnologiche, proprio come accadde coi primi libri a stampa - gli incunaboli - che continuarono per vari decenni a ricalcare il modello del codice manoscritto prima di svincolarsene, sfruttando interamente le possibilità offerte dalla nuova tecnologia. In sostanza, perché il direttore di una rivista dovrebbe aspettare di aver accumulato (o, più spesso, affannarsi ad accumulare) un certo numero (sempre più o meno lo stesso) di articoli prima di renderli pubblici confezionando il nuovo fascicolo? Non sarebbe meglio pubblicare gli articoli man mano che sono disponibili, proprio in nome di quella stessa esigenza di tempestività che dettò, a suo tempo, la nascita dei primi giornali? In effetti c'è chi sta iniziando, timidamente, a sperimentare nuove strutturazioni, indebolendo o addirittura abolendo la scansione in fascicoli indipendenti e immodificabili e trasformando il classico periodico «a serialità discreta» in una sorta di più flessibile «contenitore di articoli ad aggiornamento integrato». Oppure, all'inverso, c'è chi mantiene per un periodo abbastanza ampio (spesso un anno) una notevole fluidità, aggiungendo e aggiornando i contributi liberamente, ma poi non sa rinunciare a cristallizzare il tutto, «chiudendo» l'annata, che a quel punto diventa come un tradizionale fascicolo di periodico. Molte trasformazioni in questo campo si stanno verificando anche con la diffusione del modello dei weblog o blog, gli strumenti di editoria personale utilizzati inizialmente per la redazione di diari on line e ora adottati da un numero sempre maggiore di pubblicazioni in Rete. I blog sono organizzati ad articoli che vengono inseriti dall'alto in una pagina Web, di solito con cadenza più o meno giornaliera, con un modello in cui si perde la struttura tradizionale del periodico a stampa. Elencare tutti i periodici cartacei i cui testi sono disponibili in Rete e tutte le pubblicazioni, ezine, e-journals e via dicendo che sono accessibili oggi in Internet è impossibile. Premesso che alcuni grandi archivi bibliografici e full text di articoli di quotidiani e periodici tradizionali verranno trattati nel capitolo successivo, si riportano qui solo alcuni repertori e punti di partenza utili per esplorare questo universo quasi infinito, dove si possono trovare, per esempio, i più importanti quotidiani e periodici italiani, autorevoli pubblicazioni accademiche, un bollettino sulla legislazione neozelandese riguardante i Maori e il notiziario di un gruppo di studenti universitari turchi. Uno dei repertori più interessanti è a lungo stato quello pubblicato dal 1991 al 2000 anche a stampa e poi fino al 2002 solo on line dalla Arl (Association of research libraries), la Directory of scholarly electronic journals and academic discussion lists curata da Dru W. Mogge e Diane Kovacs, con vari cambiamenti di titolo nel corso degli anni, a riflettere la progressiva rinuncia a coprire l'intero universo dei periodici elettronici per concentrarsi solo su quelli di ambito accademico. A partire dall'indirizzo <http://arl.cni.org/scomm/edir/index.html> è tuttora possibile interrogare gratuitamente le versioni pubblicate dal 1995 al 2000, che arrivano a citare un massimo di 3.915 periodici elettronici. Al 2001 è fermo anche il database Electronic journal miner <http://ejournal.coalliance.org>, comunque tuttora interrogabile gratuitamente. Sopravvive invece, anche se la consultazione risulta un po' dispersiva, la mailing list NewJour, coi relativi archivi disponibili a <http://gort.ucsd.edu/newjour>, nata per aggiornare il repertorio dell'Arl con la segnalazione puntuale di nuovi periodici elettronici. Oggi però ci si è ormai rassegnati all'idea dell'impossibilità di avere un unico repertorio onnicomprensivo ed aggiornato di tutte le multiformi pubblicazioni elettroniche a carattere periodico esistenti in Rete, e gli strumenti a cui ci si può rivolgere con maggiore profitto per cercare di tenere sotto controllo almeno quelle di maggiore interesse per la ricerca scientifica e l'aggiornamento professionale sono repertori generali di periodici sia analogici che digitali come l'Ulrich's international periodicals directory e The serials directory della Ebsco, già citati nel capitolo 1 e disponibili a pagamento sia a stampa che su Cd-Rom e on line. Attraverso tali repertori è stato stimato che a fine 2003 fosse possibile identificare e raggiungere circa 11 mila periodici accademici dotati di peer-review (ovvero di un comitato scientifico incaricato di valutare la validità scientifica degli articoli proposti per la pubblicazione) disponibili anche, o soltanto, in Internet. Assai utile a tale scopo anche la Directory of open access journals (Doaj), interrogabile liberamente all'indirizzo <http://www.doaj.org>, che descriveva, ad aprile 2005, oltre 1.500 e-journals accademici ad accesso gratuito dotati di peer-review. Sempre per i soli periodici accademici può ancora servire il Repertorio dei principali editori e aggregatori di periodici elettronici <http://www.math.unipd.it/~derobbio/publele.htm> curato da Antonella De Robbio, purtroppo fermo al 2001 ma con indirizzi abbastanza stabili; gli aggregatori sono intermediari presso cui è possibile sottoscrivere licenze d'uso per l'accesso alle risorse di più editori, talvolta attraverso interfacce semplificate e unificate. Per una prima introduzione agli e-journals di ambito accademico, inoltre, può essere utile consultare anche Electronic journals: a selected resource guide <http://www.harrassowitz.de/top_resources/ejresguide.html>, aggiornato e commentato, del libraio Harassowitz, e le directory generali di Internet ordinate in base alla disciplina citate nel precedente capitolo. Come interessante esempio di repertorio disciplinare si ricorda quello a copertura internazionale Peb (Periodici elettronici biomedici) <http://www.aib.it/aib/commiss/cnur/peb/peb.htm3>, con link diretti dalle descrizioni dei singoli e-journals alle loro localizzazioni (in formato analogico o digitale) nelle numerose biblioteche italiane incluse in Acnp. Dalla home page di Peb sono raggiungibili anche altri repertori di periodici elettronici dello stesso ambito disciplinare. In ambito generalista due buoni punti di partenza possono invece essere l'aggiornata pagina Serials in cyberspace: collections, resources and services <http://www.uvm.edu/~bmaclenn/index.html>, curata dal 1994 dalla bibliotecaria americana Birdie MacLennan, e il vasto repertorio Abyz: newspaper & news media guide <http://www.abyznewslinks.com>, orientato sulle fonti informative d'attualità e che include anche trasmissioni radiofoniche e televisive, nonché agenzie di stampa. Per i quotidiani e le riviste italiane si possono consultare la sezione dedicata di Arianna <http://arianna.libero.it/catalogoAutomatico/359_1.html> o il ricco repertorio Edicola sul sito del periodico «Internazionale» <http://www.internazionale.it>. A questo proposito, anche se non si tratta propriamente di periodici, vanno citati i servizi forniti dall'Ansa <http://www.ansa.it>, con notiziari nazionali in italiano e in inglese e bollettini sulle Regioni, sui beni culturali, sull'Europa. Alcune delle informazioni fornite dall'Ansa sono gratuite. Si ricorda infine che presso molte biblioteche universitarie sono disponibili gratuitamente per i soli utenti locali numerosi e-journals accademici ad accesso tariffato, spesso raggiungibili attraverso il Web della biblioteca stessa. Nello stesso modo si può spesso accedere ad importanti progetti di recupero retrospettivo in formato digitale delle vecchie annate di numerosi periodici cartacei di ambito scientifico ed accademico, come Pci e Jstor. Il Periodical contents index (Pci) <http://pci.chadwyck.com>, dell'editore Chadwyck-Healey <http://www.umi.com/chadwyck>, è disponibile sia nella versione con i soli riferimenti bibliografici sia full text. La parte bibliografica a gennaio 2005 comprendeva 4.553 testate (fra cui 231 italiane, di scienze umane e sociali «spogliate» dal primo numero pubblicato dopo il 1770 fino al 1995), per un totale di circa 14,7 milioni di record che diverranno 20 milioni da 5.000 testate a progetto completato. Il full text contava invece solo su 319 testate, fra cui 7 italiane, per un totale di circa 6,5 milioni di pagine in formato immagine, anch'esse in rapido aumento. La sola versione bibliografica di Pci è disponibile anche su Cd-Rom. Jstor (Journal storage) <http://www.jstor.org>, promosso da un consorzio di biblioteche e università e anch'esso in rapida espansione, riproduce integralmente in formato immagine già numerose annate retrospettive di oltre 600 importanti periodici accademici, a partire in alcuni casi dal XVII secolo e fino a pochi anni indietro (in genere dai 3 ai 5) rispetto a quella corrente. Per circa 130 testate è già previsto un link a descrizione bibliografica presente in Pci e il full text fornito da Jstor. In ambito italiano, fra i numerosi e purtroppo spesso dispersivi progetti, si segnala che la Biblioteca nazionale braidense ha allestito un'emeroteca digitale <http://emeroteca.braidense.it>, che contiene già un milione e mezzo di pagine provenienti da 261 testate italiane di interesse storico e culturale dell'Ottocento e del Novecento. L'emeroteca fa parte di una Biblioteca digitale, già segnalata. A proposito dei sempre più costosi e-journals accademici, vale la pena segnalare la lodevole iniziativa Hinari (Health internetwork access to research initiative) <http://www.healthinternetwork.org>, che sotto l'egida delle Nazioni Unite e grazie ad accordi con vari editori permette dal luglio 2001 la consultazione gratuita di oltre 2.000 periodici elettronici biomedici e di connesse scienze sociali alle biblioteche di istituzioni pubbliche dei paesi in via di sviluppo. Il requisito per la consultazione è un prodotto nazionale lordo pro capite inferiore a 1.000 dollari; mentre per i paesi con tale valore compreso fra i 1.000 e i 3.000 dollari esiste la possibilità di ottenere forti sconti. Di pubblicazioni accademiche, infine, si occupano anche il nuovo archivio Google Scholar <http://scholar.google.com> e i cosiddetti «open archives», ai quali sono dedicati due paragrafi nel capitolo 10.
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